Milano, 21 nov. – Guarda un pò chi c’è lì sopra. Le solite note, a margine del Milan. Inter e Juventus, come ai bei tempi, quelli non terremotati da Calciopoli. Di nuovo per lo scudetto, le fidanzate d’Italia, forse per questo si odiano un pò. La Beneamata e la Signora, prima e terza in appena tre punti e con il Milan nel panino. E con una storia antica di vecchi dispetti e rancori più o meno recenti. Non si sono mai amate davvero. Ma Calciopoli ha trasformato il derby d’Italia nella ‘madre di tutte le partitè, con i suoi duelli a distanza. Ibra e Del Piero a parlare coi fatti, Mourinho e Ranieri a parlare soprattutto. Sono loro, i tecnici, la nuova faccia della rivalità che riapre le vecchie ferite. A Torino sanguina ancora quella più profonda: due anni fa la revoca di due scudetti, di cui uno assegnato a tavolino proprio ai nerazzurri, la retrocessione in serie B e l’Inter a fare la morale. L’anno scorso, al ritrovarsi in A, i presidenti qualche stilettata al passato non se la risparmiarono. Poi quest’anno, ancor prima che il campionato cominciasse, Mourinho e Ranieri hanno cominciato a sfottersi a distanza. Comincia Ranieri, dopo la sconfitta con l’Amburgo in amichevole. ‘Io sono il contrario di Mourinho e non ho bisogno di vincere per essere sicuro di quello che facciò. Dura la replica del portoghese: ‘Ho bisogno di vincere per essere felice. Lui, per avere la sua mentalità, ha detto che non ha bisogno di vincere. Lui, forse avendo questa mentalità, proprio per questo a quasi 60 anni ha vinto una Supercoppa, una piccola coppa. Non ha mai vinto trofei importanti. Forse ha bisogno di cambiare la sua mentalità, ma forse è troppo vecchio per farlò. Un derby che sfuma pian piano. Ranieri: ‘Mourinho ci ha fatto vedere la sua vera personalità, il suo vero stile e cosa pensa dei suoi colleghi. Per lui sarà molto difficile prendere in mano una squadra che viene da due scudetti consecutivi e dover vincere tuttò. Mourinho: ‘Ranieri ha parlato una volta ed è stato felice, poi ha parlato una seconda volta ed è stato felice, dopo ha parlato una terza volta, ed è stato ancora più felice. Io ho parlato una volta sola e lui si è un pò arrabbiato. Se vogliamo finire qui per me va benissimo. Tre a uno per lui, ma il mio gol è stato bellissimo. Perdere tre a uno non piace a nessuno ma va bene così, accetto la sconfittà. Fine. Ora vincono tutti e due. E il derby d’Italia non vale solo per una partita. Dicono sia già per lo scudetto, un pò. E allora ecco il riepilogo dei veleni, per tenerlo e aggiornarlo alla prossima occasione. Si comincia 48 anni fa, stagione 1960/61. La pietra angolare della rivalità di oggi. La Juve è ancora quella di Boniperti e Sivori, l’Inter è da poco diventata quella di Helenio Herrera. Il 16 aprile 1961 si gioca a Torino, con la Juve prima e l’Inter staccata terza a 4 punti. L’attesa è enorme, come la folla che spinge per entrare allo stadio. I cancelli del Comunale non reggono, entrano 10.000 persone in più di quante ce ne starebbero, molti si sistemano a bordo campo, in due vanno addirittura a sedersi sulla panchina di Herrera. L’Inter chiede di non giocare, l’arbitro Gambarotta è di avviso contrario. Dura 31 minuti, poi la folla straripa e l’arbitro sospende. È 0-2 a tavolino, per la Juve si mette male col Milan a -1 e l’Inter a -2. Il 26 aprile la Lega ratifica il risultato ma la Juve non si arrende, il giovane avvocato