Dalla scoperta delle intercettazioni alle dimissioni di alcuni big, dalle sentenze della giustizia sportiva alle condanne di oggi. Calciopoli può essere considerato il quarto grande scandalo del calcio italiano, dopo i due legati alle scommesse e quello dei passaporti falsi. Tutto comincia nel 2004,in seguito ad alcune intercettazioni operate dai Tribunali di Torino e Napoli nei confronti delle dirigenze di quattro club italiani: Juventus, Fiorentina, Lazio e Milan. Nel mirino degli investigatori anche, in un secondo filone d’indagine, anche Reggina e Arezzo. Ma della vicenda si apprende solo due anni più tardi, il 2 maggio 2006. L’accusa principale per la giustizia sportiva – mentre le procure di Napoli e di Roma per altre vie proseguono le loro indagini – per i grandi indagati è di illecito sportivo, finalizzato all’aggiustamento delle designazioni arbitrali, alla corruzione o all’intimidazione per favorire alcune squadre. Si parla anche di frode sportiva. Le accuse coinvolgono Luciano Moggi e Antonio Giraudo, per la Juventus; i patron della Fiorentina, Diego Della Valle, e della Lazio, Claudio Lotito; il presidente della Reggina, Pasquale Foti; l’addetto agli arbitri per conto del Milan, Leonardo Meani. Coinvolti nello scandalo anche i due designatori arbitrali al tempo delle intercettazioni, Pierluigi Pairetto e Paolo Bergamo, oltre ad alcuni arbitri, soprattutto Massimo De Santis, ma anche Paolo Dondarini, Paolo Bertini, Domenico Messina, Gianluca Rocchi, Paolo Tagliavento e Pasquale Rodomonti. Accusati gli stessi vertici della Federcalcio, in particolare Franco Carraro e Innocenzo Mazzini; dell’Aia, come Tullio Lanese. Tutti vengono deferiti al Giudice sportivo. Il 2 maggio del 2006 escono i primi nomi dei personaggi coinvolti nelle intercettazioni: sono quelli di Moggi, Giraudo, Pairetto L’11 maggio il Cda della Juventus rimette il proprio mandato agli azionisti. Il processo sportivo è veloce: il procuratore federale Stefano Palazzi chiederà durissime pene per gli imputati, quella di retrocessione in C per la Juve piomba sul ritiro della nazionale ai Mondiali. Il 19 maggio il ct azzurro Marcello Lippi è ascoltato dai pm dell’inchiesta romana sulla Gea, in pieno svolgimento di ritiro mondiale. Parte dell’opinione pubblica ne chiede le dimissioni per il coinvolgimento del figlio Davide, procuratore, nell’inchiesta romana. Il 27 maggio, prima della partenza azzurra per Germania 2006, Lippi dice: non mi dimetto, sono amareggiato per mio figlio. Il 14 luglio la prima sentenza sportiva: Juve retrocessa in B con 30 punti di penalizzazione, revocati due scudetti; Milan -44 punti per il campionato finito, Fiorentina e Lazio meno 30, inibizioni a raffiche per i dirigenti: Moggi e Giraudo 5 anni e proposta di radiazione, Della Valle 4 anni, Carraro 4 anni e sei mesi, Pairetto e Lanese 2 anni e sei mesi. Il 26 luglio 2006, all’indomani delle sentenze di secondo grado, la Figc assegna lo scudetto 2005/2006 all’Inter. Lo scudetto 2004/2005 viene revocato alla stessa Juventus e rimane non assegnato. In appello sportivo, la Juve si vede ridurre la penalizzazione da 30 a 17 punti, la Fiorentina a -19, la Lazio a -11; ridotte anche molte della squalifiche dei dirigenti (Galliani 9 mesi, Dalla Valle 3 anni e 9 mesi, per Carraro resta solo una multa da 80 mila euro), restano i cinque anni a Moggi e Giraudo. Nel marzo 2007 viene fuori un secondo filone d’inchiesta, legato al traffico di schede telefoniche svizzere tra Luciano Moggi e alcuni arbitri, sulla base dell’inchiesta di Napoli; la Juventus patteggia e viene multata di 300 mila euro, divisi in tre rate da 100 mila annui; gli arbitri coinvolti, Paolo Bertini, Gianluca Paparesta e Tiziano Pieri, sospesi in via cautelare nell’aprile 2007 e in maniera definitiva dall’Aia nel luglio 2008.