Fino a qualche giorno fa, i vertici del calcio italiano e i presidenti delle squadre erano sereni. Ma nelle ultime ore, non appena capito che Luigi Di Maio avrebbe tirato dritto sulla strada del divieto assoluto non solo per gli spot in tv, ma anche per le sponsorizzazioni, l’allarme ha raggiunto il livello rosso. Dei 200 milioni di euro che ogni anno il “sistema giochi†investe in comunicazione, la fetta pi๠grossa, 120 milioni, va proprio alle sponsorizzazioni. Pi๠di mezza serie A é legata a qualche società di scommesse. Ma il problema é anche un altro.
I club traggono linfa vitale dai diritti Tv, quelli che Sky si é aggiudicata da poco dopo la lunga querelle con Mediapro. Oltre che con gli abbonati, sul “prodotto calcio†le televisioni raccolgono anche pubblicità legata soprattutto alle scommesse. Una torta che vale 70 milioni l’anno, la cui fetta maggiore, 35 milioni, va a Mediaset. Il venir meno di questi introiti, svaluterebbe il prodotto calcio. “Il meccanismoâ€, ricorda l’agenzia specializzata Agipro, “é semplice: il prodotto calcio aumenta o diminuisce di valore di pari passo con le prospettive pubblicitarie che puಠoffrire. Se i centri mediaâ€, si legge nell’analisi, “non potranno vendere spazi alle aziende del gioco legale, le grandi aziende televisive tenderanno a tagliare il budget programmato per l’acquisto dei diritti.
Di conseguenza, il calcio si troverà a gestire un prodotto meno remunerativoâ€. I contratti con Sky e Performa sono triennali e sono stati appena firmati. Non sono in discussione. Ma prevedono una parte variabile legata agli incassi pubblicitari che, inevitabilmente, ne risentirà . Secondo Moreno Marasco, country manager di Bwin e presidente dell’associazione delle società on line di gioco legale Logica, “questo decreto che nasce con le migliori e condivisibili intenzioni, rischia di produrre un effetto esattamente opposto a quello volutoâ€.
(Il Messaggero)