Il Messaggero, A. Angeloni
Abbiamo il piacere di notare come “la discontinuità â€, termine usato spesso da tutti i dirigenti della Roma, da quelli della prima ora a quelli dell’ultima, non esista pià¹. O forse non é mai esistita. La teoria americana era proprio questa: mai proporre personaggi del passato, chiudere ogni legame con la Roma che fu e tutto andrà bene, appunto, nel nome della discontinuità . Alla fine la storia é diversa, perchà© le vittorie o gli insuccessi non dipendono da queste minime attenzioni. La Roma é nata con la teoria della discontinuità , ma poi ha attinto molto al passato. La prima Roma americana ,quella di Luis Enrique, era firmata da Franco Baldini, il ds del terzo scudetto. Puro esempio di continuità , quella dai sogni. Andando avanti, ecco Zeman. Proprio lui, l’amico dei nemici della Roma, che poi ha lasciato il posto a chi a Trigoria ha abitato per anni, Aurelio Andreazzoli. La parentesi Garcia ci riporta ai vecchi principi, basta “romanistologiâ€, e arriva un francese mezzo spagnolo, che porterà la Roma nel futuro.
Ma Rudi, dopo aver trascinato un popolo é stato messo in fuga, e al suo posto il romanista Luciano Spalletti. Uno che alla Roma ha voluto bene e vuole ancora bene, nonostante il suo attuale interismo. Lucio é stato la Roma ed é tornato ad essere la Roma. Anche qui, nel segno (finto) della discontinuità . Nel frattempo si era accasato a Trigoria Balzaretti Federico, che nella Roma, non per tantissimo tempo e per colpa dei guai fisici, ha fatto il terzino sinistro da Zeman a Garcia. Era tornato anche Giannini, per non parlare della grossa mano che hanno dato Graziani, Nela, Chierico, tutti discontinui romanisti, ovviamente. E siamo ai giorni nostri: Eusebio Di Francesco, molto probabilmente Morgan De Sanctis e ci scusiamo se sfugge qualche altro nome. Ah sa,manca Francesco Totti. Ci fa sempre piacere rivedere facce da Roma, ma per favore, non parliamo pi๠di discontinuità .