Daniele De Rossi ha presenziato all’evento legato alla presentazione del libro di Massimo Marianella “Dove ti porta il calcio”. Moltissimi tifosi presenti, moltissimi anche i cronisti in sala: tra questi, anche il nostro Matteo Vitale. Ecco le sue parole.
Si parla di stadi europei, praticamente il tema centrale del libro di Marianella.
“Sono 15 anni che purtroppo viaggio solo per giocare, che è la cosa più bella di tutte per me e il mio lavoro, ma mi manca viaggiare nelle città dove ho giocato e vado a giocare ancora, mi manca sopratutto poterle visitare, visto che mi piace moltissimo viaggiare. Lo stadio che mi ha più impressionato? Direi San Siro. La sua grandezza, la sua maestosità…già vederlo da fuori fa effetto. Anche i nuovi giocatori che vengono a giocare nella Roma restano un po’ impressionati. Da giovane Gerrard era davvero un punto di riferimento, un idolo per me, per quello che ha fatto in campo e fuori. Devo prendere esempio da lui: è sempre stato perfetto, in campo e fuori, mentre io a volte sono scivolato. Devo imparare da lui, che nella seconda fase della mia carriera è stato il mio idolo assoluto, il giocatore che volevo diventare ed essere: come giocate e testa, ma anche fuori dal campo.
Se in passato sono stato vicino a grandi squadre? Per me, come nella vita di tutti voi, ci sono stati momenti della mia vita in cui pensavo di cambiare, o ero tentato dal pensare a questa possibilità. Ci sono stati momenti in cui ero indirizzato a fare questo grande passo, ma poi sono rimasto alla Roma, ho fatto una scelta professionale e mi va bene così. Poi, di indole sono uno a cui piace girare tantissimo, viaggiare e imparare altre lingue. Provare a vivere lontano dalla famiglia e dagli amici di infanzia sarebbe stato come tagliare il cordone ombelicale. Se rivedo le mie partite? Noi, per lavoro, le rivediamo, ci fanno vedere anche quelle degli avversari. Dipende all’allenatore: c’è chi è fissato e la vedere mille volte, chi qualche volta di meno. Tendo a rivedere quelle in cui siamo andati bene o in cui ho giocato bene: quelle in cui perdiamo o gioco male non vorrei mai rivederle. Lo dico: che si vinca o che si perda, la notte non si chiude occhio. Pensate, dopo l’ultima vittoria alle 3:00 mi sono alzato, sono andato in salone e ho rivisto la partita, che tanto non si chiudeva occhio. Se perdo preferisco vedere un film. Cosa importante: non tolgo l’audio, la ascolto con interesse, prestando attenzione alle parole soprattutto del secondo commentatore, la voce tecnica: per esempio adoro Adani, sento che lui durante la partita vede quello che in campo vedo io, capisce perché faccio una giocata, perché scivolo. Sa di cosa sta parlando. Per noi calciatori poi sono importantissimi i commentatori, ci influenzano molto.
Quando ho intenzione di lasciare il calcio? Non lo so, il più tardi possibile. L’addio di Gerrard è stato elegante e dignitoso. Penso che sia stato un dolore staccarsi da quello che hai cucito addosso per tutta la vita. Spero di lasciare il calcio più tardi possibile, ma lo voglio fare quando non sarò più in grado di essere forte, di aiutare la Roma ed essere utile. La Roma è il mio più grande amore e lo è ancora, ho ancora due anni di contratto e due anni passano velocemente. Penserò di lasciare la Roma quando mi renderò conto di essere in difficoltà fisica, di avere tanti acciacchi e di non essere più forte. Vorrò smettere con la stessa dignità di Gerrard. Voglio allontanarmi da Roma quando sarò ancora forte e sano fisicamente. Forte nel senso che mi sentirò in forma, in condizione. Perché bandiere nel calcio italiano non vengono trattate come all’estero? Beh, begli episodi ci sono anche da noi. Maldini a Firenze è stato applaudito da tutto lo stadio, a Milano Francesco (Totti, ndr) quando è entrato in campo è stato applaudito, raccogliendo il giusto tributo. Non siamo molto lontani dal riconoscere grandi campioni e grandi bandiere. Ci sono momenti legati ai risultati della nostra squadra del cuore e si può perdere la lucidità. Il soprannome ‘Capitan Futuro’? Credo sia stato Tonino Cagnucci a darmelo. Lo stimo, ha scritto un bel libro su di me e credo lo abbia coniato lui. Non è che sia il massimo, non mi fa impazzire e non mi dà fastidio, ma va bene (ride, ndr). Il derby? Manca una settimana e sono ancora tranquillo, poi so già che man mano che ti avvicini alla partita senti salire la tensione, ma ne ho giocati parecchi e penso di riuscire a gestirla”.