Per un periodo Aurelio Andreazzoli, avversario domani della Roma, a Trigoria fece addirittura tendenza. La percentuale che nel 2013 chiese a tutte le componenti della società per permetterle di tornare in alto («Se ognuno di noi darà lo 0,2%, questo 0,2% sommato agli altri ci farà raggiungere le vittorie»), venne preso alla lettera dai dirigenti. A tal punto che, da Zanzi a Baldissoni, passando per Baldini, Fenucci e Sabatini (ma anche tutti i dipendenti riuniti nella sala conferenze di Trigoria) si presentarono qualche giorno dopo indossando il cappellino ispirato alle parole dell’allenatore. Aurelio, meravigliato ma tronfio, si lasciಠandare ad una previsione nefasta: «Questo slogan avrà un buon seguito». Si sbagliava. Perchà© la sua avventura sulla panchina giallorossa non ebbe «un buon seguito». Anzi, si concluse con quella che il tifoso romanista – per chi per motivi anagrafici non ricorda la retrocessione nel lontano 1950-51 – considera il punto pi๠basso della storia del club: la sconfitta nella finale di coppa Italia contro la Lazio, 26 maggio 2013.
Probabilmente fu proprio in quel 1 marzo del 2013 – il giorno dell’annuncio dello 0,2% – che Andreazzoli iniziಠa perdere la panchina giallorossa. Ossia, quando si convinse che quello 0,2% poteva diventare – come poi dichiarಠin modo reiterato nelle conferenze stampa seguenti – una percentuale da far lievitare di settimana in settimana a favore di una sua conferma. Da Calimero della panchina, ben voluto e visto con simpatia da squadra (Totti lo conferma nel suo libro, raccontando quando Aurelio gli chiese di aiutarlo) e addetti ai lavori, il tecnico si trasformಠlentamente in una sorta di Icaro dei tempi moderni. Quasi che di colpo, i dodici anni a lavorare bene nell’ombra dovessero essere cancellati e dimenticati per far posto a quei cento giorni del 2013 quando, con Zeman esonerato, divenne traghettatore.
L’INCOMPRESO – Una metamorfosi che ancora adesso non gli fa capire cosa ha significato per la tifoseria della Roma il 26 maggio. In un’intervista di qualche mese fa, rilasciata a La Repubblica, Aurelio é tornato sul periodo giallorosso: «Mi hanno massacrato perchà© in quella gara abbiamo preso un palo e loro hanno segnato su una mezza smanacciata di Lobont. Nessuno perಠricorda i miei numeri sulla panchina». Puಠdarsi, ma per un semplice motivo. Perchà© non cambiarono nulla nelle sorti del club. Al netto della debacle nel derby, Andreazzoli racimolಠ28 punti (8 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte) nelle ultime 15 giornate, passando dalla media di Zeman di 1,5 punti a gara ad una pari a 1,9 punti per match. Trend leggermente migliore che tuttavia non portಠa nulla. L’allenatore di Massa prese a febbraio una squadra ottava e fuori dalle Coppe e la lasciಠsesta, fuori dalle Coppe, a 4 punti dall’Udinese e con l’onta del derby perso in finale di coppa Italia. Ma c’é di pià¹. Perchà© il suo compito, all’epoca, quando venne promosso in prima squadra, pi๠che di salvare una posizione nell’Europa che contava (la Champions era ormai lontanissima), era quello di rivalutare una rosa che rischiava di perdere valore.
Perchà© se a Zeman veniva riconosciuto il merito di aver lanciato Marquinhos e di aver fatto esplodere Lamela, lo si accusava, off record, di aver deprezzato i vari De Rossi, Stekelenburg, Pjanic e in parte Osvaldo. Posto fine al dualismo con Tachtsidis, tuttavia il rendimento di Daniele in quella stagione non migliorà². Stekelenburg, lasciando il finale di campionato a Lobont, diede ragione a Zeman, che lo accusava di avere una soglia del dolore molto lieve che lo rendeva indisponibile per intere settimane. Lamela, dopo l’addio del boemo, spara dal campo con Pjanic e Osvaldo addirittura esclusi dalla finale di coppa Italia. L’italo-argentino, al quale venne preferito Destro (pupillo dell’ex ds Sabatini all’epoca, ndc), non la prese benissimo. Dopo il battibecco in campo con il tecnico, l’attaccante ci andಠgi๠duro su Twitter: «Facevi pi๠bella figura se ammettevi di essere un incapace, vai a festeggiare con quelli della Lazio». Parole che chiusero la sua avventura in giallorosso. E quella di Aurelio, che ancora oggi, dopo 5 anni, non si capacita perch੠«nessuno ricorda i miei numeri sulla panchina della Roma».