Il Romanista – Che botta, sig. Moratti! L’eco sarà giunta fino ai piedi della Madunina , che magari l’avrà consolata con un sorriso. Nicolas Burdisso le ha sbattuto in faccia un no secco, perentorio, sicuramente non contemplato dalla sua potenza che ora non ammette sconfitte. Sconcerto e delusione che si erano diffusi nella mattinata poco allegra di venerdi fra i tifosi giallorossi, infastiditi dalle notizie negative sull’evoluzione della vicenda, hanno trovato tramonto al sole che se ne andava a dormire più splendente che mai di felicità. Troppo decisa, nitida , appariva ancora la figura di Nicolas, con i suoi occhi fiammeggianti, conquistati dall’amore giallorosso, perchè si potesse dubitare della promessa fatta alla gente romanista. L’argentino ci ha raccontato una storia poco fequente nel milionario mondo del pallone, ricca di coerenza ,che nobilita lo spirito di chi conosce il valore della dignità. Nella Città Eterna di colore giallorosso, dove ha regalato e ricevuto affetto, troverà anche la riconoscenza che lo ha eletto paladino contro le imposizioni del potere. Bentornato Nicolas, nella grande famiglia che ti ha adottato. In un clima di ritrovata serenità, si fatica a dimenticare i tristi figuri che hanno tentato di vanificarla. Il teatrino del calcio aveva
messo in scena un’altra delle sue storielle che disinvoltamente sconfinano spesso nella meschinità. Interprete scadente, un duetto solo apparentemente inedito, impegnato nell’elogio dell’ipocrisia. Subito nomi: Inter e Juventus , due sposine che appena qualche giorno fa sembravano sul punto di accoltellarsi e che poi volevano farci credere che si trattava di innocui screzi causati dal troppo amore. Insomma, una fasulla dichiarazione di guerra, ricomposta rapidamente negli uffici di Moratti dove nerazzurri e bianconeri avevano deciso del destino di Burdisso con la spavalderia che dava tutto per scontato. Poveri diavoli, hanno soltanto rinforzato la sgradevole sensazione di fedeli interpreti del famoso detto dei ladri di Pisa, “che litigano di giorno e insieme rubano di notte”. Il caso Burdisso, condotto con puntiglio velenoso, ripropone la figura del signor Massimo Moratti il quale deve aver accumulato una overdose di livore verso la Roma, tanto da procurargli qualche problema nella gestione del suo rinomato stile, scaduto ad una presenza di facciata. Si era già capito quando, perdendo il controllo del suo teorico fair play, aveva ceduto all’istinto di abbandonarsi pubblicamente al gesto dell’ombrello, conservato negli ammuffiti cassetti della rivalsa. Una movenza, che di goliardico ha solo il sapore della malinconia. Ai veleni meneghini, i tifosi preferiscono rispondere con lo spillo della canzonatura romanesca e si godono il trionfo di Burdisso. Però non si riesce a fare a meno di una chiusura che infonderà alla gente romanista un piacevole senso di liberazione. Appena due righe, signor Presidente Moratti. Lei costringe a violare le regole di civile correttezza che mi vanto di possedere. Mi consenta di risponderle dunque per gesti che lei capisce. Anche se non piove. Anche se lei del mio ombrello questa volta farebbe volentieri a meno.