Intervista integrale a Totti su Sky Sport

Ci sono due persone che conosco bene e che sono tuo padre e tua madre. Quanto sono stati importanti per te?
“Mia mamma e mio papà sono state le persone più importanti per me, nell’insegnamento, nell’educazione, nel farmi capire il senso del rispetto e, soprattutto, per quello che ho fatto fino a oggi. Se non avessi avuto loro, non sarei qui a parlare oggi. Avere una famiglia che ti segue e ti sostiene sempre vuol dire avere la possibilità di arrivare fino in fondo”.

Com’eri da piccolo?
“Ero un “paravento” come mio figlio Christian. Nel senso che, come lui, mi divertivo, ero un “giocherellone”, rompevo le scatole a tutti. In certe situazioni, mi rivedo in lui e questo mi fa piacere, era la cosa che sognavo, ossia avere un figlio e rivedere me stesso”.

Passato il dopoguerra, ci sono stati due grandi numeri 10: uno è Gianni Rivera e l’altro è Francesco Totti. Quando ti sei accorto di vedere quello che gli altri non vedevano?
“Grazie per il paragone perché, vedermi accostato a un giocatore come Gianni Rivera, per me è fonte di orgoglio. Non riesco a vedere ciò che vede la gente, perché io devo farlo. Ogni tanto rivedo le immagini delle partite e alcune cose, sinceramente, non riesco a capirle neanche io quando le faccio. Soprattutto certi gesti difficili”.

Quanto sei orgoglioso della tua scuola calcio?
“Tanto, perché mi piace vedere i bambini che si divertono, che giocano. Poi, lo sport è fondamentale per i bambini, soprattutto quando sono così giovani. E’ uno sfogo, un divertimento, un passatempo. E’ una cosa che mi piace seguire e spesso vado a vedere come si comportano”.

Il 28 marzo del ’93 esordisci a Brescia. Sono passati quasi vent’anni. Pensavi che avresti avuto una carriera così bella, glorio e importante?
“No, non pensavo che avrei avuto una carriera così prestigiosa. Ma, da quel momento, ho pensato che il calcio fosse il mio lavoro principale. Più che un lavoro, una passione che ho sempre avuto fin da piccolo. Ho sempre cercato di dare il massimo e sono arrivato fino a questo punto”.

Mazzone è stato molto importante per la tua carriera. Com’era il tuo rapporto col mister?
“Tuttora lo ringrazio, perché per me è stato come un secondo padre. Ho avuto la fortuna di averlo negli anni più importanti di un giocatore, tra i sedici e i diciannove anni. Mi ha gestito nel migliore dei modi, anche perché in una città importante come Roma non è facile gestire un giovane, soprattutto romano, che la gente voleva che giocasse, invece lui mi teneva un po’ distante da tutto”.

Cosa ti ricorda il 4 settembre del ’94?
“E’ un ricordo bellissimo, che porterò con me per tutta la vita, anche perché in quel giorno ho fatto il mio primo gol in Serie A contro il Foggia. Ricordo particolare, ricordo bello”.

Nel ’98-’99, con Zeman, diventi capitano della Roma. E’ stato il tuo primo grande salto di qualità?
“Sì, perché essere il capitano della Roma è una cosa che mi inorgoglisce, che ho sempre pensato di fare e cercato di fare nel migliore dei modi. Ho avuto la fortuna di realizzare questo sogno”.

In quell’anno diventi anche rigorista della Roma.
“Sì, non c’era nessuno!”

A volte, basta sbagliare un rigore per far scoppiare un putiferio.
“Purtroppo nel calcio capita anche questo. Io, di rigori, ne ho sbagliati parecchi”

Cosa ti è dispiaciuto di quello che hanno detto dopo l’ultimo rigore fallito davanti a Buffon?
“Vorrei specificare lo sfogo post partita nei confronti dei tifosi della Roma, che so quanto mi amino e mi vogliano bene, e la cosa è reciproca. Però, mi è dispiaciuto il modo in cui si sono esposti in certi momenti, soprattutto davanti ai miei figli. Finché la critica è costruttiva, accetto tutto perchè le critiche vanno sempre accettate per il lavoro che facciamo e le accetto a testa alta, ma se mi offendono davanti ai miei figli non ci sto. Non volevo offendere i tifosi, ma mi sono sentito tradito quando ho dato il mille per mille per questa maglia e ci ho messo la faccia”.

Però quando fai lo scavino sono tutti pronti a farti i complimenti…
Ma quando segni vengono tutti sul carro dei vincitori

Percepisci il carico mediatico che hai intorno?
Lo vedo ma non lo percepisco. Lo vedo quando faccio un’intervista e sono le persone attorno che me lo fanno capire, per fortuna ho delle persone che mi vogliono bene e mi fanno notare queste cose

Se ti danno del coatto?
Mi incazzo. Non lo sono mai stato, sono di San Giovanni e non posso essere coatto.

