Gabriele Sandri: un anno dopo

Un anno fa una pallottola attraversava due carreggiate d’autostrada e uccideva Gabriele Sandri. Un anno fa, la mattina di domenica 11 novembre 2007, l’agente Luigi Spaccarotella sparava uccidendo un tifoso della Lazio che andava a Milano per la partita con l’Inter. Area di servizio di Badia al Pino, vicino Arezzo. Cronaca nera e pallone, ennesimo aggiornamento del binomio. 365 giorni dopo c’è la nebbia, in autostrada. E dentro, invisibile, la verità. La pistola puntata per colpire l’auto in fuga dopo una rissa in autogrill con gli juventini, come dicono i testimoni, oppure uno sparo inciampando, con il proiettile deviato fatalmente verso la giovane vita di «Gabbo», la tesi della difesa. Due ipotesi, la rabbia, le implicazioni del tifo violento, le immancabili polemiche. È ancora tutto fermo, dopo la prima udienza preliminare dichiarata nulla e il dibattimento in stand-by fino al 16 gennaio 2009. E domani, un anno dopo, è il giorno del ricordo: I FATTI È l’11 novembre 2007, c’è Inter-Lazio. Gabriele Sandri e altri quattro amici, tutti tifosi biancocelesti, sono in viaggio in macchina verso lo stadio Meazza. Si fermano per un caffè nell’area di servizio di Badia al Pino, vicino Arezzo. Incrociano un gruppo di tifosi juventini, che stanno andando a Parma. La pausa caffè si trasforma in rissa. Nell’area di servizio sulla carreggiata opposta c’è una pattuglia della Polstrada. L’agente Spaccarotella viene messo sul chi vive dal parapiglia. È lontano. Dicono duecento metri, cento, in linea d’aria. Sente urla e grida. Vede un fuggi fuggi e un’auto che velocemente – o così gli pare – si allontana dall’area di servizio. Pensa a una rapina al benzinaio. Aziona la sirena. L’auto non si ferma. Spara. Uccide. Gabriele Sandri, che per gli amici ancora dormiva sul sedile posteriore dell’auto. La notizia si diffonde in fretta. Il Viminale non ferma il campionato, tranne Inter-Lazio e Roma Cagliari. Il racconto, rilanciato semplificato («Polizia uccide tifoso») e amplificato dalle dirette televisive, dalle radio degli ultras, dai blog delle tifoserie, accende la fiamma in quella polveriera che sono i rapporti tra le forze dell’ordine e l’area più violenta degli stadi. Una morte «per il calcio» viene declinata come morte «di calcio». E diventa una «chiamata» per l’orgoglio tribale degli Ultras. A Bergamo i tifosi dell’Atalanta scatenano la guerriglia in curva facendo interrompere Atalanta-Milan. A Parma invece si gioca e non avvengono incidenti. Tutto si concentra sulla capitale: aggressione alle istituzioni. Una serata di scontri e di guerriglia urbana, con caserme assaltate, agenti asserragliati, macchine date alle fiamme, la sede del Coni devastata. Alla fine si conteranno almeno 15 tra poliziotti e carabinieri feriti, 6 tra i vigili urbani, e anche 3 arrestati tra gli assalitori della caserma di via Reni e della sede Coni. LE TESTIMONIANZE «Ho sentito un tonfo, qualcuno ha pensato a una sassata, poi ci siamo girati quando abbiamo sentito Gabriele che ansimava, rantolava, perdeva sangue». Il primo testimone è Federico, uno degli amici in macchina con Gabriele Sandri. Lui racconta la versione nell’immediato, ancora scosso. «Ci siamo fermati, c’era panico. Siamo ripartiti di corsa, per cercare aiuto. Al casello abbiamo trovato la polizia». Nell’area di servizio in pochi si erano accorti che c’era stata una rissa. Non il personale del bar davanti al quale si sono insultati e affrontati i 10 tifosi laziali e juventini. «Non ci siamo resi conto di nulla. Abbiamo capito cosa era successo quando sono venuti a chiederci le cassette registrate dalle telecamere puntate sul piazzale. I muri sono insonorizzati», dice Francesca, dipendente del bar, entrata al lavoro pochi minuti prima. Il benzinaio invece ha visto. «Ho notato questi ragazzi che salivano con gli ombrelli su verso l’autogrill» racconta Federico Ghiezzi, che lavora al distributore di servizio. La sua testimonianza è acquisita dalla Polstrada. Da lontano il benzinaio ha visto qualcosa del tafferuglio, ma soprattutto ha sentito la sirena che ha diviso i due gruppi, suonata dalla Polstrada presente nell’area di servizio sull’altro lato dell’autostrada. «Poi ho sentito anche un tonfo, ma se fosse un colpo di pistola non lo so dire». L’agente Spaccarotella, durante gli interrogatori, ripete di aver sparato per sbaglio, mentre correva. Ma i testimoni chiave per l’indagine sono quattro e danno tutti, più o meno, la stessa lettura dell’accaduto: ovvero di averlo visto prendere la mira e sparare a braccia tese verso l’auto sulla quale viaggiava Gabriele Sandri. Tra queste testimonianze, oltre alla deposizione nota fin dal primo momento di un agente di commercio romano, anche quella di una cittadina giapponese che, come altri, in quelle ore dell’11 novembre si trova a sostare nell’area di servizio di Badia al Pino. I quattro dicono altro: sostengono di averlo visto puntare e sparare verso la vettura, alcuni di loro affermano di averlo notato a braccia tese. LE PERIZIE Un proiettile esploso, un ragazzo morto. E due possibili ipotesi, per disegnare l’omicidio Sandri sulla traiettoria di quel proiettile. Una guerra a colpi di perizie. Per i legali della famiglia Sandri il proiettile che ha ucciso Gabriele non è stato deviato, l’agente ha sparato per colpire l’auto dove si trovava «Gabbo». Chiedono che si proceda per omicidio volontario. Alle certezze della famiglia della vittima si contrappongono quelle, diametralmente opposte, dell’avvocato Giampiero Renzo, che difende Spaccarotella, il poliziotto della stradale che ha fatto fuoco: la perizia evidenzia che sull’ogiva c’è un elemento estraneo non riconducibile al vetro della macchina nè alla catenina del ragazzo. E questo confermerebbe che il proiettile ha urtato un oggetto che potrebbe averne deviato la traiettoria in modo determinante. Il poliziotto ha sempre sostenuto di non aver fatto fuoco verso la macchina del tifosi laziali e, se dovesse emergere che il proiettile ha urtato contro un ostacolo, questa versione sarebbe, in qualche modo, confermata. Gli esiti degli esami, affidati dalla procura aretina al professor Domenico Compagnini, sono racchiusi in cinque tomi, contenenti dettagli dei reperti recuperati, studi sulla traiettoria e studi di natura chimica sul proiettile. L’ ipotesi di una deviazione sarebbe emersa anche da una perizia svolta dal Cnr e depositata a metà gennaio. L’esame avrebbe riscontrato la presenza sull’ogiva di tracce di zinco e alluminio, metalli presenti sul rivestimento della rete che venne attraversata dallo sparo esploso dalla carreggiata opposta a quella sulla quale si trovava l’auto con a bordo Sandri.

