La settimana che hanno vissuto la Roma, Francesco Totti e tutta Roma fa riflettere. Detto che quella giallorossa è una tifoseria splendida, che dà l’anima come poche altre e che sa dipingere lo stadio Olimpico come si fa con un capolavoro (lo stesso calore e la stessa passione si percepiscono ad esempio, nelle città dei derby, sulle Curve del Milan, del Genoa e del Torino), su Totti si sta probabilmente esagerando. Nel senso che Totti condiziona e catalizza umori cittadini ed equilibri societari, né più e né meno di come faceva Gianni Rivera alla metà degli anni Settanta. All’epoca, quello che accadeva a Rivera, qualsiasi cosa fosse, finiva dritto in faccia al Milan a tutti i livelli. Giocatore meraviglioso in campo e generosissimo nelle sue proteste fuori dal campo Rivera, arrivava a sostituirsi alla sua stessa società nelle battaglie contro un Palazzo truce e severo, ma a lungo andare legarsi al destino e all’umore di un solo grande campione è costato caro. Dalle mani capaci di Albino Buticchi, il Milan precipitò nella spirale del presidente-accompagnatore, Bruno Pardi, del presidente un po’ pittoresco alla Duina, del presidente-consigliere comunale, l’avvocato Morazzoni, del presidente sfortunato Felice Colombo. Fino alla Serie B. Dal momento che la Roma è in un momento storico di rivolgimenti societari, attenzione. Per i quattro minuti di Genova, comunque inopportuni, la posizione di Ranieri è in difficoltà, i cuori giallorossi e gli opinionisti più seguiti sono tutti con Totti. Attenzione, perché legarsi anima e cuore ad un proprio giocatore non è un destino semplice. I rischi sono sempre dietro l’angolo. E non sta scritto da nessuna parte che un fuoriclasse in campo possa esserlo, automaticamente, anche fuori.
(Mauro Suma -TMW)