Se ne sono lette molte in queste settimane di ipotesi, idee, congetture su quale possa essere il male della nostra Roma e i relativi rimedi proposti. Ma a tutto c’è un limite. Ragionare obiettivamente ci porta a vedere una squadra in una piena crisi d’identità, una specie di squilibrio adolescenziale in cui ogni giocatore fatica a trovare il proprio ruolo,a comprendere quello che gli viene chiesto, ad esprimere al meglio le proprie potenzialità. Tutto questo sembra davvero impossibile, memori di quello che abbiamo passato lo scorso anno, e soprattutto ci fa imbestialire ancora di più. E’ sotto gli occhi di tutti ormai che l’allenatore faccia fatica a gestire una situazione del genere poichè pare che tra lui e la squadra si sia creato un velo che impedisce ai giocatori di comprendere completamente le direttive che gli vengono date. Se sia arrivato il momento di cambiare non so dirlo, ma credo che sia davvero importante prendere una decisione immediata. La banalità di quello che sto per scrivere sicuramente lascerà molti perplessi ma si tratta di una notazione sulla quale rifletto da giorni. E’ proprio in questi momenti che si crea una differenza determinante tra “il tifoso” e “un tifoso”. Determinato il problema, compresa la difficoltà della situazione, criticato chi si deve criticare, si giunge al momento di stringersi intorno alla nostra Passione, con la quale in fondo qui dentro tutti siamo nati. Non si tratta di idolatrare giocatori e difenderli all’inverosimile ma chiudersi a guscio in difesa dei nostri colori. Sentire come opinione diffusa la speranza che la nostra Passione, la nostra Gioia possa perdere le prossime partite in modo da liberarsi dal principale colpevole di questa bagarre è davvero fuori dal comune, un’idea alla quale non si può non rabbrividire al solo pensiero. Altra opinione comune, per la quale ci sono poche osservazioni in merito, è giungere a vergognarsi di tifare una squadra del genere. Per gli instancabili romantici questa è quasi un’ “atea imprecazione” alla quale si giunge dopo una lunga serie di risultati negativi ma che non rientra nel decalogo de “Il tifoso”. Questa osservazione non vuole meramente distinguere classi di tifosi, perchè in fondo ognuno vive il calcio a modo suo, ma specificare che il vero tifo e la vera passione nascono nei momenti difficili, quelli in cui paradossalmente tifare, dimostrare il proprio attaccamento alla maglia è una virtù che in pochi nel mondo dello sport oggigiorno riescono ad avere. Altrettante volte tifosi o presunti tali, giornalisti o pseudo ex giocatori giungono a sperare in un risultato sfavorevole della squadra per dare valore al proprio pensiero, alla propria idea.Sarebbe bello ricordare a costoro che tifare non è un dovere, criticare è un diritto,avvalorare le proprie tesi a discapito della squadra è un’eresia,amare incondizionatamente è qualcosa di molto più profondo che nessuna parola o frase potrà mai descrivere.