Un solo grido: la Sud è tornata!

Torna il tifo della Sud e il campionato della Roma ricomincia. Già, carissimi aficionados romanisti, la Sud ieri ha finalmente ricordato a tutti di cosa è capace. Durante il match, infatti, la Curva ha fatto pace con se stessa; è stata una partita per romanisti veri, per gente con palle granitiche, e lei, la Curva più bella del mondo, ne è stata pienamente consapevole… dal primo all’ultimo minuto. E’ stata la Sud che fa tremare di terrore gli avversari, capace di far scordare le regole del gioco a Julio Cesar e di mandare in tilt quel farabutto di Christian Chivu. Ma è stata anche la Sud capace di far innamorare non solo i propri tifosi, ma anche i beniamini ai quali inneggia: apprezzatissime, in tal  senso, le parole di Vucinic nel post-partita e soprattutto il saluto del guerriero John Arne, un uomo che di tifoserie calde se ne intende non poco e che è stato di gran lunga il più applaudito della serata (se tralasciamo qualche battuta sul caschetto che ricordava quello applicato ai bambini svantaggiati nei centri di sostegno).
Era un po’ di tempo che non si cantava più, e ieri sera più che altro si è inveito,  e lo si è fatto con un veleno paragonabile solo a quello che potrebbe avere un Adriano se si dovesse trovare davanti a uno scodellone difeijoada dopo una traversata di quindici giorni nel deserto del Gobi. Sono tornati i mitici petardoni (no, non sono i movimenti intestinali dell’Imperatore dopo la sua immeritata razione di fagioli): sono quei residui bellici che vengono periodicamente fatti esplodere nel sottopassaggio in modo da massimizzarne il rumore. Fanno un casino infernale quei bomboni… i malcapitati bibitari, uscendo da quei tunnel, sembrano reclute vietnamite sopravvissute all’assedio di DaNang, con problemi d’udito e di prontezza di riflessi notevoli; vi suggerisco di approfittare di quei momenti se volete rubacchiare una birretta (purtroppo non trappista) per protesta contro gli esorbitanti prezzi dell’Olimpico. Ah, poi fatemelo dire, io adoro (anzi gli darei una medaglia al valore romanista se esistesse) i nostri simpatici compari che usano annidarsi sugli spalti più alti della Curva, e che sia quando segna sia quando sbaglia la Roma, sia quando l’arbitro fischia un fuorigioco inesistente, sia quando il difensore avversario viene ammonito, battono contro le pareti metalliche ricreando un rimbombo che amplifica il sentimento preponderante in quel momento, come nessun altro strumento saprebbe fare. Non cambiate mai, in verità vi dico!
Al gol infine, mi dispiace, sono venuto meno ai miei doveri di scribacchino (non crediate che di solito me ne stia li a prendere appunti durante la partita!!!)… non ho la benché minima idea di cosa cazzo sia successo sugli spalti intorno a me, ma vi posso assicurare, ho impersonato in pieno il tipico ruolo del tifoso invasato. Sono planato a volo d’angelo tre o quattro file più in basso, ho gioito con perfetti sconosciuti che mi sembrava conoscere da tempi immemori, mi sono ri-arrampicato (non senza fatica) per abbracciare tutti i miei compagni di sofferenza, ho vomitato le mie corde vocali sui seggiolini dell’Olimpico e infine, ah già, vorrei porgere pubblicamente le mie scuse a quella signorina che ho colpito con un destro nei denti fratturandogli la mascella, ovviamente per sbaglio!!! Per mia fortuna sono sicuro che il dolore che ha provato se l’è scordato mentre usciva felice come mai quest’anno, bagnata da una pioggia purificatrice.

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