La Roma non va. Nel 2013 è arrivato un solo punto, il Milan è passato sopra e ieri alla Roma è andata piuttosto bene con il pareggio tra Fiorentina e Napoli, in ottica Europa League. La squadra fatica, fa la partita ma non riesce a segnare: immaginando che Lamela ed Osvaldo non siano diventati improvvisamente dei brocchi, viene da immaginare che i giocatori sbaglino tanto per stanchezza. Non ci sarebbe nulla di strano: i giocatori corrono quasi 60’/70′ di fila, attaccando gli spazi, portatori di palla e qualsiasi cosa rappresenti uno spazio, lasciando poi 20′ agli avversari. E’ così ad ogni partita. Il problema della squadra è che non sa assolutamente “mantenere il vantaggio”: ovvero far girare il pallone e costringere l’avversario a rimanere nella propria metà campo; questa è un’azione di cui quasi tutte le squadre usufruiscono nei momenti di stanchezza, per tenere lontano l’avversario, ma al contempo mantenere il possesso. La Roma non sa farlo, per niente. La squadra pensa sempre e solo ad attaccare forsennatamente, sprecando ogni energia utile ed arrivando spessissimo stanchi alla conclusione: il risultato è più che evidente. E va bene.
La Roma quest’anno sta tirando tantissimo, ma lo specchio della porta è una chimera. La squadra non sa risparmiarsi, quando servirebbe dosare le energie in un campionato di un certo livello, e non ha alcun equilibrio. Quella della Roma è una sorta di tattica suicida: se segni nei minuti di attacco, bene, altrimenti rischi di perdere e male. Ad un certo punto del match la Roma regala il centrocampo agli avversari, permettendo qualsiasi cosa. E’ evidente come questa “tattica” sia rischiosa e finora non abbia funzionato. Zeman l’altro ieri ha detto che le grandi squadre impongono il proprio gioco: vero, ma le grandi squadre sono Barcelona, Real Madrid ed Ajax storici. Insomma, queste squadre potevano permettersi di giocare e sempre comunque il proprio calcio, tanto poi, eventualmente, Messi prende palla ed entra in porta. E non mi pare che la Roma abbia un giocatore forte quanto Messi. La Roma è una squadra, oltretutto, che tira poco da fuori area, ma è decisamente uno specchio del pensiero dell’allenatore, che arrivando disse: “per me il tiro da fuori area è il tiro della disperazione“. E va bene.
Vedo persone discutere di mercato e dire: “alla Roma servono altri giocatori, bisogna intervenire sul mercato, servono i campioni“. No, niente di più falso. Pare che per vincere in Italia ci sia bisogno di avere Dani Alves a destra ed Evrà a sinistra. Quale squadra ha la rosa migliore della Roma, a parte la Juventus? Inter, Lazio e Fiorentina, per esempio, hanno rose migliori della Roma? vogliamo confrontare i difensori centrali? gli attaccanti? il centrocampo titolare? possiamo anche farlo, ma sarebbe del tutto inutile. Il Milan, il peggiore degli ultimi anni, ha qualcosa migliore rispetto alla Roma? No, ragazzi, e per favore aprite gli occhi. L’11 titolare della Roma è probabilmente fra i migliori due della Serie A, che, è risaputo, non deve affrontare Valencia, Atletico Madrid e Real Madrid, nè Tottenham, Chelsea, Liverpool, Arsenal e City, per essere seconda o terza. La Roma ha un evidente problema e sta TUTTO nella tattica, in un equilibrio che manca completamente.
Rispetto l’anno scorso la Roma ha addirittura una classifica peggiorata, senza contare i tre punti di Cagliari, di questo passo anche l’Europa League sarà un obiettivo difficile. Il problema non sono le avversarie, ma la Roma stessa, che non sa mantenere un rendimento continuo: non riesce a farlo in 90′, figuriamoci in tre-quattro partite di fila. Sono d’accordo con chi chiede alla dirigenza delle parole forti, che mettano pressione e responsabilizzino i giocatori, perché così non è possibile. La Roma è ogni giornata sulla graticola, su un filo di lana, quando un passo falso ogni tanto dovrebbe permesso, per esempio per stanchezza.
La squadra non funziona e come per ogni altro problema, il primo passo per risolverlo è ammetterlo e non dire dopo ogni partita che è sfortuna e che non ci sentiamo fuori dalla corsa per il terzo posto.
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