Rassegna Stampa – Il Romanista – Il calcio si ferma. Di nuovo. Era successo una sola volta finora. Nel 1996. Lo sciopero è stato proclamato per l’11 e il 12 dicembre. A meno che pure stavolta l’Assocalciatori, l’Aic, non faccia pretattica estrema, salterà – o meglio sarà rinviata – tutta la sedicesima giornata. Arrivederci a Roma-
Bari e addio alla tabella di marcia dei sogni romanisti, che prevedeva 7 o 9 punti in tre partite. Le ultime tre prima della fine dell’anno solare: Chievo, Bari appunto e Milan.
La trattativa, che procedeva ad oltranza ormai da un paio di mesi abbondanti, è saltata sugli unici due punti su cui l’Aic non intendeva e non intende discutere: allenamenti separati e trasferimento coatto. Secondo la Lega di A, un allenatore deve poter decidere di far lavorare i suoi giocatori anche in più gruppi. Che poi, grosso modo, è quello che è avvenuto in casa Roma la scorsa estate (e pure due settimane fa, a dire il vero). Tornati dal ritiro di Riscone, Ranieri aveva diviso la rosa. Una parte, i titolari, lavorava di mattina. Gli altri, di pomeriggio. «Nulla di personale – aveva spiegato il tecnico ai giocatori – ma così non si può lavorare». Oltre alla oggettiva difficoltà di dover gestire un super-gruppo, molti elementi soffrivano i rumors di calciomercato. Tanto che dal primo settembre si è tornati al gruppo unico. Attenzione, però: Ranieri e il suo staff allenavano entrambi i gruppi. Senza distinguere tra titolari e riserve.
L’Aic non vuole discutere nemmeno su quello che, in gergo, è definito “trasferimento coatto”. La Lega chiede che un giocatore non possa rifiutare il trasferimento ad un club di stessa qualità e che gli garantisca il medesimo ingaggio. Esempio romanista: Baptista al Galatasaray. Se lo fa, la conseguenza è la risoluzione del contratto con il pagamento del 50% dell’emolumento e la libertà di firmare con chi vuole. «Abbiamo ribadito – ha spiegato Leonardo Grosso, vicepresidente dell’Aic – la disponibilità a discutere su sei degli otto punti, ma non siamo entrati però nemmeno nel merito, perché la Lega chiedeva di discutere il sempiterno problema dei fuori rosa».
Per il presidente della Lega di A, Maurizio Beretta, «è una giornata senza precedenti». Avverte Beretta: «Lo sciopero è una decisione irresponsabile e senza ragioni. Stiamo assistendo ad un pericoloso gioco al massacro». Mentre Lotito, che oltre a essere presidente della Lazio è consigliere federale, precisa: «Noi non li abbiamo mai chiamati “fuori rosa”, ma abbiamo fatto riferimento ad allenamenti in gruppi differenziati come avviene in altri paesi d’Europa. Su questo punto del contratto c’è un processo di vera e propria mistificazione. Per chi ha rose di 40 giocatori fare allenare tutti insieme è un problema organizzativo». Ma c’è pure un altro problema. Quello di far capire agli italiani perché una categoria di lavoratori oggettivamente privilegiata vuole astenersi dal lavoro. «Con tutto il rispetto – dice il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone – che si deve ai giocatori, che come appassionati di calcio ammiriamo incondizionatamente, il loro preannuncio di sciopero è semplicemente lunare. Gli italiani saranno letteralmente esterrefatti dinanzi a uno sciopero proclamato da una categoria che certo non vive le durezze della crisi economica».