La lunga intervista di Daniele De Rossi a La Repubblica:
SUI PRIMI 31 ANNI DI VITA
“Penso che a 20 me ne sarei dovuto andare via dall’Italia per avere esperienza con il calcio all’estero, avrei giocato più Champions e forse più finali allargando i miei confini ed i miei confronti professionali. Ma non sono mai stato solo, sono sempre andato a pranzo da mamma e papà che distano tre minuti da me. Sono stato molto coccolato, molto figlio. E’ difficile cambiare una cuccia comoda, più facile che te la aggiusti. Roma ti strega, è quasi impossibile partire. I tifosi ti amano, ti seguono, se cadi, aspettano il tuo riscatto”.
SULLO SCIOPERO DEI TIFOSI DELLA ROMA DOPO GLI INCIDENTI
“Gli ultrà hanno i loro codici. C’è uno, ancora in ospedale, che lotta tra la vita e la morte e tu non lo rispetti? Ti fai subito giudice, ti schieri sulla pelle di un ragazzo intubato a letto? Secondo me bisogna sempre verificare la ricostruzione dei fatti. Sono anche preoccupato per quello che potrà succedere a Roma-Napoli o Roma-Fiorentina”.
SUL PADRE
“Non mi sono mai chiesto perché ha sempre allenato solo le giovanili, sicuramente non voleva allontanarsi da mia madre e mia sorella. Avrebbe dovuto magari trasferirsi in posti lontani. Papà sta bene con i ragazzi, ci perde tempo con loro e non lo considera sprecato. Con Florenzi ha un rapporto bellissimo, si preoccupa se molti si perdono per colpa dell’ambiente. A volte si dispera, mi dice: non sono riuscito ad insegnargli niente”.
SE PREFERISCE LA GIOVENTU’ NON CONTAMINATA
“Non è che quelli delle giovanili sono sognatori buoni, pieni di valori. Hanno gli stessi difetti dei grandi, anche se ancora devono arrivare vogliono le stesse cose. Un baby calciatore guarda il campione e vuole essere al suo posto, parlare come lui, avere la stessa macchina. Non è alternativo, è solo un probabile sostituto. I primi a corromperli sono le famiglie che insistono perché facciano carriera: stressano e guastano ma sono quelli che vogliono realizzarsi tramite i figli. Fanno inciampare a furia di spingere. Inoltre il calcio non è un ambiente bellissimo, ma inquinato come il resto».
SULLE FIGLIE
“Vorrei qualcosa di diverso, Gaia ama la pallavolo e mi piacciono gli sport di squadra perchè socializzi e crei rapporti. Mi dispiace non aver viaggiato in posti lontani, America, India, Australia, quando ero un ragazzo meno impegnato”.
SUI MONDIALI
“E’ l’ultima volta che giocherò con Andrea Pirlo e mi potrei commuovere. Quando in Germania ero a pezzi dopo la squalifica di quattro giornate, Andrea mi ha portato a cena con la sua famiglia. Ho capito che non ero un reietto. C’era anche Alessandro Nesta che subì un brutto infortunio, ci siamo fatti compagnia”.
SUL FALLO A MCBRIDE
“Me ne vergogno, non sono una carogna, non rosico se qualcuno mi supera e non colleziono cartellini rossi. Anche da piccolo non ero un attaccabrighe ma non sopporto che qualcuno mi stringa, mi trattenga, mi tocchi. Mi dà fastidio, non ci vedo più, mi si gonfia la vena. Dallo psicologo non ci sono andato e non faccio il duro che disprezza quello che passa nella testa, voglio tenermi a bada. Reagisco poco e se lo faccio, faccio male. Ma sono anche sicuro che non capiterà mai più, aggiungo quasi mai più”.
SUL CODICE ETICO
“Non lo metterei perchè anche il ragazzo più buono del mondo può andare in confusione ma se lo sottoscrivi devi accettarlo con grande serenità. Per il codice etico ho perso delle convocazioni ma non posso fare la vittima. Gomitate e cazzotti non sono un mio marchio di fabbrica”.
SUL GRUPPO
“Con Buffon e Pirlo facciamo un bel trio visto che siamo i superstiti del 2006. La vita cambia, se la nazionale è lo specchio di quello che siamo significa che siamo figli di un’altra generazione. Adesso anche i calciatori, non solo si sposano presto, ma divorziano. Siamo persone ordinarie che fanno un lavoro straordinario ma i dolori sono uguali per tutti. Certo un operaio ne ha mille più di noi senza le nostre risorse. Ai tempi di Bearzot un divorziato non sarebbe stato considerato una brava persona, un allenatore che oggi mi facesse un commento del genere gli riderei in faccia. Gli direi anche fatti ricoverare”.
