Raccontate di Agostino

Non è oggi, ancora no. Lo sappiamo. Ancora non è “quel giorno là”, quello che fa ancora male a tutti quanti noi. Ad ogni Romanista. Ancora manca qualche ora, poi potremo piangerlo tutti insieme, piangere il nostro Ago, Il Capitano. Un amico, però, ci ha mandato un pensiero dedicato a Dibba, un pensiero che abbiamo deciso di condividere con voi, Romanisti, i nostri lettori, amici e fratelli di sangue GialloRosso. Leggete.

Venti anni, eppure sembra ieri. Sembra ieri per chi c’era nel 1994 e per chi ancora non era nato in quel periodo. Si, perché Agostino lo ricordiamo tutti. Lo ricordiamo attraverso i nostri occhi. Lo ricordiamo attraverso le parole di un nonno o di un padre, che te lo raccontavano commossi tanto era il suo splendore. Te lo ricordi perché anche se sei nato nel 1992 quella partita l’hai vista, l’hai vista…e hai pure esultato al gol del pareggio! Poi il rigore. “Quando tira Ago va dentro. Il pallone va dentro, tranquillo!“. Già, ha fatto gol. Siamo in vantaggio. “Ma sono passati trenta anni!” è uguale, siamo in vantaggio. La leggenda di Agostino Di Bartolomei inizia quella sera del 30 maggio 1984. Il giocatore, il capitano, il vicino di casa, il romanista che ci ha portato più in alto nella storia. Ed è ovvio, un disegno del destino, che storia sarebbe diventato lui. Mito, ma non nel momento della sua morte come avvenuto per molti grandi. “Ricordati di me mio capitano, cancella la pistola dalla mano!” Lui mito, leggenda, c’è diventato molto prima. C’è diventato proprio quella sera. Campione d’Italia e campione d’Europa. Solo lui nella storia. Chi lo avrebbe detto quando tirava i primi calci, le prime “mine”, nel campetto dell’oratorio dietro casa. Chi lo avrebbe detto quando quel moretto, distinto e razionale, troppo lento per giocare a pallone, è sbarcato prima a Trigoria e poi nel calcio dei grandi. Ago è li, nel punto più alto dove il giallo e il rosso si incontrano con lui in un connubio eterno. Questa è la realtà. Questo è quello che a distanza di venti anni ancora si racconta. Tutto quello che viene dopo non importa. Il Milan non importa, la serie B non importa. Le contestazioni, fuori luogo, non importano. Come si può contestare chi vive nell’Olimpo? Agostino non può essere contestato, perché lui vive di Roma. La maglia, i tifosi, la curva sono dentro di lui e lo hanno accompagnato nella vita cosi come nella morte.

Agostino Di Bartolomei muore il 30 maggio 1994 con la foto della Curva Sud in mano, come a voler dire a chi lo aspettava dall’altra parte “Ciao, sono Agostino e sono romanista!”. In fondo tutto quello che desiderava era rimanere nella sua squadra, e non in quell’esilio forzato che era diventata la sua vita. Agostino si è ucciso perché non poteva stare lontano dalla Roma. Raccontatelo ai giocatori che vestono ora quella maglia, la sua maglia, e ai ragazzini che hanno scelto di tifare la sua squadra. Raccontatelo dopo venti anni e dopo venti anni ancora.
Forza Roma.

Di Riccardo Boselli.

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8 commenti su “Raccontate di Agostino”

  1. Quando ho fatto leggere a mio padre questa lettera ha pianto..Lui c’era nell’84 io non ancora. Ho visto una luce particolare nei suoi occhi,ora capisco perchè come lui tifo Roma.

    Grazie Papà,grazie Ago,Grazie Roma

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  2. ciao Ago ricordo quel 30 maggio 1984 avevo meno di 8 anni in casa avevamo una sola televisione e mia mamma voleva vedere un altro programma… mio papà interista sapendo quanto tenevo a vedere quella partita mi disse vieni saliamo di sopra dalla zia (la mia prozia) a vedere la finale! Fra pochi giorni in quel locale dove viveva Pierina (la mia prozia zitella) arriverà la nuova cucina! Sono passati 30 anni giusti che ricordo triste ma di cui ogni tifoso deve andare fiero!

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  3. ciao AGO …. sarai sempre in campo con la tua ROMA e la nostra ROMA.
    quando hai commesso quel gesto avevo 26 anni ho seguito tutta la tua carriera , ti ho osannato ad ogni calcio di punizione ad ogni rigore ad ogni vittoria al nostro primo scudetto da comuni mortali……… è vero sono passati 20 anni e sembra ieri.

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  4. non sapevo che era morto con la foto della curva sud in mano
    sono già passati 20 anni ma il ricordo è sempre vivo
    bisogna tramandare alle generazioni future il ricordo di Agostino, per non dimenticare

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