La rinascita di Jeremy Menez

Il Messaggero – Dietro la rinascita di Jeremy Menez c’è lo zampino del fido di Ranieri ma soprattutto il francesino che si è voluto mettere in discussione per tornare alla ribalta con la maglia della Roma. C’era una volta un Jeremy Menez: quello indolente, quello che non giocava quasi mai, quello che quando andava in campo veniva impiegato da esterno, quello sempre infortunato, quello che litigava con Ranieri e quello con mille problemi fisici, quello che non sorrideva mai. Ecco, quel calciatore non esiste più. Ora c’è un altro Jeremy Menez: quello che si allena con maggiore intensità, quello che cerca di capire meglio il club e la fortuna che ha nel indossare una maglia come quella della Roma in una città importante comeRoma, quello che pur di giocare con continuità si è messo a rincorre gli avversari come Brighi e De Rossi (due nomi a caso, nessuno si offenda), dando modo a Ranieri di mandare in campo una formazione più spregiudicata, con la presenza sua, di Vucinic e Totti contemporaneamente, quello che continua anonsorridere,mava bene, chi se ne importa. Merito suo? Sicuro. Tutt’altra applicazione. Ma anche merito di chi ha agito su di lui, e pure duramente. Vedi Ranieri, che lo ha redarguito pubblicamente ( a mezzo stampa e davanti a tutti i suoi compagni), lo ha punito (costretto a seguire la squadra in trasferta anche se sarebbe andato in tribuna, tipo Catania), e pian piano lo ha addrizzato. Poca carota, molte bastonate. Menez ha capito che certi fronzoli fini a se stessi non servono. Sono belli da vedere, ma poco funzionali. Ora è più efficace nelle giocate, più al servizio della squadra, che non di se stesso. Assist tanti, golancora pochi, uno solo in campionato. Non fa la punta, gioca da trequartista, quello che è sempre stato il suo ruolo naturale, o dietro una punta,come al Meazza contro l’Inter, oppure dietro due attaccanti, come con il Bari domenica scorsa. Aiuta i centrocampisti, come detto, rincorre gli avversari. Si sacrifica in un ruolo doppio. Non è ancora al top e spesso a fine gara esce con la lingua di fuori. Ma grazie a certi suoi movimenti non solo da attaccante, Ranieri riesce a proporre un 4-2-3-1 con tre uomini offensivi là davanti. In casa, per ora. Ma anche in trasferta, forse: a Bergamo probabilmente si rivedrà la stessa squadra, con lo stesso modulo e stessi interpreti. Con il francese alle spalle di Vucinic e Totti. Dietro la rinascita di Menez c’è Christian Damiano, fedelissimo vice di Ranieri. Francese anche lui. Capace, dunque, di capirlo, di svegliarlo, di stimolarlo. Ha contribuito a fargli mettere in evidenza il suo estro, il suo genio, la sua capacità di saltare l’uomo, di inventare la giocata vincente. Magari anche di inserirlo un po’ di più in un gruppo che fino a quel momento lo vedeva come un corpo estraneo. Jeremy ha passato praticamente il primo anno solo al fianco di Mexes, suo compagno e compare, oltre che suo connazionale. Sempre imbronciato, sempre poco incline al sorriso, svogliato. Si sentiva un genio incompreso.Inluisi erainculcata la convinzione che sbagliavano gli altri e lui non faceva un passo in più per riequilibrare la situazione. Pian piano ha capito che doveva cambiare atteggiamento. Così è stato. Nelle ultime tre partite, Ranieri lo ha mandato in campo dal primo minuto, anche se lo ha sempre sostituito nei finali di gara. Tre partite di seguito, cosa che non gli era capitata mai, per un motivo o per un altro. Spalletti lo ha impiegato sia contro il Genoa sia contro la Juventus, poi l’attuale allenatore lo ha riproposto dal primominuto direttamente all’ottava giornata. Nelle prime partite lo ha messo sempre in naftalina: panchina e tribuna. Il broncio del francesino aumentava, ma la sua metamorfosi stava per cominciare. Fino a quando lo ha mandato in campo al Meazza, contro il Milan, dove ha realizzato il suo primo e unico gol in campionato. Lì, la sua migliore prestazione fino a quel momento. In un colpo solo ha dimenticato la passata stagione e l’estate scorsa, quando ha chiesto di andare via. Jeremy ora sogna il Mondiale. Forse è un po’ troppo. Ma chissà. Perrotta non sta benissimo, ieri è stato messo a riposo precauzionaleperacciacchimuscolari di varia natura. Ma contro l’Atalanta ci sarà. De Rossi spera in un posto contro i nerazzurri: sicuramente (o quasi) verrà convocato.Torna Juan,magiocherà? Non c’è certezza. Mercato: Kuranyi è unobiettivo, ma per giugno. Per gennaio qualche problema in più c’è. Zigic? Sì, non in prestito, dice il suo procuratore.

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