La Roma di Rudi Garcia si appresta ad affrontare il Bate Borisov nella partita di domani ormai decisiva per il passaggio del turno in Champions League e per il futuro di mister e società. I giallorossi in quest’ultimo mese sono hanno mostrato un evidente calo di prestazioni e risultati, lo stesso crollo improvviso della scorsa stagione che portò la Roma al secondo posto non in scioltezza o con un testa a testa con la Juventus, come preventivato da tutti, ma solo dopo esser stata costretta a vincere lo “spareggio”con la Lazio, lontana almeno sulla carta anni luce dai giallorossi. Proprio ieri è stata fatta notare da La Gazzetta dello Sport la classifica dell’anno solare 2015 che conta ormai 37 partite, ad una dalle tradizionali 38 di campionato (ed è qualla contro il Napoli, al San Paolo) il dato preoccupante, e che deve far riflettere, è la quinta posizione dei giallorossi avanti solo un punto sopra la Lazio e tre dal Torino. La squadra di Rudi Garcia sta avendo da un anno un andamento da preliminare di Europa League, non da accesso diretto alla Champions e probabilmente ormai parlare di stop momentaneo o calo di prestazioni è solo una scusa: la Roma non gioca più da un anno esatto.
Limitarsi però nuovamente a commentare solamente l’aspetto tecnico, di allenatore e squadra, già dibattuto nei giorni scorsi sarebbe erroneo; i giallorossi non riescono ad essere motivati da Rudi Garcia ed i risultati arrivano solamente tramite le individualità, tutto vero. Ma il club si è reso conto di questa situazione? Se da un anno i risultati sono così scarsi perché bisogna sempre ridursi all’ultimo? La partita del riscatto giallorosso ormai è sempre la prossima: era la prossima con la Fiorentina in Europa League, sono state le prossime tutta quella sfilza di pareggi dell’anno scorso, era la prossima con la Lazio l’altr’anno e quest’anno, sono le prossime con Bate e Napoli. Baldissoni e Sabatini, che fanno le veci di Pallotta, non sembrano avere in mano la situazione con dichiarazioni contrastanti che stanno allontanando sempre di più i tifosi (domani solo 25.000 allo stadio). Si parla d’unità d’intenti ma ognuno agisce per conto proprio e risulta così ancora più evidente la mancanza di una figura di raccordo tra Pallotta, tutto l’anno in USA, e chi sta a Roma quotidianamente con la squadra. Il presidente è sbarcato a Roma proprio ieri ma a partire dalla querelle Gabrielli-Curva Sud, dove il prefetto ha ammesso di non aver nessun appuntamento con il club, fino alla questione nuovo stadio, con l’ombra di dover rimandare tutto in attesa del sindaco, appare evidente che il tycoon non abbia niente sotto controllo. Resta impensabile decidere il futuro di un club venendo nella Capitale solo 10 giorni all’anno con una piazza che muta 365 giorni l’anno. E non si parla di avere un presidente italiano vecchio stile a gestione familiare, anche perché il calcio è cambiato e sarebbe un’idea deleteria e reazionaria senza via d’uscita, ma è chiaro che nella Roma di adesso questo modus operandi non funziona. Sbagliato delegare tutto l’aspetto tecnico a Sabatini, grande osservatore e scopritore di talenti che pecca però nell’analisi delle necessità della rosa, sbagliato ugualmente investire come direttore generale Baldissoni, non un uomo di calcio e nemmeno una personalità dirigenziale di spicco ma un avvocato che ha sempre fatto solo da tramite senza dirigere la situazione personalmente.
Alla Roma mancano dei tasselli non solo in campo ed in panchina ma proprio in seno alla società. Nel prossimo futuro far arrivare un Conte, un Ancelotti, una grande personalità ormai necessaria sarebbe solo una prima mossa ma non l’unica per rimettere in moto la macchina. Alla Juventus, con dopo i vari errori in panchina con Delneri, Zaccheroni e Ferrara e nelle scelte dei giocatori, hanno anche capito che era il manico in sede a contare che è cambiato con il ritorno di Agnelli e dirigenti con pieni poteri, non con poteri delegati. Fare paragoni con realtà estere diverse, con dirigenze lontane ma con società strutturate come Manchester City, Manchester United e PSG sarebbe un errore, la Roma non ha quel potere di spesa che ti permette di riparare gli eventuali vuoti societari e tecnici con corazzate in campo che corrono da sole. Per la Roma ogni centesimo guadagnato, essendo in regime di autofinanziamento, ogni mossa azzeccata o sbagliata può cambiare la sorte di un’intera stagione in bene o in male. Nel futuro quindi non si chiede l’allontanamento di Sabatini e Baldissoni, la cui posizione verrà sicuramente ridiscussa a fine anno, ma una figura diretta, attiva, indispensabile, che magari capisca anche di calcio e che lavori a pieni poteri nella società e non a nome della società. Fare la collezione di nuovi preparatori atletici, di direttori marketing, di direttori generali senza reali funzioni non serve a questa Roma. Poi si, qualcuno se ne uscirebbe che come dirigente c’è anche Zanzi ma forse è meglio chiudere qua la discussione e tornare a pensare al Bate.
A cura di Francesco Gorzio.