Sono stato io a richiedere questa conferenza, per fare una piccola cronistoria del mio percorso e per esprimere i miei sentimenti. Vorrei parlare alla gente che segue la Roma e che mi sta vicino.
Il mio problema è nato una decina mesi fa, ho sentito fastidio al pube e non avendolo mai avuto prima ho pensato che fosse una cosa passeggera e ho giocato la partita con il Sassuolo con un dolore forte. Al termine di quel match mi sono dovuto fermare e abbiamo riscontrato un problema alla sinfisi pubica: in quel punto dovrebbe esserci della cartilagine, ma ormai non c’è più e le ossa circostanti sono anche usurate.
Abbiamo provato anche ad andare in America per fare un’operazione che purtroppo non ha dato grossi risultati. Poi abbiamo deciso di fare un intervento da entrambe le parti del pube, dove sono stati recisi alcuni nervi per provare a sentire meno dolore. Nemmeno quello, purtroppo, è andato a buon fine.
Questo problema purtroppo non mi permette di sostenere il minimo lavoro sul campo. Non riesco a calciare il pallone o a correre e l’infiammazione viene fuori in maniera importante. Dopo l’operazione c’è stato addirittura un peggioramento. Sono stato molto chiaro con i miei compagni e voglio esserlo anche con i tifosi. Purtroppo dovrò fare ancora dei mesi di terapia. Ora ho uno strumento con il quale dormire la notte che speriamo possa migliorare la situazione a livello di dolore grazie a dei campi elettromagnetici. Purtroppo dovrò fermarmi per diversi mesi e c’è la possibilità che questo dolore mi fermerà per sempre. Voglio dire a tutti, però, che ce la metterò tutta, mi sento ancora un giocatore e proverò a uscire da questa situazione. È frustrante andare sul campo, provare a correre e avere dolore senza riuscire a fare niente. Non so quante punture ed esercizi abbiamo fatto, ma per ora i risultati non per colpa dei dottori ma della mia situazione non sono andati a buon fine. Farò di tutto per tornare a giocare, perché questa è la professione che amo. Mi dispiace per i miei compagni, mi sento in colpa e mi piacerebbe poter gioire con loro, soffrire con loro. Sono fuori, ma sono sempre vicino a loro: questo lo sanno tutti. Ringrazio i dottori e la Società che non mi hanno mai fatto mancare niente: la Roma è una famiglia che mi sta supportando a 360 gradi, sotto tutti i punti di vista. Sto vivendo un periodo difficile a livello psicologico, alzarti la mattina con la speranza di riuscire a stare bene è frustrante. Purtroppo non ci sono tempi di recupero precisi per questo problema e questa è la cosa più difficile da accettare. Dentro di me c’è tantissima fede, credo tantissimo in quello che posso riuscire a fare. Ho una famiglia stupenda che mi sta accanto. Il messaggio ai tifosi è che non mollo e che ce la metterò tutta, ma purtroppo non si sa quando riuscirò a risolvere questo problema.
Nel mio cuore c’è stata molta speranza in questi mesi. Spero sempre che la terapia possa dare i migliori frutti per poter proseguire il sogno che coltivo da bambino: quello di giocare a calcio. Quando vengo a Trigoria provo sempre a dare tutto per la squadra: non sarò in campo, ma farò il massimo per tornare a giocare e questo mi fa sentire vivo e ancora parte di questo gruppo.
La cosa che mi manca di più è la quotidianità del campo, ancora più di giocare la domenica. Il non poter condividere il campo, gli scherzi, le partitelle, i ritiri. Ma i compagni mi aiutano e mi fanno sentire ancora parte di questo gruppo. È logico che non è facile, ma la cosa che mi tiene vivo è la speranza di poter rientrare con loro e di poter di nuovo vivere la gioia di una vittoria: da sudato, stanco per un allenamento o una partita. Come ho sempre fatto dall’inizio della mia carriera.