Che ricordo hai della stagione 2000-2001?
“Un ricordo troppo bello, perché sono riuscito a realizzare quello che ho sempre voluto, cioè vincere lo scudetto con la Roma da capitano, da protagonista. Fortunatamente, ho capito cosa significhi vincere uno scudetto a Roma. La frase che dissi tanto fa è vera vincere uno scudetto a Roma vale dice scudetti da un’altra parte”.

Il tuo rapporto con Capello.
“Ho sempre rispettato sia la persona che l’allenatore. Ho sempre avuto un buonissimo rapporto con lui. Quando è andato via c’è stato un piccolo screzio, ma è finita là, anche perché è uno degli allenatori che ho sempre stimato e stimerò sempre”.

Perchè diverso vincere a Roma?
“Per me è l’ambiente che è difficile. Io, fortunatamente, ho la possibilità di conoscerlo, so cosa vorrebbero dalla squadra. Però, purtroppo, non sempre nel calcio si possono trovare cose che tutti vorrebbero. E’ difficile è un ambiente in cui tutti vogliono sempre vincere e sappiamo anche perchè non si vince sempre…”

L’anno dopo lo scudetto sono arrivato io (Panucci ndr) e tutti dicevano che la Roma era ancora più forte di prima, ma non riusciva più a vincerlo. Perché è così difficile confermarsi a Roma?
“Più che confermarsi abbiamo avuto la possibilità di vincere non solo l’anno dopo ma anche in quelli successivi, finché c’era Capello. Purtroppo abbiamo sbagliato le partite più importanti, due o tre di quelle decisive, ed è cambiato tutto”.

Nel 2003 esce il tuo libro delle barzellette. Da dove nasce questa idea?
“L’idea era quella di fare dell’autoironia, perché in quel momento c’erano troppo persone che mi prendevano in giro, soprattutto sulla vita privata, e mi dava fastidio. Allora sono voluto tornare indietro, ho voluto ripartire da zero e scherzare su me stesso. Credo sia stata la cosa più bella che potessi fare”.
Nel 2005 conosci la persona più importante, Ilary. Che ricordo hai di quel periodo?
“Ilary, per me, è tuttora importante perché mi trasmette serenità, è una persona tranquilla, gioiosa, mi ha aiutato nei momenti difficili che ho attraversato in alcuni anni. E’ una persona intelligente e una mamma perfetta, una persona davvero speciale, sempre solare, e poi mi ha dato questi due gioielli. Perciò è una persona indiscutibile”.

Meglio “Vi ho purgato ancora” o “6 unica!”?
Due cose differenti che difficilmente dimenticherò

Vi ho purgato ancora” da dove è nato?
E’ stato un gesto istintivo perchè alcuni tifosi prima della partita mi dissero di far vedere la maglia. Al derby è difficile, non sono mai decisivo…

Era Spalletti.
“Ha avuto questa idea a Genova, contro la Sampdoria, mancavano quattro attaccanti e mi disse: “Te la senti di giocare da prima punta?”. Mi son detto “Proviamoci, i piedi sono quelli”. Al massimo finisce 0-0. Invece, da quella domenica ho segnato e non mi ha più tolto da lì. In quel momento ho capito che quello era il ruolo che preferivo”.

L’infortunio prima di Germania 2006
“Ho un ricordo bruttissimo, è stato il mio primo serio infortunio. Ho subito capito che fosse grave, tenevo la caviglia, ma era come se non ce l’avessi. Durante l’intervento ho pensato a tutto. Avevo paura, pensavo al mondiale e poi, con la forza e la determinazione che ho sempre avuto, sono riuscito a uscirne fuori”.

Quanto ti ha fatto crescere?
“Tanto, perché ho capito alcuni aspetti di me stesso. Ho capito che potevo tirarmi su anche da solo”.

Quanto sei grato a Lippi?

“Lippi il giorno dopo l’intervento venne a Villa Stuart e già mi fece piacere che mi fosse venuto a trovare e poi mi disse: “tu vieni anche così, o ce la fai o no ce la fai vieni anche così” e da li mi ha dato la forza di ripartire e di accelerare i tempi perchè una persona che con questa umanità che voleva assolutissimamente che io andassi ai Mondiali mi ha fatto accelerare tutto sia mentalemente che fisicamente perciò sono grato a lui e poi abbiamo vissuto questa emozione insieme in Germania di vincere i Mondiali insieme, l’ho abbracciato e gli ho ricordato che quel giorno era stato importante”.

Con Spalletti, a livello europeo, la Roma ha accresciuto il suo prestigio.
“Sì, soprattutto in Champions League, abbiamo fatto dei miglioramenti anno dopo anno. Purtroppo, l’episodio di Manchester ci ha fermato e non ci ha permesso di realizzare quello che volevamo tutti vincere la Champions qui a Roma. E’ difficile vincere la Champions, non impossibile perché niente è impossibile. Ma vincerla sarebbe stato un privilegio”.

