Primi di giovedì, il giorno delle partitelle in famiglia. Primi con l’Inter, almeno fino a sabato. A ridere di quando 20 giorni fa la Juventus era marcia, brutta, sfiancata dagli infortuni. Perdente. Una vita fa. Di giovedì la Juve batte il Genoa 4-1, quello bellissimo e irresistibile del Principe Milito. Tre colpi secchi, di Grygera, Amauri e Iaquinta, più un rigore di Milito e un autogol Papastathopoulos a tempo scaduto. Lasciando tutta la fatica alla squadra di Gasperini. Come Bud Spencer quando teneva per la fronte il nanerottolo a smulinare cazzotti nel nulla: gli dava un paio di sganassoni e via. Al tappeto. Così lo spettacolo resta tutto concentrato nei vani tentativi del Genoa di attorcigliare la resistenza bianconera nella sua giostra del gol. Macchè. Di pericoli ne corre tanti la Juve, ma alla fine parla il punteggio. Gol del Genoa: uno, su rigore. Così la Juve può farsi i suoi conti, e tenersi l’effetto che fanno 7 vittorie di fila, con in mezzo due imprese col Real Madrid. E guardarsi il primo posto in attesa delle altre. Con pò di sopresa, per il giorno deputato – il giovedì per lasciare il Comunale ai giganti del rugby sabato sera – e gli uomini: di Amauri si sa e anche di Iaquinta, ma Grygera… Beh, lui ha segnato solo due gol in serie A: tutti e due al Genoa. Stavolta ci mette sei minuti a fare carta straccia dei piani di Gasperini. Il tempo che riconosca le maglie avversarie e si ricordi che sì, pure lui ha l’abilitazione al tiro in porta. Ce lo manda, tutto spostato sulla destra, un tocco di Del Piero: la posizione è laterale, ma la soluzione di punta toglie il tempo a Rubinho. Uno a zero. Il Genoa è nato per attaccare, quindi fatalmente è così che deve andare la sua partita. Ma la serata è storta e il segnale è che quel mostro d’attaccante di Milito dopo essersi bevuto nell’ordine Legrottaglie di forza e Chiellini con una finta, quando va a battere Manninger in controtempo manca la porta per un paio di centimetri appena. E allora la Juve già che è lì a subire la furia, decide di colpire ancora. Un altra botta a freddo, più o meno. Al 26′ Amauri si lancia l’azione da solo, triangolo con cross di Grygera e gran stacco di testa dell’attaccante. Due a zero e il replay chiarirà per quanti secondi è capace di librarsi in aria Amauri. Amair… dovrebbero chiamarlo. Insomma, al Genoa gira la testa. Perchè il risultato, a vedere il gioco, dovrebbe essere invertito. Invece. Ci si mette pure il guardalinee, quando annulla per un fuorigioco fantasma un gol a Milito. Alla mezzora un cross di Gasbarroni deviato rimbalza sul palo, e il Principe non trova il pallone per un attimo. Finirebbe pure 3-0 il primo tempo, se Molinaro non si inceppasse davanti a Robinho e Criscito in recupero, dopo essere stato spedito in porta da Del Piero. Gasperini nella ripresa sceglie Sculli per Gasbarroni. Hai visto mai… Il problema è che Palladino non è Milito, quando l’argentino in persona gli serve l’assist giusto. Invece è lui, Amauri, di testa, ma la mira centrale incontra Rubinho. Sculli si presenta al 20′ con un diagonale sul primo palo. Troppo stretto: fuori. Il fatto è che la Juve, pur con Camoranesi in campo, impantana la partita nel ritmo che preferisce. E il Genoa perde spinta. Allora cerca di infilarsi nel tabellino pure Del Piero, ma Rubinho intuisce il piatto destro al 38′. Invece entra Iaquinta e un assist «no look» del capitano gli regala il 3-0 facile facile. Partita scoppiata. C’è pure il tempo per il 3-1 di Milito su rigore per fallo di mani di Legrottaglie, e di un pasticcio a tempo scaduto di Papastathopoulos, che se la butta dentro da solo: 4-1. Di giovedì, la Juve è prima. Poi, tra nove giorni ci sarà Inter-Juventus. A un mese dalla crisi. Una vita fa.