Era il 21 giugno del 2005 quando Luciano Spalletti, nella sua prima conferenza stampa da nuovo allenatore della Roma, disse: “Bisogna ripristinare certi valori: dobbiamo partire dai comportamenti nello spogliatoio. Nel mio primo discorso alla squadra dirò semplicemente questo: torniamo alla normalità“.
La Roma, la stagione precedente, aveva visto sulla propria panchina lalternanza di Prandelli, Voeller, Delneri e Bruno Conti. Quattro allenatori diversi per una stagione disastrosa nonostante il buon parco giocatori a disposizione dei vari allenatori: Totti, Cassano, Montella, Perrotta, Mancini, De Rossi, Mexes, Panucci, Aquilani.
Sono passati quasi 8 anni ma il discorso sembra essere sempre lo stesso: a questa squadra manca la normalità.
LARRIVO DI LUIS ENRIQUE
La Roma il 20 giugno del 2011 sceglie come allenatore Luis Enrique per lanciare un progetto ambizioso basato sui giovani. Si instaura un buon feeling tra una parte della tifoseria e lallenatore spagnolo anche grazie al gioco allavanguardia che vuole proporre lex Barcellona.
La squadra viene eliminata subito dallo Slovan Bratislava in Europa League, dove fa discutere la sostituzione di Totti con Okaka, e perde la prima giornata in casa contro il Cagliari. I risultati successivi sono altalenanti ma l’allenatore spagnolo non retrocede di un millimetro e prova in tutti i modi a ripristinare i famosi valori già pronunciati da Spalletti. Prova a comporre uno spogliatoio unito e con la truppa a propria disposizione sembra riuscirci: i neo arrivati come Osvaldo, Pjanic e Lamela si schierano a favore del mister. Con loro anche De Rossi e Burdisso, senatori di lunga data della squadra.
I risultati stentano fino a quando la Roma vince al San Paolo contro il Napoli il 18 dicembre e la squadra sembra spiccare il volo. Perde sempre contro il Cagliari esattamente per 4 a 2 l’1 febbraio di un anno fa: stesso risultato, stesso giorno. Ma la risposta è diversa: la Roma una settimana dopo batte l’Inter 4 a 0 in casa. Nonostante la grande reazione del gruppo inizia una sfilza di buone partite alternate a grandi disastri: sconfitta per 4-2 contro il Lecce, perde contro l’Atalanta 4-1, perde il derby per 2-1, perde in casa contro la Fiorentina sempre per 2-1 fino a spegnersi lentamente al termina della stagione.
L’allenatore spagnolo avrà sempre il grande merito ed il grande rispetto di tutti i romanisti per averci provato: sul comportamento della squadra, sui valori, sull’unione di gruppo, sull’intesa, sul famoso codice etico tanto decantato da tutti ma applicato spesso a comando, cosa che l’asturiano non ha mai fatto al contrario di altri… Si dimette da gran signore, un comportamento che a Roma pochi hanno compreso.
C’è un rapporto speciale che lega Zeman alla tifoseria giallorossa, forse più per le battaglie affrontate insieme (doping e Juventus) che per i risultati raccolti sul campo. Anche più di 13 anni fa, quando il boemo fu esonerato da Sensi (ultimo allenatore esonerato della Roma come oggi) furono in tanti a storcere la bocca al suo addio. Ma presto, grazie allarrivo di Capello e di numerosi campioni, la squadra raccolse uno scudetto fondamentale e Zeman resto sempre un idea tra sogno (molto) e realtà (poca). Sempre nel famoso 2005 gli viene vietato di tornare alla Roma cosa che non accade durante la scorsa estate.
I tifosi sono in visibilio e si raggiunge il tetto di 25.000 abbonamenti. La stagione inizia male con un pareggio per 2 a 2 in casa contro il Catania. L’incantesimo si spezza parzialmente con la rimonta allOlimpico del Bologna e dellUdinese, entrambe da 2-0 a 2-3. La squadra a sprazzi mostra bel gioco e batte Inter a San Siro, Fiorentina e Milan in casa ma perde sempre contro le prime tre del campionato: Juventus 4-1, Lazio 3-2 e Napoli 4-1.
A differenza di Luis Enrique anche in questo caso la normalità resta una sconosciuta: sono molte le dichiarazioni al veleno del boemo nei confronti di tutti che mettono sotto le luci dei riflettori la squadra. Non insatura un rapporto con molti giocatori a parte alcuni adepti tra cui spicca Francesco Totti. La squadra lo abbandona e l’allenatore, messo alle strette, si autoesclude con scelte discutibili (Goicoechea–Stekelenburg) e con dichiarazioni pericolose nei confronti della società, rea di non aiutarlo nel far rispettare le regole. Non sente la fiducia della società, forse anche un pò risentita dai suoi comportamenti, e la partita di Cagliari resta lo specchio di tutto questo squilibrio.
Lancia numerosi giocatori tra cui Florenzi e Marquinhos ma fallisce nel primo obiettivo che viene chiesto ad ogni allenatore: formare un gruppo unito. Fallisce nel riportare la normalità a Roma, anche lui.
Il prossimo allenatore non si sa ancora chi sarà ma una cosa è chiara: il tifoso della Roma vuole 11 giocatori che corrano, che finiscano la gara con la maglietta sudata, che dimostrino di credere nella Roma e nei suoi colori, che rispettino il nome che portano addosso. Serve un allenatore che riporti la normalità in una piazza impazzita dopo un pericoloso tragitto percorso in un anno e mezzo. Solo questo può e deve essere l’inizio di un piccolo risveglio graduale. Riuscire a fare questo sarà già un grande successo.
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