Riduzione dello stipendio? Io ho parlato con il presidente e la Società per me è libera di fare quello che vuole. Non è questo il nodo centrale della questione. Non voglio ridurlo a un problema di ingaggio. Loro hanno comunque carta bianca. Mi sono sempre stati accanto. Se posso dire una cosa è che il Club non ha mai voluto fare nulla, proprio perché quella giallorossa è una famiglia che non tratta solo con i calciatori, ma pesa le persone. Questa è la differenza che c’è con le altre società: la Roma, dal presidente all’allenatore, è una famiglia e per questo tanti giocatori vogliono venire qui. Una famiglia si vede quando sta vicino a un calciatore che non sta bene: questo è un valore aggiunto che riconosco a questa Società.
Qualsiasi percorso è stato intrapreso assieme allo staff medico, che voglio ringraziare: ha fatto il possibile e ancora lo sta facendo. Io voglio continuare a giocare e non voglio avere un rimpianto. Mollare senza averci provato non rientra nella mia mentalità. Ho sempre dato tutto e per questo sono orgoglioso della mia carriera. Io voglio arrivare a casa tutte le sere e aver dato il mille percento per provare a giocare.
Per un attimo mi è passato per la testa di smettere, se dicessi il contrario sarebbe una bugia. Sono una persona estremamente razionale e lucida anche nei momenti più difficili: quando ti si prospetta una situazione così difficile è normale pensare che non tornerai più in campo. Poi subentra la parte del calciatore, che prova a fare di tutto, senza mollare. E per questo farò di tutto.
Se mi sono pentito di qualche mia scelta? No, secondo me quello che è successo nasce negli anni, dalla mia conformazione e dal mio modo di correre: si è sempre detto che ho una brutta corsa. Questo mi ha anche portato a una usura precoce della zona interessata, che evidentemente non ha retto più i ritmi e gli stress. Gli interventi e le terapie, come ogni singolo lavoro, sono stati pensati in maniera razionale e specifica. Evidentemente ci sono delle cose che degenerano perché la natura deve fare il suo corso: purtroppo questa patologia è talmente profonda o forte che questi interventi non sono serviti a farmi stare bene.
Il mister? Non ci sono le parole per descrivere le qualità umane di questa persona. Mi è vicino, mi chiama prima e dopo le operazioni: sempre. Mi dispiace, perché contavamo tutti di poter star bene per settembre: purtroppo sul campo non potrò dargli il mio contributo, ma con me si è comportato e si continuerà a comportare in maniera incredibile. È una persona speciale.
Carriera da allenatore? Voglio sentirmi al 100% un calciatore e mi piacerebbe continuare a giocare, evito di rispondere a questa domanda, quindi.
Chi mi supporta di più nel gruppo? Con De Rossi e De Sanctis ho rapporti più profondi: mi stanno accanto più degli altri al di là di questo problema. Tutti mi sono vicini e cercano sempre di coinvolgermi e anche io appena riesco metto il naso fuori per vedere cosa fanno in campo. Loro mi danno la forza che ho e queste sono le cose che in certi momenti fanno la differenza: non essere isolato e sentirsi sempre parte del gruppo e del progetto. Questo mi dà la forza di riuscire ad andare avanti per superare le difficoltà che ho.
Il problema purtroppo, non riesco ad avvertirlo in palestra e devo sempre spingere un po’ di più sul campo per fare un test sul mio dolore. Nella vita quotidiana non ho grandi problemi. Il mio problema è che non riesco a correre o a fare proprio la mia attività da calciatore. Posso solo promettere che ce la metterò tutta per cercare di guarire.
Le parole di Francesco Colautti, responsabile sanitario AS Roma
Quella di Federico è una patologia molto complessa per un calciatore e ha diversi fattori che purtroppo la fanno prolungare nel tempo. Vedendo che inizialmente il trattamento conservativo non produceva gli effetti sperati, ci siamo guardati intorno per controllare gli aspetti che potevano ritardare questa guarigione e per questo abbiamo intrapreso la strada dell’intervento di Boston e poi quello di Monaco. La sinfisi pubica è molto importante e permette al calciatore di muoversi nello spazio. Questa struttura, nel tempo, può usurarsi. Nel caso di Federico, purtroppo, questa usura si è evoluta in maniera molto veloce negli ultimi mesi.
Da ASRoma.it.
Photo Credits | Getty Images