Immagino che non esista un tifoso soddisfatto dopo il pareggio di ieri. Secondo pareggio stagionale arrivato per colpa di nostri errori, autogol marchiani: in casa contro il Sassuolo, l’errore di De Sanctis ha dato il via all’1-2 di Zaza, e tutto in salita; ieri è stata la volta di Astori, che è andato a memoria cercando De Rossi, che però ieri era assente. L’anno scorso a questo punto della stagione eravamo a -8 dalla Juventus, oggi siamo a -2, forse -3 o peggio -5, ma l’aria che si respira è di fallimento annunciato. Con 18 partite da giocare, da vivere. Ora Garcia è da contestare, da esonerare, da mettere alla porta perché non ha idee tattiche. Come se un allenatore, uno qualsiasi e non nella fattispecie un tizio sotto la guida del quale la Roma è sempre stata prima o seconda dal suo arrivo ad oggi, passasse la settimana a far scaldare i muscoli ai giocatori, con dei percorsi a scopo ludico. Roma è così: una piazza schizofrenica, il cui primo e più letale nemico è proprio da cercare dentro di sé. Alle prime difficoltà il “muro” si sgretola e la squadra rimane sola. A Torino questo non succede. Un po’ perché la stampa sostiene la squadra in maniera diversa, aiutandola a superare i momenti di difficoltà, un po’ perché nessuno si dimostra dubbioso, spaventato. E’ una questione di mentalità. Nessuno a Torino, quando l’anno scorso la Roma era a +5 diceva: “abbiamo perso lo Scudetto, è finita“. E la negatività della piazza, dei tifosi, colpisce anche i giocatori che non vivono isolati e che dopo un pareggio (perché la Roma ha perso soltanto due volte in 18 partite ed una sappiamo tutti com’è arrivata) vengono messi in discussione e diventano subito dei pipponi, giocatori sopravvalutati e via con la solita tiritera. Se si potesse far isolare la squadra,, firmerei subito una petizione per farlo. Abbiamo 3 punti in meno rispetto allo scorso anno, vero, ma siamo più vicini alla Juventus. E conta questo. E non capisco come si possa pensare: “ecco qua, la Juventus ora le vince tutte, non perde punti. E’ finita“. Con 18 partite da giocare. Se questa gente vive la vita di tutti i giorni come vive la Roma…
Ed ecco dove arriva la forza della Juventus, ecco come sono diventati “schiacciasassi”, ecco perché le avversarie non oppongono resistenza, ecco perché allo Stadium le avversarie partono sconfitte in partenza. Perché “tanto vincono”. E guai, si veda Benitez o Mandorlini, fatti passare per scemi, a dire le cose come stanno, guai a dire che la Juventus è forte ma con gli arbitri con la casacca bianconera diventano imbattibili. Guai, perché sei un perdente e loro meritano. E, secondo, è anche qui che si sgretola il muro. Perché loro ti ribaltano la verità, la stampa ti fa passare per la squadra aiutata dagli arbitri. Ma questa è un’altra storia: ieri l’abbiamo buttata noi. Abbiamo lanciato il Palermo. E qui passiamo al punto due: senza alcuni giocatori la Roma è orfana e cieca. E’ normale ed è per questo che si chiamano leader. Sono i Maicon, i Totti, i De Rossi ed anche Keita: giocatori che rappresentano una certezza, che per trovarli non devi alzare la testa, ma soltanto buttarla lì, nella loro zona di campo. E’ quello che ha fatto Astori ieri, senza però trovare nessuno. Lì ci sarebbe stato De Rossi, basso fra i difensori, a far ripartire l’azione. E la Roma, come nessun’altra squadra del mondo, può fare a meno, nella stessa partita, di Maicon, Manolas, Castàn, De Rossi, Nainggolan, Keita, Gervinho e Totti, senza contare il lungodegente Balzaretti. Tutti giocatori titolari in questa Roma. Se alla Juventus togli Chiellini, Bonucci, Lichtsteiner, Vidal, Pirlo, Pogba, Llorente e Tevez cosa succede? Ieri la squadra doveva fare meglio, ma non si può dire “sì va be’ le assenze”. Eh, le assenze. Esatto. Ciò detto, ripeto, si poteva vincere e lo sanno anche i giocatori. Lo sa anche Astori, che come ha detto Garcia è il difensore della Roma tecnicamente più bravo (a parte Castàn), che ieri ha commesso una sciocchezza davvero evitabile, senza la quale, siamo tutti sicuri, la Roma avrebbe fatto un altro risultato. Il discorso Totti, invece, più che a una questione tecnica, si lega ad un discorso emotivo, di morale: Totti è un simbolo di speranza. E fa la differenza sotto questo punto di vista. Peccato che ieri sia entrato malissimo, probabilmente anche con poca voglia di farlo a pochi minuti dal termine del match. Come Maicon.
Arriviamo a Mattia Destro, “rivale” di Totti nei ballottaggi per la maglia da centravanti. E’ un vero e proprio dilemma: è evidente che Garcia prediliga un calcio veloce e senza punti di riferimento, con il falso 9, così com’è evidente che Destro non sia adatto a questo tipo di gioco. D’altro canto, però, il bomber della Roma sa segnare. Sa fare gol. Gol spesso brutti, ma devi saper fare anche quelli. E quando lui non gioca questo manca. Mancano i gol facili, manca qualcuno che si butti sulle sponde, sui secondi palloni, che si faccia vedere sotto porta, che dia profondità e peso. Ieri Destro si è buttato dietro la difesa del Palermo tantissime volte, ma soltanto una volta è stato servito (ed ha sbagliato lo stop). Si parla di un problema di gol, Garcia ha parlato di un problema di efficacia in zona gol: la risposta si chiama Mattia Destro. 7 partite da titolare, 5 gol. Perché, a questo punto, non si cambia gioco? Perché, a questo punto, non si fa in modo di far segnare Destro? Che piaccia o meno, e a molti non piace, Destro sa segnare. Nel secondo tempo di ieri la Roma è scesa in campo con il 4-3-1-2, con un evanescente Iturbe: Ljajic dietro Totti e Destro. Perché no? Ci mancano i gol, ha detto Garcia, ma il bomber della sua era Giallorossa gioca poco. E’ un paradosso. E Garcia deve superare questo problema. Già nella Tim Cup, magari: Totti e Destro insieme, perché no?
Una nota positiva, un’altra negativa.
La nota positiva si chiama Leandro Paredes: classe 1994, con personalità da vendere e dispensare anche fra molti dei suoi compagni. Un giocatore dal quale partire, che mi piacerebbe vedere titolare in campo, di nuovo, contro l’Empoli. Tenacia, grinta, fisicità e tecnica, con tocchi di prima.
La nota negativa si chiama Juan Manuel Iturbe: la Roma ha speso 22 milioni di euro. E Iturbe sta dando troppo poco alla Roma. Praticamente niente. E per la Roma è un problema. Ieri Garcia lo ha “attaccato” pubblicamente, per spronarlo: “Verde è come Iturbe“. Un modo per cercare di recuperare Iturbe, per fargli scattare qualcosa dentro. Se non dovesse cambiare marcia, per la Roma sarebbe un grosso problema. E’ indubbio che sia giovane, ma la Roma vuole vincere e competere da subito. A pesare sulla testa di Iturbe sono i 22 milioni di euro spesi per lui. Troppi, lo sa anche lui. E dimostrare il contrario, ora, riesce difficile.
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