Rassegna Stampa – Corsport – E’ vero, nessuno, diciamo nessuno, il 16 maggio scorso poteva immaginare una Roma così. A Verona, quel giorno, c’erano ventimila tifosi roma nisti che sognavano lo scudetto, in campo una squadra che per trentasei partite era stata la più brava, facendo più punti di tutti, Mourinho tricolore compreso. E’ vero, nessuno, diciamo nessuno, poteva immaginare una Roma così neppure il 31 agosto scorso, chiusura del mercato, un Borriello in più che andava ad aggiungersi ad Adriano, Simplicio, Castellini, Lo bont, Rosi, Nicolas e Guillermo Bur disso senza che, finalmente, fosse partito un nome che fosse uno. E’ ve ro tutto questo, ma è vera pure la Roma che abbiamo visto in campo in queste prime undici partite ufficiali: irriconoscibile. Come si è arrivati a una situazione del genere? E si poteva, allora, avere anche un minimo dubbio? Noi diciamo di sì.
NODI – Per una serie di motivi: un gruppo con una età media notevole e che da an ni è sempre lo stesso; la costruzione di una squadra pensando agli effetti specia li piuttosto che agli equilibri; la sopravvalutazione di quello che era stato; una preparazione atletica che si sta rivelando de ficitaria ed è inutile ci dicano che non è vero, Marco Borriello che l’ha fatta con il Milan, è lì a dimostrarlo; una situazione societaria che è quella che è non da oggi, ma da anni; una inconsapevole metabolizzazione di un’impossibilità a vincere.
PRIMO ALLARME – Se a Trigoria qualcuno avesse avuto voglia di ascoltare, il campanello, anzi il campanone d’allarme, per primo lo aveva suonato Luciano Spalletti nella sua ultima estate da tecnico romanista, «questa è una Roma che ha dato tantissimo, ora però serve una rinfrescata, una ringiovanita, una riverniciata » . Inascoltato, anche perché da troppi anni a Trigoria si guarda allo stretto presente, senza mai provare a costruire un futuro. Prima o dopo, soprattutto in una società che da un’eternità si autofinanzia, quindi con i soldi, tutti, dei tifosi, una politica di questo genere non può che portare a doversi con frontare con problemi molto gravi.
SECONDO ALLARME – Se a Trigoria qualcuno avesse avuto voglia di ascoltare, un altro campanello d’allarme lo aveva lanciato l’estate scorsa, pure Claudio Ranieri quando disse a proposito delle operazioni di mercato, «io ho chiesto soltanto Nicolas Burdisso» che peraltro non era ancora tornato. L’altra faccia della medaglia di una dichiarazione di questo tipo è che di tutti gli altri che sono arrivati, poteva farne anche a meno. Perché forse, anzi certamente, almeno un paio di esterni di ruolo, veri, di corsa, li avrebbe graditi di più.
PROSPETTIVE – Se a Trigoria e a Villa Pacelli qualcuno avesse avuto voglia di ascoltare, avrebbe capito con un minimo d’anticipo che non si poteva continuare a vivere alla giornata pensando al proprio orticello piuttosto che alla Roma. Forse oggi ci sarebbe una Roma meno forte, ma con una prospettiva, futuribile, destinata a crescere e maturare, chissà anche a vincere. Perché poi quella attuale, anche per colpe non solo sue, di fatto non ha vinto e dire di essere soddisfatti di sei se condi posti negli ultimi dieci anni, è solo parlare da perdenti.
Se a Trigoria qualcuno avesse capito che questo gruppo, straordinario per quello che ha fatto, è però anche un gruppo che incosapevolmente può aver metabolizzato che non può vincere, la delusione di Catania, quella di Verona, un muro chiamato Inter e non solo, forse si sarebbero fatte delle scelte diverse e non si sarebbe andati avanti per inerzia, senza il coraggio di avere idee.
FUTURO – Se a Trigoria qualcuno avesse capito che quello accaduto nella stagione passata, quindici punti recuperati all’Inter arrivando fino in testa alla classifica, poteva essere più l’eccezione che la rego la rappresentando il canto del cigno di un gruppo di fronte al quale peraltro bisogna togliersi soltanto il cappello, ma sempre lo stesso, che da anni sta andando avanti al ritmo di oltre cinquanta partite a stagione, forse qualcosa di meglio si poteva fare.
Il nostro augurio è che tra qualche mese qualcuno ci possa prendere in giro per quello che abbiamo scritto. Pensando al la Roma, non al nostro orticello.