La Roma è l’ombra di se stessa, quinta in classifica con le prime quattro a distanze siderali non tanto dal punto di vista del distacco in classifica quanto nello spirito, nella determinazione e nel gioco. I giallorossi hanno alle spalle un Sassuolo ambizioso, vincitore a San Siro contro l’Inter e con una partita in meno, virtualmente una squadra appaiata ai giallorossi. I neroverdi però stanno mettendo in mostra un gran gioco senza avere una rosa stellare, la Roma al contrario si sta imbruttendo sempre di più ogni settimana che passa nonostante il mercato estivo ed i proclami di inizio anno. Così non si può più andare avanti e proprio oggi pare che un barlume di saggezza abbia colto le segrete stanze di Trigoria per provare quantomeno a scuotere un’ambiente inizialmente rabbioso, poi via via sempre più apatico, distaccato, confuso e disamorato specchio della squadra vista contro Chievo e Milan e dello stadio visto in questi ultimi mesi: un monumento nel deserto.
Proprio il secondo tempo dei rossoneri, più vivi, più grintosi, più sul pezzo anche se evidentemente più scarsi, è stato un cazzotto diretto allo stomaco per ogni sostenitore giallorosso. La Roma invece si è mostrata squadra slegata, senza grinta, senza gioco, senza possibilità di sovvertire un destino ineluttabile spentosi sul piede poco educato di Kucka e sulla fortunata traversa di Bacca. In campo volti stravolti, un De Rossi visibilmente stanco fin dal 20esimo del primo tempo ed inchiodato a terra per tutta la gara, un Florenzi ombra di se stesso, nervoso, fuori posizione, confusionario, un Nainggolan anche lui irriconoscibile spesso fermo a guardare i compagni rincorrere il pallone già prima dell’infortunio, un attacco improvvisato, senza idee con la solita palla a Gervinho o Salah e pedalare. Insomma una squadra inesistente, virtualmente già senza allenatore. Perché Rudi Garcia ormai non fa più notizia, è un disco rotto da molti mesi a questa parte: ripete sempre le stesse cose, le stesse frasi, le stesse scuse con “la preparazione” e “gli errori individuali dei giocatori” a fare da apripista a tutte le solite banalità ormai sciorinate senza riuscire però a mascherare quel minimo di vergogna che visibilmente lo attanaglia.
Adesso è ora di cambiare, per la Roma, per lui, per tutti. Pallotta sembra finalmente, e tardivamente, aver aperto gli occhi ma la frase “Sto per risolvere il problema” non fa comunque stare tranquilli i tifosi. Sono mesi, per non dire un anno, che la Roma ha un trend da quinto posto evitando sporadiche strisce di vittorie scemate sempre in una sfilza anonima di pareggi (20 tra l’anno scorso e quest’anno) conditi da un non gioco. Riguardo il presidente stona anche la frase “Se fossi a Roma le cose andrebbero diversamente”, come se qualcosa o qualcuno lo costringesse a non interessarsi al club in loco più di due volte all’anno, come se gli altri affari fossero più importanti della Roma, sulla carta ed in prospettiva il suo più grande business. Ma adesso tutte queste sono solo parole al vento, servono fatti concreti, nomi e volti che possano far risalire la Roma quantomeno per mantenere la dignità in questa seconda parte di stagione, per non iniziare la solita estate di delusioni condite da rivoluzioni sotto il sole che in fondo si sciolgono sempre ai primi freddi dell’inverno.
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