Rassegna Stampa – Corriere dello Sport – Un delirio. E’ finita così, con la Roma a far festa in campo, con i tifosi che cantavano, urlavano, ringraziavano, godevano sugli spalti che sembrava ci fosse una leggera scossa di terremoto. Come sempre ha avuto torto chi è rimasto a casa, perché le emozioni che ha regalato il finale di questa partita sarà impossibile dimenticarle. Al fischio conclusivo di un Morganti che non è Russo, i giallorossi, trascinati da un pubblico che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, hanno cominciato una festa in campo. Burdisso tra i più esagetitati, e vuole essere un complimento, è corso verso Lobont per un abbraccio in cui c’era tutto il suo essere un ex interista, mentre tutti gli altri giallorossi cominciavano ad abbracciarsi, baciarsi, congratularsi, correre verso i tifosi. Come David Pizarro che, per una volta, ha preferito andare sotto la Nord a lanciare la sua maglia, mentre dall’altra parte si presentava un Riise acclamato dalla Sud, lui a battersi il cuore forte, il caschetto in mano, un sorriso straordinario, la conferma di come ormai sia entrato nel cuore di tutta la tifoseria romanista, con Menez che in panchina saltava come un grillo, regalava la sua maglia a un fotografo per poi andare pure lui in campo a godersi una festa che da troppo tempo mancava e non si riusciva a capire perché. Sembrava quasi che i giallorossi non volessero più rientrare negli spogliatoi, per rimanere lì, sul prato delll’Olimpico, per godersi il più possibile la notte e la festa della resurrezione, la consapevolezza che per la Roma può essere cominciato, finalmente, tutto un altro campionato, direttamente proporzionale a quelle che erano le ambizioni quando ancora si doveva iniziare a fare sul serio.
TOTTI – La Roma aveva bisogno di una festa come questa. Anche per ridimensionare e far passare in secondo ordine due problemi che si chiamano Francesco Totti e Adriano, gli unici che non hanno partecipato alla festa. Il capitano non ha gradito la sostituzione, come sempre e come capita a qualsiasi giocatore del mondo. Non ha fatto nulla neppure per nasconderlo. Quando ha visto il suo numero sul tabelloncino delle sostituzioni, si è diretto verso il centro del campo, ha abbracciato Vucinic che stava prendendo il suo posto, per poi dirigersi direttamente negli spogliatoi, senza passare per la panchina, nessun saluto, testa bassa e un umore che non bisogna essere Einstein per capirlo. Ha seguito il resto della partita davanti a un monitor, ha esultato al gol di Vucinic, poi, si è fatto la doccia, rivestito e, una volta saputo che il suo nome non era stato estratto per sottoporsi all’anidoping, se ne è andato prendendo la via di casa.
ADRIANO – Meno visibile, almeno dalla tribuna stampa, il no di Adriano ad entrare in campo. Lui e Matteo Brighi erano pronti per la sostituzione. Poi, improvvisamente, è comparsa la maglia numero diciannove di Julio Baptista, entrato con il centrocampista di Rimini. Che è successo? Ranieri ha spiegato che ha chiesto all’Imperatore se fosse caldo per entrare, ricevendo una risposta negativa. La stessa domanda l’ha fatta alla Bestia, la risposta è stata l’opposto. Sicuro, mister?
In ogni caso, che la festa continui.