Mancini a rapporto da Rosella Sensi

Amantino ManciniLa Roma mette Mancini alle corde. Non è più Amantino ad essere stufo di una telenovela che va avanti da troppo tempo, almeno non solo. Ora a Trigoria vogliono una risposta all’offerta di rinnovo fatta più di due mesi fa. Basta rinvii, silenzi e musi lunghi. Niente più rincorse a un procuratore che non si fa raggiungere. È giunto il momento di risolvere la questione relativa al suo contratto (scadenza 2009). Ieri per il brasiliano è stata una giornata difficile, a nervi scoperti. Prima un confronto con lo staff tecnico a Trigoria, poi la chiamata direttamente da Villa Pacelli per un incontro immediato con Rosella Sensi. Il rifiuto e le strade che si allontanano ancora di più. Da un lato il giocatore che, non cambiando la sua posizione e arrivando fino a giugno senza rinnovare, potrebbe lasciare la Roma con in mano un pugno di mosche facendo leva sulla clausola Fifa e andandosene all’estero con una penale di pochi milioni di euro. Dall’altra la Roma che non ha intenzione di cedere alle pressioni e che al brasiliano, qualora non firmasse e decidesse di divorziare dalla Roma, ha prospettato di fare la stessa fine di Cassano, del quale a Madrid si erano perse le tracce.
Parole dure che Mancini girerà al suo procuratore Gilmar Veloz, il cui arrivo nella Capitale era previsto per lunedì. L’incontro con la dirigenza giallorossa non era ancora fissato. Poteva esserci, ma c’era anche la possibilità che slittasse ancora. Ora invece le cose sono cambiate: a Trigoria vogliono una risposta, qualunque essa sia, comunque non oltre il 31 gennaio. E così Veloz non potrà non fare la già prevista deviazione a Roma della sua trasferta italiana. Il procuratore, infatti, sarà da sabato a Milano per non perdersi l’esordio in Serie A di un altro suo assistito, Pato. C’erano ancora dei problemi per il transfer del nuovo gioiellino milanista, intoppi burocratici che avrebbero potuto posticipare la sua prima partita ufficiale in rossonero e il conseguente viaggio di Veloz dal Brasile. Ma tutto si è risolto ieri, Pato giocherà e Gilmar verrà in Italia.
L’incontro dunque s’ha da fare, la Roma pretende di ricevere la risposta all’offerta fatta (anche solo per una questione di educazione). Quella datata 26 ottobre 2007, l’ultima volta che le parti si sono sedute al tavolo per trattare. In quella occasione venne proposto ad Amantino, che attualmente guadagna attorno al milione e mezzo, un rinnovo per 4 anni a 2,5 milioni netti a stagione, più i premi che possono portare il totale a sfiorare i 3,5 milioni. Ovvero un contratto al limite del tetto salariale e in linea con quello firmato da Philippe Mexes. Non di meno, non di più, anche se il francese è un difensore e in genere agli attaccanti, in quanto tali e quindi più "preziosi", viene concesso un surplus. Due milioni e mezzo, il tetto fissato per tutti (Totti a parte, e tra poco anche De Rossi) e nessuno strappo alla regola. Ma soprattutto in quella occasione, era appena tre giorni dopo la deludente prestazione con lo Sporting con tanto di rigore sbagliato, venne confermato al giocatore che la società lo considerava fondamentale per il progetto. Quella stessa fiducia che non fece cedere alle richieste del Lione a fine estate e che, probabilmente, ora sta venendo meno.
Colpa anche dei settantasei giorni trascorsi da quel colloquio. Senza risposta. E dire che il passo successivo, quello forse decisivo, sarebbe dovuto avvenire di lì a tre settimane. Appuntamento fissato per il 19 novembre, a Villa Pacelli approfittando della sosta della Nazionale e prima della ripresa contro il Genoa a Marassi. Non se ne fece nulla, venne chiesto di spostare l’incontro di una decina di giorni, il 29 o il 30 dello stesso mese, vale a dire dopo l’incontro di Champions con la Dinamo Kiev. Ancora una volta nulla. Da quel momento di contatti tra la Roma e Veloz neanche l’ombra (Nemmeno gli auguri di Natale, e la società ci è rimasta molto male). Fino ad oggi, o meglio a ieri, quando da Trigoria hanno in pratica preteso una risposta. Ma l’aria che tira è quella della rottura.
Anche Mancini, che fino a qualche tempo fa aveva sempre ripetuto di voler restare a Roma (adesso e pure a fine carriera) magari anche trovandosi in contrasto con il suo procuratore che lo spingeva verso l’estero (vedi Lione e Liverpool), si è stancato. Perché è un giocatore che per rendere al meglio ha bisogno di sentirsi apprezzato, e a Roma non è più così. Anche la piazza non sembra più essere dalla sua parte. I fischi di amore, come li aveva chiamati lui stesso ad ottobre, sono diventati fischi e basta. Solo il 23 per cento dei tifosi vorrebbe rinnovargli il contratto. Ora anche la società si è stufata e ieri, tra Trigoria e Villa Pacelli, ha fatto sentire la sua voce. Rosella pretende una risposta e rispetto, Mancini considerazione. La trama si complica e la telenovela continua.

Da ilromanista.it

Condividi l'articolo: