Corsport in edicola oggi propone una bella analisi su come Luis Enrique ha dovuto modificare la Roma prima di riuscire a far girare correttamente tutti i giusti meccanismi.
Meno possesso palla.
Ci è voluto meno di un mese per capire che il gioco del Barcellona lo possono fare solo i giocatori del Barcellona. Replicare quel tipo di gioco rende solo stucchevole tutta la manovra, il tecnico spagnolo correggendo di volta in volta ha dato più libertà ai giocatori di sfruttare le proprie caratteristiche.
Paradossalmente la migliore prestazione è arrivata proprio contro l’Atalanta che, pur di poco, ha avuto un possesso palla maggiore dei giallorossi ed il cambio di filosofia è arrivato dopo la pessima partita contro il Siena (addirittura il 68% di possesso palla).
L’acceso confronto con la squadra ha portato a chiarire diversi punti, tra i quali la difficoltà dei giocatori di riproporre scolasticamente il gioco di Luis Enrique e la rimozione della “palla lunga”. Si è trovato una via di mezzo che sembra l’ideale, possesso palla e improvvise verticalizzazioni. Il primo a beneficiarne è stato Bojan, al suo primo gol in maglia giallorossa. Ma come dice LE: «L’importante è non verticalizzare per forza», perchè altrimenti il gioco non esiste praticamente più. La rete di Simplicio per il 3-1 è proprio la sublimazione del lavoro tattico spagnolo fatto ditriangolazioni, densità in mezzo al campo, palla che corre sempre e uomo solo davanti al portiere. Il tutto per vie centrali.
Il tridente con il trequartista. Esce Totti entra Pizarro.
Lo aveva detto: «La mia Roma giocherà sempre con tre attaccanti» e lo ha smentito nel secondo tempo contro l’Atalanta quando sul 2-1 Totti è dovuto uscire per un problema muscolare, ha fatto entrare Pizarro avanzando Pjanic sulla trequarti. Ottimo cambio che ha subito impedito all’Atalanta di guadagnare metri e alla Roma di trovare il terzo gol. Luis Enriquie spiega: «Potrebbe ricapitare anche se io preferisco avere sempre in squadra il numero più alto possibile di giocatori di qualità. Totti e Pjanic possono alternarsi ma anche giocare bene insieme»
Più liberta di avanzare per De Rossi
Le parole di De Rossi spiegano tutto o quasi: «A Parma ero stato troppo remissivo, Luis mi ha chiesto di avanzare e costruire di più».
Daniele non si è fatto pregare due volte e ha partecipato con maggiore insistenza alla fase offensiva della squadra, passando da terzo difensore centrale a regista davanti alla difesa (in stile sudamericano) con libertà di avanzare. Con l’Atalanta il baricentro medio del giocatore era più avanzato di quello di Angel. Una posizione che h permesso il lancio che ha portato al gol Bojan.
Pressing alto e tutti difendono
Difendersi non vuol dire non attaccare. Niente di contradittorio se in qualche frangente delle partite ci siano 10 giocatori dietro la linea del pallone. L.E. non vuole che durante il pressing la squadra si divida in due tronconi e quindi pretende che se non si riesce a riconquistare il pallone nella metà campo avversaria i giocatori restino compatti, se necessario tutti dietro alla linea del pallone.
Osvaldo più centrale
Per caratteristiche morfologiche Osvaldo a sinistra diventa facile da neutralizzare. Luis Enrique ha chiesto al giocatore di restare il più possibile centrale nello schema di gioco a costo di abbassarsi di qualche metro. Risultato: la sua migliore partita, non solo per il gol bello ed un po casuale ma sopratutto per l’apporto che è riuscito dare a tutta la squadra, ritornando spesso e volentieri a dare una mano a centrocampo.
Le verticalizzazioni per Bojan
Contro l’Atalanta il vero punto di riferimento avanzato è stato Bojan con Totti e Osvaldo a supporto. In pratica in alcune fasi di gioco il modulo d 4-3-1-2 si trasforma in 4-3-2-1 con Osvaldo impegnato nella costruzione di gioco. Solo Bojan, mantenendo sempre una posizione avanzata, provava a sorprendere alle spalle i difensori. Il gol nasce proprio da una di queste occasioni, Totti e Osvaldo attirano l’attenzione della difesa e propongono il passaggio corto a De Rossi per cercare di lanciare Bojan in profondità. Il resto lo fa la classe dello spagnolo che controlla il pallone, lo difende e lo piazza alle spalle del portiere. La verticalizzazione improvvisa diventa cosi un’arma letale a disposizione della Roma.