In questo clima di calciomercato post-natalizio, forse un po’ stordito dai troppi pandori e dalle troppe trattative vagando di sito in sito, di giornale in giornale mi sono imbattuto in un’intervista rilasciata da un certo Mauro Matias “Maurito” Zarate.
Tanti i complimenti, tante le domande, tra le quali anche la possibilità di giocare con la nazionale italiana e sulla sua incredulità davanti alla classifica laziale. Ad un certo punto la domanda fatidica, chissà perché si passa a parlare di Francesco Totti, del Nostro Francesco Totti, patrimonio mondiale e romanista del calcio.
“Totti parla molto, si dimentica che è già finito, sarà da dieci derby che non segna un gol. Mi sembra strano che mi attacchi sempre. Io non gli rispondo e faccio quello che devo fare che è giocare e segnare“.
A stento ho trattenuto le risate, ho letto e riletto l’intervista cinque volte. Simpatico Zarate, uomo con uno spiccato senso dell’umorismo, complimenti.
“Da dieci derby che non segna”, ma intanto l’ultimo lo abbiamo festeggiato noi caro il mio Maurito, “mi sembra strano che mi attacchi sempre”, a me sembra strano che un piccolo calciatore alle prime esperienze si permetta di giudicare un Campione del Mondo, un Emblema di questo sport e di questa Città, che ricorda, Marito, è nostra. “Faccio quello che devo fare, giocare e segnare”, peccato che il giocatore finito abbia segnato da solo quanto la tua squadra che lotta per la salvezza, mio caro Marito.
Mi fermo qui, a voi l’ardua sentenza sulle parole di questo piccolo calciatore, chiaramente simbolo di una squadra altrettanto piccola. Sarà stata la serie B che incombe, il derby perso che brucia ancora, l’eliminazione dalla Europa League, o ancora meglio il sentirsi inferiori davanti alla Roma, davanti a Noi.
Questo è il ritratto della Lazio, di coloro che hanno portato, a detta loro, il calcio a Roma. Con queste righe io voglio ringraziare i laziali, perché nonostante tutto, trovano sempre la forza di farci ridere.
Lamberto Rinaldi