ROMA – Capita anche alle star: la prima volta di Will Smith con Rosario Dawson è stata un fiasco. La colpa? Dell’emozione, come sempre: «Will era agitatissimo, l’unica scena di sesso in un film l’aveva fatta con sua moglie in Alì. Era nervoso, terrorizzato dall’idea di accarezzarmi le gambe», ha detto ieri la Dawson presentando a Roma Sette anime, secondo film americano di Gabriele Muccino, «poi dopo una lunga chiacchierata abbiamo girato la scena. E’ venuta molto spontanea, anche se Gabriele ha dovuto dare lo stop temendo che a Will venisse un infarto». Il fatto è che la chimica tra la Dawson e Smith, già insieme in Men in Black e rispettivamente l’attrice più sexy e l’attore più ricco di Hollywood, sullo schermo è talmente forte che rasenta l’imbarazzo: «Avevo paura di toccarla veramente, di mancarle di rispetto», ha detto Smith, «io non sono mica Tom Cruise». Una citazione d’obbligo, quella di Cruise, grandissimo amico di Smith e presente sul set di Muccino in qualità di papà del piccolo Connor, baby attore del film: «So che Will ha chiesto consiglio a Cruise su come girare la scena di sesso con me», ha detto la Dawson, «ma non credo che gli sia stato molto d’aiuto. Quello che per Smith è un evento per lui è normale».
Ferocemente stroncato in America («Ho scoperto che anche là le cose funzionano come in Italia», ha detto Muccino, «più hai successo e più cercano di smontarti»), per la Dawson Sette anime è semplicemente «una grande storia d’amore. Con quel tocco in più di romanticismo all’italiana che manca nei film americani e che in sala fa piangere anche gli uomini. Merito di Muccino, il regista più sensibile e severo con cui ho lavorato, più rigoroso anche di Oliver Stone». Per Smith, che nonostante le critiche non esclude una terza collaborazione con il regista italiano, «è difficile capire le reazioni del piccolo gruppuscolo dei critici. A me interessa l’opinione del pubblico: Sette anime ha incassato 60 milioni di dollari in due settimane, a me pare un risultato incoraggiante».