Chiusano ricorre alla Caf che alla vigilia dell’ultima giornata ordina la ripetizione della gara. Ma la Caf è organo federale, di quella federazione presieduta da Umberto Agnelli che è anche presidente della Juve. L’Inter grida allo scandalo e nella ripetizione, che si gioca a campionato finito ed è ormai ininfluente per lo scudetto, Angelo Moratti manda in campo la squadra Primavera. Non c’è storia, la Juve vince 9-1 nell’ultima partita di Boniperti e la prima di Sandro Mazzola. Da lì nulla sarà più come prima. La rivalità resisterà negli anni, per tornare ad espoldere al primo torto, al primo dubbio. Fino ad arrivare a un’altra data famosa, il 26 aprile 1998. Si gioca ancora a Torino: la Juve è quella della Triade, prima con 66 punti, l’Inter è quella di Ronaldo, seconda con 65. Sull’1-0 Iuliano va a far muro contro Ronaldo in area, il Fenomeno rimbalza a terra ma Ceccarini non fischia. S’infuria pure un galantuomo come Gigi Simoni, che entra in campo mentre dall’altra parte Ceccarini dà rigore per fallo di West su Del Piero (lo parerà Pagliuca). Finisce 1-0, lo scudetto andrà alla Juve, all’Inter resterà solo nuova rabbia. ‘Gli arbitri hanno paura a far del male alla Juve e questa è una cosa che non gli si toglie dalla pelle. Il loro è un un complessò, dirà Moratti. E intanto il derby d’Italia si consegna a eterna polemica. Nel terzo millennio il fuoco non smette mai di bruciare. È un continuo botta e risposta: il 19 ottobre 2002 Vieri riagguanta la Juve in mischia, c’è un fallo di carica su Buffon che Collina non vede. ‘A San Siro è crollata la diga del Vajont’, dirà Moggi polemico. Nel tempo va sempre peggio, fino ad arrivare alla stagione 2005/06, quella che sfocerà in Calciopoli. È un crescendo. Il primo battibecco già a fine agosto, dopo la supercoppa vinta dai nerazzurri. Moggi sarcasticamente parla di un’Inter che lotterà per il secondo posto, replica stizzito Mancini: ‘Non devo rispondere a Moggi, ma è lui che dovrà rispondere a qualcun altro tra un po«. Poi si ricomincia in campionato. L’Inter ha appena battuto la Fiorentina 1-0, con un gol di Martins nato da un fuorigioco di Adriano. Giraudo ironizza sui presunti favori ricevuti dall’Inter. Risponde ironico Facchetti: ‘Io ho un foglietto in cui sono elencati tutti i torti subiti da noi. Mentre per elencare i favori ricevuti dalla Juve ci vorrebbe un librò. In campo, il 2 ottobre, nello scontro diretto vince la Juve 2-0: Trezeguet, Nedved. Secondo round di polemiche a fine novembre. L’Inter vince a Messina ma scoppia il caso Zoro dopo gli insulti e i ‘buuù razzistici del settore interista del ‘San Filippò all’ivoriano. Partita sospesa, poi ripresa, parapiglia e lieto fine. Moggi fa ‘invasione di campò dialettica: ‘L’Inter rischia una squalificà. Da Parigi risponde Facchetti: ‘Non sapevo che adesso Moggi facesse anche il giudice sportivò. Non finisce. Giraudo riattacca il filo dove era rimasto sospeso: ‘C’è chi parla tanto di moralità e poi spende tanti miliardi senza riuscire a vincerè. Apriti cielo. Tocca sempre a Facchetti: ‘Giraudo evidentemente sa bene cos’è l’immoralita». Esce allo scoperto anche Tronchetti Provera: ‘Uno dei motivi per i quali l’Inter non vince è che non si piega a giochi di poterè. E Mancini ci mette il carico da undici: ‘Per me Facchetti è stato sin troppo signore nel rispondere così a Giraudo. Io avrei risposto in ben altro modò. Da tecnico a