SULL’ULTIMO MONDIALE IN SUDAFRICA
“Sono andato proprio male ma ero vuoto: con la Roma in campionato avevamo rincorso l’Inter fino all’ultima giornata e gli stimoli non tornavano. Inoltre il Sudafrica non ci dava libertà di spostamento e dovevamo stare sempre attenti. Eravamo concentrati sulla partite, in realtà eravamo convinti di passare il turno. I piedi erano indietro ma la testa avanti. Mentivamo anche a noi stessi”.
SULLA PREPARAZIONE MONDIALE
“E’ una situazione faticosa, scientifica, bella. I preparatori hanno sempre spiegato tutto e a cosa servivano i test. Voglio vedere come reagirà il mio corpo a “Casetta Manaus” dove è stata ricreata l’umidita asfissiante dell’Amazzonia. Adesso sappiamo cosa ci aspetta”.
UNA VOLTA L’ITALIA CRESCEVA MASTINI
“Bisogna ricominciare ad insegnare a marcare, l’abilità di non far prendere palla all’avversario dato che il dribbling non è tutto. Non c’entra la zona, c’entra investire sui giovani. PEnso che Paolo Maldini non lavora né nel Milan né in nessun’altra società e per me è un crimine. Al suo addio come si può essere così beceri con un uomo che ha portato tanta sportività e bellezza?”.
SUL SUO STIPENDIO
“Sono il più pagato della serie A con sei milioni e mezzo a stagione e per i tifosi mi dovrei vergognare quando non gioco bene. Come se mi facesse piacere non essere all’altezza. Se un cantante gira in Jaguar è figo, il calciatore è stronzo. Quando c’è da rinnovare gioco per chi mi dà più soldi. C’è un mercato e c’è un valore, non rubo. Se Madonna guadagna tanto allora è brava, se lo fa un calciatore è solo un mangiasoldi. Per i tifosi dovresti sempre strisciare e batterti il petto. Per i tifosi sei una loro proprietà: se perdi e giochi male hai rovinato e distrutto la loro vita. Non devi guadagnare, devi pagare. Mi piace che sotto la gestione Zeman non giocavo, non ho fatto polemiche, mi sono piaciuto moralmente, non sul campo”.
SULL’ESSERE IL GIOCATORE CON PIU’ GOL IN NAZIONALE
“Nella Roma ne ho segnato solo uno, all’inizio ma adesso gioco più indietro e lontano dalla porta avversaria ho meno occasioni. Non mi dispiace, non sono mai stato un egoista”.
A CHI TELEFONA PRIMA DELLA GARA
“A Sarah, la mia compagnoa. Le dico: amò, sto entrando in campo. Se non lo faccio ho 50 sue chiamate durante i 90 minuti. La sera prima del derby mi domanda: che hai fatto oggi? Ha un suo mondo, una sua creatività e una sua indipendenza. Per gli attori non è per niente facile: hanno orari, disciplina, ritmi. Ma se sbagliano una scena, possono rifarla. Noi no”.
SUI SOCIAL DURANTE I MONDIALI
“Abbiamo la libertà di farlo, possiamo esprimerci, nei limiti del buon senso. Non capisco l’utilità di stare sempre connessi come la cosa di far sapere agli altri cosa pensi di un terremoto, di un incidente, di Mandela, che pure ho sempre ammirato, di una guerra. A chi frega il tuo pensiero, ammesso che tu ne abbia e ne possa sempre avere uno? Che gli twitti a fare se uno si è fatto male? Non è meglio chiamarlo al telefono? Magari andarlo a trovare? Non è meglio che mandi soldi in silenzio? Anzichè mettere la foto che mandi i limoni in Serbia?”.
SU BALOTELLI
“Non ho brutte sensazioni sul mondiale ma soffriremo. Siamo una nazionale che ha esperienza e sa compattarsi nelle difficoltà. Il girone sarà il nostro banco di prova. Mario qualche stupidaggine la fa ed iun momento di crisi come questo se giri in Ferrari non susciti molte simpatie. Ma ai tifosi dico: com’è che Balotelli è nero solo quando c’è da contestarlo? Perché quando segna nessuno lo scansa e tutti lo vogliono? Scommetto che se ai mondiali segnerà un gol a partita nessuno farà più caso al colore della pelle? Saremo orgogliosi di avere un italiano come lui”.
Photo Credits | Getty Images