Totti, Vucinic, Menez: artisti del pallone al servizio della causa giallorosa; bocche da fuoco all’attacco di un Bari, stando ai numeri, quasi imperforabile. Fa strano che l’idea sia partita dal più timido, introverso, schivo e sornione fra i calciatori attualmente costituenti il collettivo capitolino. Fa altrettanto strano che il messaggio sia stato recepito ed immediatamente tradotto in atti dal più ermetico, involuto e conservatore fra gli allenatori attualmente occupanti le panchine di serie A. Onore al merito di entrambi. Onore al coraggio di Ranieri che, nel forzare il proprio credo calcistico, ha dato fiducia alla voglia di sacrificio del francese, disposto a fare il “lavoro sporco” pur di coronare il sogno di vedere finalmente una Roma – spettacolo. Onore all’onestà del nostro Jeremy, che ha mantenuto fede alla promessa ed ha offerto quel mix di quantità e qualità che lo rende, ad oggi, uno degli elementi più utili alla scalata verso l’Europa che conta. Onore agli altri attori del neonato “trio delle meraviglie”, capaci di captare immediatamente le trame di un nuovo sistema di gioco, interpretando mirabilmente il ruolo loro conferito. Onore a Vicinic, che ha elargito i primi brividi: due penetrazioni alla sua maniera, quanto basta per incettare un palo ed un penalty. Provvidenziali i suoi ripiegamenti difensivi, fino ai limiti dell’area di rigore romanista, a certificare la possibilità di considerarlo un “tutto fascia”, nel senso più moderno del termine. Fosse più cinico in zona goal, oltre ad assurgere a super campione, finirebbe col rappresentare per questa Roma ciò che fu Marco De Vecchio, per la Roma di Capello, la chiave di volta, la pietra filosofale di un 4-4-2, tipico nella disposizione in campo, ma avventuroso nei protagonisti. Onore al Capitano. Che dire… Stratosferico… Ranieri aveva preannunciato un utilizzo parziale del calciatore, sprovvisto di benzina sufficiente per reggere novanta minuti. Poco male. Ad un fenomeno di tali dimensioni ne bastano trenta per scrivere l’ennesimo capitolo di una storia fantastica ed infinita. Aggiunge verve alla sua classe cristallina, abbandonandosi spesso e volentieri ad un pressing solitario e caparbio sui difensori avversari ed uscendo a due minuti dalla fine, affaticato, ma non debilitato, giusto per raccogliere una meritatissima standing ovation. C’è una sinonimia perfetta fra Totti ed il calcio, a qualsiasi livello lo si consideri. C’è, soprattutto, una volontà condivisa di offrirsi pittori e guerrieri, nella costruzione di una Roma avvenente e concreta. Era questo il patto. Ora va ratificato.