Michael Bradley ha parlato al The New York Times della Roma e non solo:
SULLA SECONDA STAGIONE IN ITALIA
“Nel primo anno a Chievo sono cresciuto conoscendo la Serie A. Arrivato a Roma ci ho messo un pò a capire che è tutto diverso. E’ un grande onore essere qui. La gente ama molto la squadra e gli sta molto vicino. Sul campo sto migliorando ogni settimana, e abbiamo i giocatori per diventare ancora più forti. Ho fatto un’intervista l’altro giorno e ho detto che quando si arriva a giocare per un grande club si impara ciò che si può solo imparare in un grande club. Finchè non vieni qua non puoi capire certe emozioni. C’è una grane pressione, si deve vincere sia in casa che in trasferta, inoltre devi comoetere con altri grandi giocatori nel tuo ruolo. Devi essere sempre pronto, sia se subentri, sia se parti titolare. Devi sempre stare al massimo. Per capire questo mondo bisogna esserci dentro”.
GLI INIZI ALL’HEERENVEEN
“Ho iniziato nei MetroStars ma sapevo che per crescere sarei dovuto sbarcare in Europa. Sono andato in Olanda e su di me non c’erano molte squadre dato che ero ai miei esordi. Sono stato attento a non fare il passo più lungo della gamba ed ho appreso tutto quello che vedevo. Il mio obiettivo è giocare la Champions e la Coppa del Mondo ed ho provato a crescere giorno dopo giorno”.
SUI MIGLIORAMENTI TATTICI
“Lo vedo come un complilento e sono sicuro di aver portato qualcosa alla Nazionale USA visto che in Italia viene enfatizzata molto la parte tattica. La tattica in Italia equivale ad avere maggiori possibilità di vittoria. Ogni club ha un modo diverso di fare le cose e la tattica gioca un ruolo importante, non ti puoi presentare impreparato. Però quando vedi i migliori club non c’è solo quella, c’è molto di più: conta l’abilità, tecnica e la capacità fisica che si accordano con la tattica. Poi c’è anche la mentalità, non ridurrei le squadre italiane parlando solo di tattica”.
SUL PADRE TECNICO DEGLI USA
“Una delle prime cose che si impara nel calcio professionistico è quella di essere forti mentalmente. Quando le cose vanno male devi credere in te stesso. Certamente la gente parlava del fatto che mio padre fosse il coach ma la verità è che ogni giocatore deve abituarsi a questo genere di cose: è il modo in cui gira il mondo. La gente fa presto a dire che non sei bravo quando giochi male. Al contrario, quando giochi bene, la gente fa altrettanto preso a definirti il migliore al mondo. Bisogna avere un carattere forte per non curarsi di queste cose. Io lavoro duramente e do il massimo. Quando mio padre allenava la Nazionale o quando poi è andato via per me, a livello di mentalità, non è cambiato nulla. Ho sempre voluto aiutare la Nazionale a vincere e questo non cambierà mai”.
RIMPIANTI
“Non ho nessun rimpianto e non mi guardo le spalle, lo farò semmai quando la mia carriera sarà conclusa. Adesso sono solo determinato”.
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