Rassegna Stampa – Gazzetta dello Sport – Il primo anno a Liverpool di Alberto Aquilani si ripercorre con i titoli di alcune canzoni dei Beatles, il gruppo simbolo della città inglese. «Help», aiuto, quando nei primi mesi Alberto faticava a mettersi alle spalle l’operazione alla caviglia. « Don’t let me down», non mi lasciate al mio destino, quando la scommessa sembrava perduta. « You can’t do that», non puoi farmi questo, Rafa Benitez, non puoi lasciarmi fuori dopo che hai voluto portarmi quassù. «Something», qualcosa sta accadendo, forse è la svolta. «Let it be», così sia: il finale di stagione è stato in discesa. E non fa niente che alla fidanzata, Michela Quattrociocche, abbia deciso che per il matrimonio ( « Il 2012 può essere l’anno buono») Roma sia meglio di Liverpool.
Alberto, un anno lunghissimo.
«Non è stata facile, ma sono soddisfatto. A Liverpool mi trovo benissimo. All’inizio ho pagato il conto dell’infortunio, ma ora il peggio è passato. A Liverpool mi hanno trattato bene. Grande città, più bella di quanto si creda. Grande pubblico, caldo, ma rispettoso. Grande gruppo, mi trovo bene con tutti».
Come va con l’inglese?
«All’inizio è stata dura, parlavo un inglese scolastico. Ho studiato e mi sono aiutato con la tv. Ora riesco a farmi capire e a capire. Sono in difficoltà solo con Gerrard e Carragher: hanno un inglese stretto».
Rafa Benitez?
«Grande allenatore. Un tecnico moderno, attento ai dettagli. È uno studioso di calcio, prepara le partite con estrema cura».
Un altro Mourinho.
«Hanno la stessa cultura. Per me Mourinho è il miglior allenatore del mondo e Benitez viaggia a quei livelli».
La Roma sempre nel cuore?
«Sempre. Potevo lasciarla solo per giocare all’estero».
Contatti con i vecchi compagni, Totti tanto per fare nomi?
«All’inizio ci sentivamo spesso, poi la distanza e gli impegni hanno allentato i contatti».
Lasciare Roma e la Roma per un romano sembra uno sforzo titanico.
«A volte si esagera. Non è facile allontanarsi da Roma, ma quando la professione ti impone delle scelte, non è una tragedia. Per me andare a Liverpool è stato un arricchimento: nuova lingua, nuova cultura, nuova esperienza. Poi un giorno tornerò».
A chiudere la carriera a Roma.
«È presto per fare certi discorsi».
Ora il tormentone del possibile addio riguarda De Rossi.
«Credo di sapere che cosa gli passi per la testa e come si senta. Daniele deve essere libero di fare le sue scelte».
È cominciato il Mondiale che poteva essere il suo: rimpianti?
«La lunga sosta mi ha penalizzato. Il silenzio mi ha fatto capire da tempo che non c’erano possibilità. Da quando sono a Liverpool, non ho mai ricevuto una telefonata dall’ambiente della Nazionale».
È nata la Roma di Ranieri.
«Ranieri ha fatto un grande lavoro, ma credo sia giusto non dimenticare che Spalletti aveva dato tanto alla Roma».
Il fascino della Premier League?
«L’atmosfera, i campi perfetti, lo spirito».
Il fuoriclasse numero uno?
«A parte Torres che è un mio compagno di squadra, Rooney. È fantastico».
Dopo un anno di Liverpool, come siamo messi a Beatles?
«Non è il gruppo della mia vita per una questione di età, ma a Liverpool ho imparato a conoscerli e ad amarli. Con gli amici che mi vengono a trovare, i luoghi storici dei Beatles sono una tappa fissa».