Finale Uefa ’91: la tardiva denuncia di Ettore Viola

Era la giusta occasione per far vedere come i potenti vincono, come quelle squadre a strisce alla fine prevalgono sugli onesti e sui leali. E’ la storia di Ettore Viola, figlio del compianto Dino, presidente della Roma, che tardivamente ha denunciato un fatto di indubbia clamorosità. L’8 maggio 1991 migliaia di tifosi giallorossi seguono la squadra a Milano: sotto le luci di San Siro, si gioca la finale d’andata di Coppa Uefa. Finisce 2-0 per i nerazzurri, con un contestatissimo rigore concesso dal sovietico Spirin agli uomini di Trapattoni per presunto fallo su Berti. Dal dischetto, Matthaeus non sbaglia. E, pochi minuti più tardi, ecco il raddoppio. Negli spogliatoi, a fine gara, Ottavio Bianchi e alcuni giocatori, Giannini in testa, sono furiosi. Il 22 maggio, all’Olimpico, la rimonta giallorossa resta incompiuta: segna Rizzitelli, all’80’, e finisce 1-0 per la Roma. La ribalta è dell’Inter, il retroscena tutto dell’arbitro Spirin, protagonista della gara d’andata e della storia che racconta Ettore Viola. «Mio padre era morto pochi mesi prima, a gennaio – ricorda il figlio del presidente Dino – Formalmente la guida del club era nelle mani di mia madre Flora, con l’avvocato Giovanni Guidi, scomparso recentemente, nelle vesti di amministratore delegato. Ma ero io, in realtà, a portare avanti le cose: ero una sorta di "presidente ombra". E poi c’era Ciarrapico, arrembante, pronto a subentrare. Una decina di giorni prima della finale di Coppa Uefa, fui contattato da una signora russa che avevo conosciuto tempo addietro. E arrivò la proposta».
Chi era questa "signora russa"? «Era un’imprenditrice ben inserita nel mercato sovietico, che si occupava di molte cose e anche di calcio. L’avevo conosciuta in occasione dell’arrivo di Mikhailichenko alla Roma. All’epoca il centrocampista venne operato dal professor Perugia, ma poi decidemmo di non tesserarlo e lui finì alla Sampdoria. Si rifece viva alla vigilia della partita con l’Inter». Per dirle cosa? «Che l’arbitro Spirin, in cambio di 150mila dollari, sarebbe stato benevolo nei nostri confronti nella partita d’andata». E quale fu la sua reazione? «Beh, feci alcune considerazioni. In primo luogo, pensai che nel dna della famiglia Viola non c’è mai stata la consuetudine di manipolare i risultati del campo. Poi, ero convinto che la Roma fosse abbastanza forte per affrontare alla pari l’Inter di Trapattoni. Infine, e comunque secondariamente rispetto al resto, non volevo fare regali a Ciarrapico. Il passaggio di proprietà era cosa fatta e non mi andava di rischiare per lui: non volevo che si vantasse di un successo per ottenere il quale non aveva fatto nulla».
Quindi, rifiutò l’offerta… «Sì. E pensai anche che la cosa sarebbe finita lì, visto il rapporto di amicizia che avevo con la signora russa che mi aveva offerto i favori di Spirin».
Invece, cosa successe? «Il giorno della partita, prima dell’inizio, entrai negli spogliatoi del Meazza e mi ritrovai lì questa signora. Pensai immediatamente che la cosa era strana, perché solo le persone autorizzate possono stare in quella zona dello stadio. E capii quello che poi lei stessa mi confermò. Dopo il mio rifiuto, l’aiuto era stato offerto all’Inter. Ricordo che mi guardò, allargò le braccia e disse: "Mi dispiace, ma visto che tu non hai accettato mi sono sentita in dovere di proporre la cosa alla controparte"».
Poi arrivò il rigore contestato… «Quel rigore non c’era proprio! Io guardai la partita dalla tribuna e in campo successe quello che temevo. Ci fu quel fallo inesistente, ma non solo: le nostre azioni venivano continuamente fermate a centrocampo e, si sa, quando il gioco viene spezzettato è per evitare che la squadra diventi troppo pericolosa. Alla fine della partita, ci rimasi male e pensai alla delusione dei tanti tifosi che erano sugli spalti e che non riuscivano a capire. Io mi ero dato una spiegazione dell’accaduto e questo, forse, mi faceva stare ancora peggio. Ma ero comunque convinto di aver fatto la cosa giusta».

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4 commenti su “Finale Uefa ’91: la tardiva denuncia di Ettore Viola”

  1. volevo esprimere la mia solidarietà a Ettore Viola e ne comprendo la frustrazione,ricordo le lacrime di Desideri al ritorno di finale, solo chi ama questa maglia può comprenderne il significato, gli inter-tristi sono tifosi che si legano ai trofei non alla squadra (vedi decenni di juve), e lo dimostrano domenica dopo domenica, privi dell’onore di appartenere a un simbolo del calcio, come la roma, che si trasforma in sentimento collettivo, nel bene e nel male.
    onore a Dino Viola.
    giallorosso di modena

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  2. Che storia amara. Io in quel periodo avevo 17 anni ed ero pieno di emozione nell’aspettare quella finale. Che dovrebbero pensare i tifosi che hanno pagato il biglietto ?
    E’ proprio vero che il calcio va oltre ciò che domenicalmente guardiamo in tv.

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