tecnico, chiude Capello: ‘Quello che ho sentito è gravemente offensivo per questa società« La settimana dello scontro diretto è tanto per cambiare avvelenata: dopo il contestato arbitraggio di Juventus-Udinese con il gol di Del Piero in fuorigioco convalidato da Dattilo è Facchetti ad avanzare sospetti: ‘La Juve ha mille risorsè, mentre Mancini sceglie il profilo ironico: ‘Non ho visto nulla di irregolarè. S’infuria Moggi: ‘Se Facchetti si riferisce alle nostre risorse tecniche va bene, altrimenti mi sono stufato. È il primo episodio a nostro favore, andatevi a rivedere invece gli arbitraggi per l’Inter’. Rispuntano i dossier: Facchetti dice di averne uno pronto con tutti i favoritismi pro-Juve (salvo poi fare marcia indietro e parlare di foglietto dato da amici dell’Inter), Moggi continua a fare l’elenco delle partite in cui l’Inter sarebbe stata aiutata. Si arriva al giorno della supersfida e a fine gara succede di tutto. Dopo la partita Mancini si scaglia contro Nedved (‘è un simulatore, fa sempre cosi») e Paparesta (per le offese all’arbitro il tecnico nerazzurro sarà squalificato), i giocatori dell’Inter si accodano alle accuse dell’allenatore e parlano di fallo inesistente di Cordoba su Nedved nell’occasione della punizione decisiva di Del Piero. Figo invece va via rilasciando solo una battuta velenosa: ‘Non parlo, adesso arriva Moggi e spiega tuttò. Replica Moggi: ‘Fa bene a stare zitto, lui che firma contratti in collezionè. A San Valentino nuovo atto, con Figo che avanza sospetti sempre più velenosi su Moggi: ‘Ci deve spiegare cosa faceva nello spogliatoio dell’arbitro prima della partita. Quando una squadra ti batte con merito non puoi far altro che congratularti, quando vince perchè è aiutata da fattori esterni è normale arrabbiarsì. E ancora: ‘Non so perchè Moggi possa assumere simili atteggiamenti da padrone del calcio, e di sicuro nella mia carriera non ho mai incontrato una figura come la sua in altri paesì. La Juve lo denuncia alla Figc, si attiva l’Ufficio indagini. Arriva la replica dell’Inter che parla di ‘prova d’arroganza sicuramente fuori luogò e fa sapere che ‘si farà carico di difendere l’onorabilità del proprio calciatore in tutte le sedi competenti e, ove occorra, a chiedere la punizione di chi ne abbia messo in discussione l’onestà, attentando alla sua libertà d’opinione e d’espressionè. La battaglia diventa guerra a maggio, quando scoppia Calciopoli. Alle prime intercettazioni Mancini va giù durissimo: ‘Credo che ci sia da piangere per quello che è successo, bisogna solo vergognarsi e basta. Questi sono fatti gravissimi: diventa inutile arrabbiarsi, soffrire e preparare le partite e poi scoprire che una cosa è già stabilità. Per la Juve della Triade è l’inizio della fine: la squadra va in serie B, Moggi, Giraudo e Bettega spariscono. Per l’Inter sono i giorni della rivincita. Moratti si prende tutto: il passato, uno scudetto, Ibrahimovic e Vieira. E mentre la Juve espia le sue colpe in B l’Inter vince lo scudetto dei record ma pure uno scudetto dimezzato secondo il popolo bianconero. Senza la Signora non vale, questo il senso. L’anno scorso si ritrovano. All’andata finisce 1-1, senza vendente nè rivincite. Al ritorno però vince la Juve a San Siro, 2-1, prendendosi anche lo sfizio di riaprire virtualmente il campionato alla Roma. L’ultimo sgarbo, in campo e senza troppe chiacchiere. Almeno fino a sabato. (Dire)