Carissimi, vi scrivo dal reparto di terapia intensiva del San Camillo, dove ieri sera mi hanno ricoverato in circostanze misteriose. Nel letto a fianco ho Reja, che dopo due anni finalmente ha ricevuto il tanto agognato trapianto di fegato.
Prima o poi doveva accadere. Certo, poteva succedere in maniera più soft ma tutto sommato io, che di solito ne ho un po’ per tutti, porto con me alcuni aspetti positivi di questa altrimenti amara esperienza.
Ore 19. Mancano quasi due ore e l’arrivo allo stadio è militarizzato già a dovere da tempo. Dopo gli accadimenti di sabato, era logico aspettarsi un trattamento speciale perché d’altronde si sa, lo stadio è da sempre ricettacolo dei più pericolosi sovversivi del pianeta… li riuniscono qui, in un macabro remake di Con-Air (per chi non l’avesse visto, un blockbuster movie con Nicholas Cage e un aereo pieno di spietati criminali psicopatici). Evidentemente però ieri erano tutti in sciopero, visto che non è successo assolutamente niente.
Quando entro le curve sono già piene, le tribune lo resteranno in larga parte anche per tutta la partita. Disposizioni di sicurezza, dicono. Ma quando qualche ardito laziale al pareggio si fa tutta la Tevere indisturbato per venire a fare gestacci alla Curva romanista, scatenando un ovvio lancio di oggetti come reazione, si capisce che le si tratta della solita kermesse all’italiana. Kermesse nella quale gli attori principali sono acrobati che si esibiscono in volteggiamenti sulle balaustre mirati allo scavalcamento e clown tristi con pettorine gialle numerate, che tentano goffamente di dissuadere gli acrobati di turno. A tratti, il Cirque du Soleil, ca@#o. A questo proposito voglio salutare e augurare una pronta guarigione al ragazzo che ieri è caduto nel fossato sotto la Sud. Non ho visto la caduta,non so che si è fatto, ho visto solo il capannello di gente che si è formato intorno e il conseguente arrivo dei solerti pompieri. Spero tutto bene.
Eravamo tutti, ieri. La Sud era gremita e il pubblico, quest’anno emana una carica positiva che difficilmente non risulta contagiosa anche per uno spettatore disinteressato. Pure senza coreografia, il pubblico romanista ha mostrato il suo orgoglio con le bandiere e i fumogeni giallorossi (arnese decorativo tra i miei preferiti)… rispondendo tutto sommato a tono alla patetica coreografia laziale che affermava di “non prendere lezioni da noi”. Che teneri, ci pensano sempre. Ossessivamente. Tornando ai nostri affari, i ragazzi della Sud, che quest’anno ho già avuto modo di lodare nei miei passati pezzi, lavoravano instancabili e distribuendo volantini con una nuova canzone anti-pecorari: testo discutibilmente orecchiabile e tentativo fallito (anche perle circostanze non proprio ottimali). Ma le intenzioni sono quelle giuste. Una simile azione simboleggia la voglia di compattare la Curva, la voglia di coinvolgere il tifoso in iniziative aggreganti, di creare una nuova carica e non può non essere vista con favore.
Una volta dissipato il fumo e l’odore dei fumogeni, l’aria è tornata ad essere viziata da un penetrante tanfo di caciotta e Tagliavento ha pensato bene che era giunta l’ora di cominciare. Cominciare cosa, ce ne saremmo resi conto dopo, ma questi sarebbero piagnistei che negli ultimi anni ho visto troppo spesso provenire dagli spennacchiotti e quindi sento di dovermi distinguere in qualche modo.
La Curva parte forte, la squadra pure e i risultati sono tanto insperati quanto forse prematuri. Il “bomber saltimbanco” segna a nastro, non lo ferma nessuno, la gioia esagerata di chi “l’aveva sempre detto” e di chi “non ci posso credereeee!” provoca un boato che fa tremare le fondamenta dello stadio. La gente ha gli occhi di fuori. La maglia commemorativa poi è un tocco da matto completo, di uno che ha capito subito come comportarsi al derby. Sei furbo, ragazzo.
La Curva è euforica, nemmeno troppo segretamente si spera in una larga vittoria e in un secondo posto che sembra alla portata. La partenza a razzo però, non è supportata da un resto di primo tempo all’altezza ma tutto sommato quando l’arbitro fischia l’intervallo il tifoso in Curva appare sereno e fiducioso. La partita va così bene che nessuno pensa più che in panchina c’è un veterano di mille battaglie come “el Bandido”,uno che ragionevolmente in un derby dovrebbe essere la prima maglia da titolare assegnata.
L’apertura di secondo tempo mette a nudo i fisiologici difetti di personalità di una squadra formata da tanti ragazzi, volenterosi, alcuni molto bravi tecnicamente. Ma le palle del Bandido non spuntano a 20 anni. La Lazio parte forte e dopo sei minuti del secondo tempo ti accorgi che i napoletani che occupano la Nord non sono solo disegnati come gli spettatori allo stadio di Piacenza.
L’espulsione di Kjaer costringe Luis Enrique a un’altra sostituzione forzata e lo lascia con pochissime possibilità di invertire il trend della partita. La Curva capisce che ci sarà da soffrire e nei primi 10-15 minuti dopo l’espulsione da il meglio di se. Canti assordanti e voci che hanno ormai del disumano spingono una squadra che lotta con i nervi e che nonostante ciò non rinuncia a provare a creare qualche occasione (una clamorosa). Verso il 20esimo del secondo tempo la gente comincia a chiedersi come userà l’ultimo cambio il nostro allenatore. Proverà a vincere la partita inserendo Borriello al posto di Osvaldo (visibilmente affaticato)? Tenterà addirittura la carta Lamela? Si leverà la giacca e la cravatta e si farà una sgambata negli ultimi 20 minuti (ieri, su una palla a campanile, piazza uno stop con le Church che Rosi non ha mai fatto in tutta la carriera)? Luis Enrique sorprende ancora e opta per la soluzione più razionale ma allo stesso tempo meno consona al carattere mostrato finora, che purtroppo non si rivelerà sufficiente.
All’ultimo secondo di una partita a cui l’intera Curva era ancora aggrappata con le unghie e con i denti, un dannato sicario tedesco, ingaggiato apposta per questo sporco lavoro, ci ricorda che sapore ha perdere un derby. Io li odio i tedeschi. Sono alti, sono biondi, fastidiosamente ligi alle regole. Anche loro odiano noi però: lo travestono come un odio politico, dovuto al nostro scellerato modo di gestirei conti pubblici, quando in verità ci odiano perché gli italiani gli rubano le donne quando vengono in vacanza a Rimini.
Tornando seri, fa male, molto male, ma secondo me la prima cosa che il tifoso romanista aveva chiesto l’ha ottenuta. O non ricordate il “A Luis Enrì… falli coreee!” di Brunico?
Per quel famoso progetto poi, si è capito che siamo ancora più indietro di quello che si poteva pensare… però io dico che ormai siamo in ballo e tocca ballare.
P.S.: Mi dispiace deludervi ma avviso preventivamente i lettori che le prossime due partite casalinghe non vedranno miei contributi. È mia abitudine scrivere solo se sono andato allo stadio.