Che ricordo hai del 7-1 di Manchester?
“Speravo che la partita finisse il prima possibile, perché era un incubo. Facevano bene a entrare da tutte le parti, perché quando una squadra ha la possibilità di asfaltare è giusto che lo faccia”.

Nello spogliatoio eravamo tutti umiliati e tu facesti una battuta e dicevi: “Non avevo detto di usare la play station 3 dovevate usare la 2 che era meglio”

Fu una sconfitta umiliante per noi e per i tifosi della Roma, dovevamo sdrammatizzare, era battuta che ci stava, ci ha fatto ridere, ormai era successo.

In quel periodo, in Italia, l’Inter era la squadra più forte?
“Sì, purtroppo abbiamo incontrato l’Inter più forte di tutti i tempi, era devastante. Speravamo di vincere lo scudetto, purtroppo non ci siamo riusciti”.

Ti sarebbe piaciuto lavorare con Josè Mourinho?:
“Mi sarebbe piaciuto lavorare con lui. Conosco dei giocatori che ci hanno lavorato e mi hanno detto che è una persona oltre che un professionista di alto livello. E’ un tecnico che dà tanto“.

Nel 2007 scarpa d’oro, sembrava l’atto finale di una carriere ma sei ancora qua…

La vincita della scarpa d’oro è stata una fortuna. La squadra mi ha aiutato a vincerla e come ho sempre detto e ribadisco ancora oggi la vincita della scarpa d’oro è stato merito tuo (di Panucci ndr) e di tutti gli altri calciatori che mi hanno permesso di vincerla

La famiglia Sensi che è stata molto importante nella tua carriera…
Per me la famiglia Sensi è stato tutto, ho vissuto i miei ventanni della mia cariera con loro. E’ stato ed è tutt’ora un ricordo positivo, non ho mai avuto screzi né con Franco né con Rosella. Ho avuto, anche grazie a loro, la possibilità di indossare solo una maglia

Adesso che aria si respira?
Aria nuova, aria importante, un’aria che tutti volevano, ossia noi giocatori che i tifosi.

Vi siete chiariti con Baldini?
E’ stato strumentalizzato tutto, anche quando è venuto a Roma c’è stato un chiarimento che è durato 30 secondi con lui ho avuto sempre un bellissimo rapporto, sia ora che nel futuro perchè dovremo lavorare insieme e quindi abbbiamo tutte le carte regola per lavorare insiem

Hai già pensato al tuo futuro da dirigente?
Ancora no, penso ancora da giocatore e quando getterò la spugna penserò a fare il dirigente.

Il progetto Luis Enrique ti piace?
Si perchè è un allenatore che ha portato una nuova mentalità. Non dico un nuovo gioco perchè per me quello deve essere uguale, però ha delle prospettive e idee importanti e noi fortunatamente gli stiamo dietro per capirlo il prima possibile.

In questo progetto quali sono i tuoi obiettivi?

Vincere qualcosa prima che smetto, anche perchè parlando con i dirigenti mi hanno detto che faranno una grande Roma.

Tutti ti volevano, sei mai stato al punto di andartene?
Si alcuni anni c’è stato la possibilità di andarmene, ho sempre voluto però vestire questa maglia, non mai voluto tradire i tifosi della Roma ed è stato uno dei risalutati più importanti nella mia carriera.

Se tu fossi Baldini cosa diresti a De Rossi?
“Gli direi…O firmi, o..firmi. Perchè sei romano e della Roma e fai parte di questo progetto. Quindi…Firma a qualsiasi cifra (e ride) No, a parte gli scherzi spero che Daniele possa firmare il prima possibile”

Quanti scudetti meritava in più la Roma?
Cinque. 2/3 con Capello, 1 vinto, 2 con Spalletti, 1 con Ranieri, che abbiamo perso noi. Sei scudetti con la Roma potevo pure smettere.

Che fine farà la maglia numero 10 quando smetterai?
L’importante che venga indossata come ho fatto io. E’ una grande responsabilità, anche perchè il numero 10 non lo può indossare un difensore, compreranno un nuovo Totti, sperando che ci sia

Paragonano te e Ilary a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello…
Loro erano la coppia italiana perfetta, un mito per tutti, due persone eccezionale, squisite, bellissime da vedere. Un giorno chissà, certo imitare loro è impossibile, però più in la ci penseremo.

Su Panucci

Ti ho sempre stimato come calciatore che come persona. Ci siamo frequentati anche fuori dal campo, ti ho sempre portato rispetto e nel calcio difficile. Tu sei una persona vera e dici quello che pensi in faccia a tutti e questo ti rende una persona vera.

Photo Credits | Getty Images

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