Alessandro Plateroti, vice direttore de Il Sole 24 Ore, a Radio Radio:
“C’è un forte interesse di Unicredit nel lasciare a Pallotta una compagine che sia proiettata più sull’internazionale che sul nazionale. Un asse verso la Cina per incrementare il valore della società. Dopo l’Inter si è visto che gli investitori asiatici si affacciano qui in Italia. Unicredit vorrebbe chiudere l’accordo entro il 30 novembre, è il loro obiettivo. Naturalmente sono questioni delicate e ci potrebbe essere una sorpresa, ci sono altri investitori cinesi interessati, dalla Cina si sono fatti avanti, due offerte, e nel comunicato lo hanno fatto sapere. Tutto ciò per la Roma ed il calcio italiano è importante, un passo avanti molto importante“.
La sua idea al riguardo?
“Ritengo che gli americani siano molto fiduciosi che l’affare vada in porto. Vogliono chiuderlo a New York. Preferiscono avere una piazza estera piuttosto che italiana perché non confidano nella burocrazia italiana e nel sistema giudiziario italiano. Loro sono seri, questa volta. Ma UniCredit vuole restare, lo ha fatto sapere, per quanto con una quota molto esigua. L’aumento di capitale porterà ad un rafforzamento della società, e quindi di conseguenza la quota di UniCredit scenderebbe così. I soldi non andrebbero ad Unicredit, ma andrebbero alla società tutta. Si può fare, ma sono due le due strade: o le cessioni da UC, delle proprie azioni, ma poi l’incasso andrebbe ad UC, non alla società. Attraverso l’aumento di capitale, invece, sottoscritto dal cinese, c’è un rafforzamento patrimoniale della società, UC non lo sopprime e la sua quota viene diluita, di UC. Non si metteranno in tasca i soldi, è un segnale positivo “.
Perchè questo investitore miliardario accetterebbe una quota di minoranza?
“Perché Pallotta vuole la quota di maggioranza. Pallotta si è impegnato personalmente, a prescindere dal fondo Raptor, vuole la maggioranza. I risultati di campionato anche stanno danno loro soddisfazioni, finalmente, e riconfermano il valore dell’investimento. La Roma, rispetto a quando sono entrati, ha guadagnato un 30%. Non è stato un investimento sbagliato“.
Che convenienza ha nell’entrare come socio di minoranza?
“Normalmente i cinesi non entrano mai in minoranza, lo comprano sempre ex novo. In questo caso viene considerata un’operazione di tentare di fare un investimento nel calcio europeo, italiano, per la prima volta. L’investitore cinese però può dire di essere all’interno di un grande club d’Europa. I cinesi puntano tutto sul nome, per loro conta questo. Pallotta non pensava alla posizione, o alla forza relativa rispeto al calcio europeo, ma l’idea di controllare un marchio che si chiama Roma. All’estero il calcio è un’industria e viene considerata come tale, passando per turismo, marchio e via dicendo. Questo investitore sta costruendo, di tasca sua unicamente, una Hollywood cinese e con l’operazione Roma calcio si aprirebbero lui altre possibilità di investire su Roma intesa come città. Questa quota di minoranza è prudenziale e poi Pallotta voleva mantenere assolutamente una quota di maggioranza, Pallotta cercava un socio che non volesse tutta la Roma, ma una quota di minoranza“.
Sono prospettive sconvolgenti per il calcio italiano o solo episodi?
“Ho sentito analisti ed economisti per sapere questo: tutti ritengono che una volta rotto un diaframma di diffidenza, il calcio italiano sia un settore a buon mercato. Ritengo che per loro il calcio inglese è troppo caro e come potenzialità, quello italiano è più praticabile, con il miglior potenziale. E si faranno ancora avanti ed il calcio italiano sicuramente ne può beneficiare. Noi uscivamo in edicola con la notizia sulla Roma, mentre l’UEFA comunicava che 6 sei squadre potrebbero non essere ammesse per debiti. Per loro questo è come mettere una mancia alla fine di un banchetto“.
In un ranking della finanza mondiale è più potente Pallotta o i cinesi?
“Sono due impostazioni finanziarie diverse. Pallotta nasce come gestore di portafoglio, ha creato vari veicoli per fare investimenti, loro controllano anche banche in America, Pallotta è un uomo profondamente integrato nella grande finanza internazionale. Alza il telefono e questo parla con Soros. Fa parte di un club molto ristretto, è una persona molto nota, nella crisi del 2008 ha smosso 10 miliardi di dollari. E’ un uomo di questo livello qua. Il cinese è diverso. Loro non sono presenti finanziariamente, con la finanza sono molto prudenti, al contrario degli arabi per esempio. Ma sono molto presenti dal punto di vista industriale; non vogliono avere capitali, azioni, ma beni reali, società che fanno prodotti. Perché hanno capitali liquidi, ecco perché su quello industriale. Vuol dire poter trattare con forza quando si tratta“.
Un’accoppiata del genere farà della Roma un squadra come Psg o Manchester City?
“Mi auguro vada in porto. La Roma sarebbe un caso unico. Non c’è un caso internazionale in cui ci sono due investitori cinesi e americani nella stessa società, sarebbe un caso di studio. Sarebbe una novità in tutto e per tutto, in ogni settore. Non si fa né in America, né in Cina, non giocano sul proprio mercato. Nella stagnazione italiana queste sono operazioni che finiscono sui giornali di tutto il mondo. Una notizia come questa diventa una notizia mondiale“.
Per gli americani il nuovo stadio è l’obiettivo principale. Con questo socio come si rapporta con Pallotta sulla questione stadio?
“Questi investitori qua vogliono immobili e lo stadio è un asset importante. La spesa più alta che si può fare su uno stadio, progetti considerati dai 150 ai 300 milioni di euro. Per uno che mette 8 miliardi di dollari per costuire una Hollywood cinese, partecipare con 20 milioni alla costruzione di uno stadio o sulla Roma è come comprarsi una casa al mare. Il rischio dunque è bassissimo. Anzitutto perché è Pallotta che rimane esposto, non lui. Pallotta quando lo conobbi, era molto preoccupato dal grado di diffidenza degli italiani verso un americano, come a Milano con Thoir. Per Pallotta è stato così. La combinazione di due soggetti di questo tipo diventa una garanzia. Se avessero voluto vendere la Roma non ci sarebbe stato l’aumento di capitale, non vogliono smobilitare, né vendere. L’aumento di capitale rafforza la società e la rende più costosa. Non è un’opzione di avventura ma un investimento serio ed è ottimo, perchè era da tempo che in Italia non c’erano investimenti esteri da tempo. Le multinazionali da noi se ne vanno. L’importante è che non vengano create ostacoli o barriere emotive che potrebbero ostacolare qualcosa che invece può solo far crescere a livello internazionale questo club“.
I tempi?
“L’obiettivo loro è chiudere tutto nei primi giorni di dicembre, stanno facendo un rush per chiudere tutto a NY, perché li lo faranno. Vogliono chiuderlo entro i primi 4/5 giorni, magari anche entro il 30 novembre. Non è una cosa lunghissima.”
Photo Credits | Getty Images