Dal Coriere della Sera: Piaccia o non piaccia — c’è ancora una buona fetta di curva Sud che la contesta e molti sono convinti che, con qualche investimento in estate, la Roma sarebbe primissima— è indubbio che la grande rincorsa dei giallorossi in campionato sia anche una vittoria personale di Rosella Sensi. C’era lei in mezzo alla bufera dopo due giornate, quando Luciano Spalletti diede le dimissioni. Era la fine burrascosa di un rapporto perfetto per tre stagioni, deteriorato alla quarta, disastroso in quel pezzetto di quinta. Fu un errore, sicuramente, non prendere la decisione di dividere la strada a giugno, quando c’erano già tutti i segnali della tempesta all’orizzonte. Da quell’errore, però, paradossalmente, è nata la nuova Roma. La scelta di prendere Claudio Ranieri è stata presa da tutto il gruppo di lavoro societario— Daniele Pradè, Bruno Conti, la responsabile finanziaria Cristina Mazzoleni —, ma, naturalmente, la parola definitiva è stata quella della presidentessa.
A scegliere Spalletti fu suo padre, Franco, all’epoca già malato. Ranieri è stata la prima scelta di Rosella: 22 partite consecutive senza sconfitte in campionato sono già un giudizio. Se verrà qualcosa in più, tanto meglio. Rosella Sensi è convinta che quando Michel Platini parla di fair play economico applicato al calcio abbia la Roma come uno dei punti di riferimento: autofinanziamento, attenzione al settore giovanile, margini di crescita nel futuro. L’Istituto internazionale di storia e statistica del calcio, prendendo in considerazione i rendimenti dei club mondiali (partite ufficiali disputate, valutate con coefficiente di difficoltà che varia a seconda delle nazioni) dal 1 aprile 2009 al 31 marzo 2010, ha messo la Roma la nono posto, prima delle italiane, davanti anche all’Inter (undicesima). Al primo posto, naturalmente, il Barcellona. C’è anche una faccia meno luccicante della medaglia (la contesa tra ItalPetroli e Unicredit è tutt’altro che chiusa; la concorrenza calcistica ha più soldi da spendere; il progetto stadio è ancora una pia illusione), ma la regola del calcio non può che valere anche per lei: parlano i risultati.
Restano intatte le scaramanzie: la parola scudetto mai pronunciata; le mani sugli occhi prima di un rigore a favore (vedi Vucinic contro l’Udinese); la scelta di canali del tutto particolari nella comunicazione. È cambiato, almeno in parte, lo scenario dentro il quale deve muoversi. A 39 anni ancora da compiere e in attesa di varcare la soglia della terza stagione da presidente (28 agosto 2010), un risultato è già stato ottenuto: la Roma ha riguadagnato appeal. Il difficile viene adesso, direbbe probabilmente lei. Ed è vero. Ma sarà bello provarci.