(BLOG AS ROMA – BRUTTI MA BUONI – FORZA-ROMA.COM) – Alla luce dei recenti dibattiti sulla mortificazione del "calcio champagne", sollecitati da ex allenatori più o meno illustri ed addetti ai lavori più o meno competenti, vale la pena rimarcare la distinzione concettuale tra bel calcio e buon calcio. Il primo è frutto della combinazione fra la corretta applicazione degli schemi e la spettacolarità delle soluzioni di gioco prescelte; il secondo prescinde sostanzialmente dalla meraviglia delle mosse e si rifà alla sola attuazione metodica del dettame tattico, ancorché affrancata dai fronzoli. E’ un po’ come nei tuffi: l’esercizio dal coefficiente di difficoltà altissimo, se eseguito male, è poco redditizio rispetto ad un gesto atletico meno complesso, ma proposto meglio. Il risultato ottimale, ovviamente, sta nell’equilibrio fra l’essenzialità della giocata e la capacità di riproporla sistematicamente in maniera confacente. Per questo, non credo a chi sostiene che la grande squadra sia quella in condizioni di vincere pur giocando male. Quando si gioca male, in linea di principio, si perde. Più propriamente, la grande squadra è quella che riesce a fare suo l’incontro anche con un tributo minimo di soluzioni, centellinando la fatica e risparmiando le energie. In tal senso, l’amministrazione della gara svolge un ruolo fondamentale sulla continuità del rendimento. Entrando in questo ordine di idee, vanno rivalutati, in chiave positiva, alcuni dei match disputati dalla Roma di Ranieri, frettolosamente tacciati di mediocrità. Evidentemente, la proiezione sul concreto del pragmatismo, teorizzato e professato dal tecnico romano, è tutta nei risultati. Certo, ci sarà molto da lavorare, prima che la praticità diventi la cartina di tornasole del nostro futuro buon calcio; ma se varrà a mettere tanto fieno in cascina, almeno noi, impareremo molto presto a fare a meno delle bollicine, con buona pace dei nostalgici del frizzante.