Vincenzo Montella, ex allenatore giallorosso ed attuale mister del Catania, è stato intervistato da La Repubblica per parlare del suo passato giallorosso e della sua avventura in Sicilia. Ecco le sue parole:
Da giocatore alla panchina, ha scelto un percorso tutto suo: in un anno diploma in ragioneria, corso di management sportivo alla Luiss, corsi di psicologia.
“E lo studio continua perché mi sono anche iscritto all’Università, Scienze motorie, ho dato otto esami”.
Perché non bastava il patentino di allenatore?
“Perché il calcio è cambiato e a un allenatore non è sufficiente conoscere solo schemi e tattica. Gestire uno spogliatoio è un lavoro più complesso. Parlare con decine di televisioni e radio fa parte del mio lavoro e io devo saper comunicare. Ma devo anche capire come gestire un calciatore che attraversa un momento particolare. E non posso non sapere che a fine mese i conti della mia società devono tornare. Mourinho è un esempio: ha il controllo totale della comunicazione e della gestione della squadra”.
Capello l’ha vista riprendere un suo attaccante che non rientrava e ha fatto una battuta: “Ora Montella capisce perché non lo facevo giocare: non tornava mai”.
“Se mi avesse anche detto dove andare, io sarei tornato a coprire. I miei attaccanti sanno perfettamente dove andare”.
Però per come gioca il suo Catania, lei Montella non lo avrebbe fatto giocare. Bergessio in area ci sta poco.
“Ma io non sono un integralista, non ho in testa un solo modulo di gioco. Mi adatto ai giocatori che ho. Se chiedessi a Bergessio di stare in area e aspettare i palloni, sarei da cacciare subito. Oggi un allenatore non fa le squadre, è chiamato a guidare quello che trova, i giocatori che presidenti e direttori sportivi hanno comprato. Forse solo Mourinho può permettersi di presentarsi con la lista della spesa ed essere accontentato”.
Nelle tabelle di questi giorni, tra le squadre in lotta per la Champions c’è il suo Catania.
“Il premio al nostro lavoro, perché tutti i punti sono stati meritati. Ma non è casuale. Abbiamo un centro sportivo tra i migliori a livello europeo e la disciplina e l’organizzazione da noi possono far invidia ai grandi club. E tutto questo nella squadra più a sud del campionato. C’è aria di rinnovamento nel nostro Paese. Perché a Catania non potrebbe cominciare dalla squadra di calcio?”.
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