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5 commenti su “Gabriele Sandri: un anno dopo”

  1. LA VITTIMA IL CARNEFICE E 365 SCIACALLI

    “LA VITTIMA”

    E’ gia passato un anno …..ma nessuno si ‘e dimenticato di te ….
    e dire che per molto tempo ..forse troppo ..il tuo omicidio e’ stato avvolto dal silenzio…..
    un silenzio omertoso se paragonato al vojerismo isterico ke invece a circondato altre vicende minuziosamente sezionate con plastici e ricostruzioni con speciali ed edizioni straordinarie…con anticipazioni e scoop…..eppure anke le altre vittime erano giovani e belli innocenti e ambisziosi come te………ma niente …silenzio e un evidente fastidio nell’affrontare la tua vicenda
    Come vedi niente di nuovo quaggiù caro Gabbo .e’ sempre il bel paese …ke passa dall’indignazione nazionale …all’oscurantismo istituzionale….
    anzi una cosa e’ cambiata ….la tua Lazio che vola e la mia Roma che stenta ..e domenica c’è il derby ….il nostro derby e vedrai ke sara’ bello come sempre …..perke tu ci sarai…….sarai lì dove battono i cuori dove vittoria e sconfitta regalano sorrisi e pianti….dove tutti ..ma proprio tutti non ti hanno dimenticato e non ti dimentikeranno mai……..perkè tu sei una MERAVIGLIOSA CREATURA

    “IL CARNEFICE”

    Quando si indossa una divisa le responsabilita’ sono maggiori..perke un errore individuale si ripercuote su tutti quelli ke quella divisa indossano…..e nell’omicidio SANDRI è facile vedere le colpe il difficile individuare le responsabilita’.
    L’assassino senza volto e senza voce è il risultato di una serie di incongruenti depistagli e falsita’….di silenzi e trasferimenti …..ke fanno di un assassino un caproespiatorio di colpe non piu’ sue ma di uno stato ke lo oscura e l’imbavaglia .
    Ki per professione mette in gioco la propria vita per difendere quella altrui deve essere pronto all’estremo sacrificio sempre…anke quando ci si deve scontrare con la propria conoscenza….perkè ammettere un errore è nobile ….giustificarlo è diabolico non solo nei confronti della vittima e dei suoi familiari …ma soprattutto nei confronti di ki per quella divisa è morto.
    Difendere il proprio stipendio a discapito della propria anima è poco professionale meschino e non giusto….purtroppo vergognosamente attuale in un paese e dove si è vittima della violenza nel calcio anke se si muore in autogrill.

    “GLI SCIACALLI”

    8760 minuti….365 giorni..e ancora niente
    C’è la vittima…….c’e’ l’assassino…..c’e’ l’arma del delitto….ci sono i testimoni solo una cosa non c’è …GIUSTIZIA PER GABRIELE SANDRI
    Un’immobilità desolante per molti ma non per tutti…………una sensazione di impotenza devastante che logora l’anima di ki ti a perduto .
    Eppure nessun imbarazzo….nessun rimorso…..i giorni passano come famelici sciacalli su una carcassa di carogna….silenziosi e macabri.

    Ciao Gabbo….se bekkamo domenica al derby….io ci saro’ e ci sarai anke …….tu

    divisi da una fede Ma uniti per gridare ”GIUSTIZIA PER GABRIELE SANDRI”
    BY CALIGOLA

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  2. [quote comment=”36976″]Quando qualcuno muore è sempre un dispiacere, indipendentemente dai colori di squadra… non c’è cosa più importante della vita![/quote]
    E aggiungo che per onorare la memoria dei molti defunti legati al calcio non c’è niente di meglio che vivere le partite con lo spirito puramente sportivo: il calcio è uno sport meraviglioso ma il protagonista è LO SPETTACOLO e non LA VIOLENZA….! :17:

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