Zeman paga il conto. Salatissimo, se si pensa che paga per tutti quelli che si erano seduti a tavola. La conferenza stampa improvvisata da Walter Sabatini a margine della presentazione del nuovo acquisto della Roma, Torosidis, è di fatto il preludio all’allontanamento del boemo dalla Capitale. Il dirigente in quota ai giallorossi ha deciso di adottare, nel botta e risposta con i media, un atteggiamento stravagante nei confronti dell’allenatore. Bastone e carota.
» Rileggi la conferenza stampa di Sabatini
Solo che, a fronte di porzioni di carota tanto “slow food” da non saziare neanche le zanzare, le bastonate sono sembrate quelle di un giustizialista.
“La Roma sta prendendo in considerazione l’idea di cambiare il tecnico”, “Prima di ogni gara non si parla quasi mai di calcio e viene fuori la disciplina”, “Forse tra i problemi di questa annata c’è l’incancrenirsi di alcuni rapporti”, “E’ evidente che alcuni giocatori dovranno essere recuperati al meglio alla causa”, “Serve normalizzazione nei rapporti con tutti”: frasi inequivocabili pronunciate da Sabatini, a tal punto eloquenti che neppure qualche parola messa lì a controbilanciare – “Ha intuito bene le potenzialità di giovani scoperti o da lanciare e questa, unita alla capacità offensiva della squadra, è un’eredità che ci lascia o lascerebbe” – può bastare a fare da contrappeso. Non è mai stata usata la parola esonero: la sensazione è che tutta la conferenza sia stata costruita ad arte per indurre Zeman alla reazione di un uomo d’orgoglio e dignità. E portarlo a dimettersi soprattutto perché delegittimato dalla società nei confronti della squadra.
Perché delegittimato come professionista.
Gli si contesta tutto: risultati, gestione del gruppo, gestione delle conferenze stampa. E’ un punto di non ritorno: il rapporto è al capolinea e occorre solo capire se le sfumature abbozzate da Sabatini possano bastare a tinteggiare le prossime ore con le dimissioni di Zeman o se invece, in mancanza di quelle e con un eventuale braccio di ferro del tecnico, arrivare all’esonero. Il danno oltre la beffa, per Zeman, sarebbe poi – qualora le voci in circolo siano vere – quella del sostituto: si parla di Malesani, Panucci, di un traghettatore.
» Tutti i nomi per il dopo-Zeman
Non ultimo, torna in auge il nome di Alberto De Rossi, ma è una costante che si ripete uguale a se stessa tutte le volte che ci si trova a mettere una pezza (e pare difficile che tale eventualità possa essere perseguita). Il danno oltre la beffa: perché sulla piazza non ci sono allenatori di un certo spessore, perché nessuna delle ipotesi ventilate potrebbe giustificare un cambio alla guida tecnica se il metro di paragone resta Zdenek Zeman e i risultati di questa Roma.
Stravolgimenti di questo tipo, quasi “al buio”, potrebbero avere un senso se si fosse a rischio retrocessione, se servisse uno scossone fortissimo. Ma la Roma non rischia la B, al massimo potrebbe non centrare l’obiettivo dell’Europa, per il quale – tuttavia – è ancora in corsa e in mancanza del quale, eventualmente, Zeman potrebbe pagare a fine stagione. Stare fuori dalle coppe europee sarebbe, quando si dovrà fare di conto, una delusione ma non può provocare ora uno scenario simile.
Qualcosa sfugge: o Sabatini e la dirigenza hanno già adesso la possibilità di ingaggiare il prossimo allenatore della Roma da qui all’apertura di un ciclo oppure perché mettersi nelle condizioni di sfiduciare Zeman per qualcuno che lo rimpiazzi negli ultimi quattro, cinque mesi? Zeman paga il conto. Salatissimo, se si pensa che neppure la Roma sconcertante di Luis Enrique aveva indotto la società a mettere lo spagnolo in discussione. Trabajo y sudor. La classifica dice che i due, Zeman e Luis Enrique, hanno un andamento pressoché speculare.
Con una differenza, però, che è sostanziale.
Lo spagnolo non aveva mai dato modo di pensare che dietro la sua mano potesse esserci un progetto. Zeman quest’idea l’ha data: miglior attacco garantito (con lo scotto zemaniano della peggior difesa, vero, ma tutta rifondata e futuribile visto che, tolto Burdisso ed escluso Balzaretti, il più vecchio è Piris, 23 anni), idea di gioco, investimento su giovani esplosi in modo evidente. Marquinhos, Florenzi, Destro: potrebbero essere il prossimo futuro giallorosso. Sono parti di Zeman che li ha lanciati nell’undici titolare e lì li ha tenuti (con altri fior fiori di allenatori Florenzi, per fare un nome, avrebbe fatto solo scampoli di gare), giornata dopo giornata.
Allora, a prescindere da scudetto ed Europa, se il primo anno di Zeman garantisce un campionato competitivo e tutto il resto a corredo, Zeman non ha fallito. Si potrà poi dire che non possa essere risultato sufficiente per confermarlo, ma non sarebbe un fallimento.
Anche e perché nessuno tra i dirigenti si permise – allora – di pensare che Luis Enrique avesse fallito. Anzi: il rinnovo era pronto. Disse Baldini il giorno dopo le dimissioni di Luis Enrique:
“Lui voleva dirlo per primo alla squadra perché i giocatori sono stati i suoi interlocutori per tutto l’anno e ci teneva che lo sapessero ufficialmente. Ovviamente a noi aveva anticipato la sua decisione già da un po’. Qualcuno diceva che in questo modo ci ha lasciato a bagnomaria ma in realtà lui ha fatto questa scelta dopo Roma-Fiorentina. Abbiamo tenuto un lungo colloquio dopo la partita con i viola: lui non aveva dubbi, sopratutto in seguito alla mini-contestazione, dai toni perfino garbati per questa città, mentre io gli ho detto di pensarci perché è stato in grado di suscitare interesse. Il giorno di Roma-Napoli, quando qualcuno mi invitava a mandare via il mister, risposi che piuttosto avrei lasciato io. Fino all’ultimo abbiamo provato a trattenerlo”.
Allora, viene da pensare attenendosi ai fatti: di che stiamo parlando? E non perché Zeman debba essere intoccabile, mancherebbe altro: lo si metta in discussione ma con criterio, per motivazioni valide, con i tempi giusti, seguendo un percorso lineare, soluzioni che attuino un miglioramento certo. E non per mettere al posto di Zeman Malesani, Panucci o un traghettatore. E non perché, a un certo punto della storia, le sue maniere – professionalmente note da sempre – non sono più adatte. E non – dopo ché ti ha messo nelle condizioni di poter contare per i prossimi dieci anni su tre, quattro giovani di spessore – perché “alcuni giocatori dovranno essere recuperati al meglio alla causa”. Lo si poteva mettere in discussione, va da sè, ma attenedosi ai fatti e calcolando azione e reazione. Ora è un punto di non ritorno, pare un corso già definito in cui resta da capire se saranno dimissioni o se sarà esonero. E lo si scrive senza alcun coinvolgimento emotivo.
Perché poi, a volerci mettere dentro un po’ di sentimento (viene da dire a certi dirigenti, a certi calciatori) ci sono parecchi momenti in cui pare che – eccezion fatta per il Capitano – il più romanista di tutti, lì dentro, sia proprio mister Zeman.
Auden Bavaro