EDITORIALE. 7 Giugno 1927


Oggi la Roma diventa un po’ più grande, non di molto, ma quanto basta per amare questi colori più di ieri. 7 Giugno 1927, la memoria è per sempre, e ogni uomo, ogni calciatore, ogni giardiniere e ogni impiegato ha contribuito con le sue mani a cementare una storia d’amore, violenta, brusca. Cupa, a volte, e nessuno lo nega. Ma un sentimento s’è radicato nel tifoso romanista, che sia di Roma, del Nord o addirittura fuori Italia. Ed è quella passione viscerale che non t’abbandona mai, e che si trasforma in sofferenza piena durante i novanta minuti domenicali, roba che pochi altri comprendono realmente.
E in fondo ciò che ha guidato la fondazione della Roma è stata quella voglia di rivincita, di rivalsa del popolo meridionale, perché il divario con le grandi fabbriche del Nord era fino al 1920/25 sostanzialmente incolmabile. Laggiù, il pallone rotolava nel deserto, e il deserto era casa di mezza Italia, che tentava con l’ossimoro del fascismo di appianare la fame della Grande Guerra. E’ dalle ceneri dei sogni dei nostri nonni che la Roma è sorta, è dalle ceneri di sconfitte fredde, sdegnose, immature che la Roma ha battuto il tempo. Come Torino – Roma 7 – 0, come la Finale gretta all’Olimpico contro il Liverpool, come le sette reti di Manchester e di nuovo a casa propria contro il Bayern Monaco. Eppure, dalla Serie A se ne è andata una sola volta – solo l’Inter ha fatto meglio – la coccarda d’argento per le dieci Coppe Italia è lì ad un passo, e i tre Scudetti vinti non saranno molti, ma rimangono il vanto di un popolo che dal niente è arrivato a soffocare il Circo Massimo. E poi Roma. E poi l’Italia. E infine il mondo, perché Italo Foschi, in quella mattina del 7 Giugno in via Forlì, probabilmente un po’ ci sperava, ma non poteva immaginarselo. Di fatto, ha univocamente legato Roma e il mito dell’Antica Roma con lo stemma di una semplice squadra di calcio. Ma che semplice squadra di calcio non lo è mai stata.
Le scartoffie e i documenti, Italo Foschi e Renato Sacerdoti, il banchiere che fornì le necessarie garanzie finanziarie, i colori caldi e la Fortitudo. La stessa Fortitudo che il 6 Giugno volta le spalle alla Lazio, con cui la fusione era ormai cosa fatta, e s’abbandona alle braccia della Roma. Di Roma, Italo Foschi direbbe così.
Quanto sei bella Roma. E oggi, sì: un po’ più di ieri.

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