Rassegna Stampa | CorSera | Il Corriere della Sera dà molti meriti della vittoria del derby al mister Montella, capace di trasformare la squadra di Donetsk in pochi giorni.
Le partite si vincono quasi sempre prima che l’arbitro fischi l’inizio e Vincenzo Montella ha incominciato a vincere il suo primo derby da allenatore della Roma mercoledì mattina, al ritorno dalla trasferta di Donetsk. Aveva tra le mani una Roma eliminata dallo Shakhtar, con De Rossi sul banco degli imputati per la gomitata a Srna e Borriello che aveva sbagliato il rigore innescando un altro caso, peggiorato il giorno dopo con un’improvvida intervista a «Sport Mediaset. it» .
In poche ore Montella è riuscito a resettare la mente dei suoi giocatori e li ha presentati nel migliore dei modi per un derby che, se perduto, poteva far precipitare la Roma in una crisi irreversibile. Al contrario, Reja non è riuscito a preparare bene la gara e poi l’ha gestita in modo anche peggiore, sbagliando tutti i cambi. La personalità non si compra al mercato e se la sua Lazio ha perso 4 derby su 4 un motivo ci sarà. Con quello sul conto di Ballardini— l’andata del campionato scorso — sono cinque le vittorie consecutive della Roma e in città sono già partiti due tormentoni che dureranno a lungo: la manita, cioè la mano aperta con le cinque dita a segnalare le cinque vittorie e le magliette già vendute fuori dallo stadio Olimpico con la scritta «Give me five!»
Nella Roma ci sono stati due dominatori, altamente simbolici: Totti e Pizarro. Il cileno, recuperato da Montella dopo l’ostracismo di Ranieri, è stato il centro di gravità permanente del gioco. Il capitano ha fatto di tutto: è tornato al gol che, nella stracittadina, gli mancava dal 23 ottobre 2005; ha sfoderato una nuova maglietta con dedica per Ilary («6 sempre unica» ); ha fatto impazzire di rabbia i giocatori della Lazio facendo scorrere il tempo nei minuti finali vicino alla bandierina del corner; ha dedicato la vittoria alla famiglia Sensi, che lascerà la presidenza nei prossimi giorni, come ufficializzato da Rosella Sensi a fine gara: «Da presidente in fase di uscita mi sento onorata di aver potuto guidare questa squadra e questi ragazzi nel nome della mia città. È l’ultimo derby da presidente e non posso non dedicarlo al presidente, mio padre, Franco Sensi» .
A Boston, davanti alla tv, il prossimo presidente giallorosso Tom DiBenedetto ha capito quanta passione ci sia dietro un derby vinto: «È stata una bella partita: ho visto lo spirito giusto, la voglia di sacrificio e la disponibilità di tutti i giocatori. Totti, in particolare, ha dimostrato quanto possa fare la differenza» . La Lazio è sembrata paralizzata, per l’ennesima volta, davanti all’occasione di dare un colpo da k. o. calcistico all’avversario. Dove serviva la personalità, i laziali ci hanno messo soltanto l’isteria nel finale di partita, con la doppia espulsione di Radu (assurda testata a Simplicio a gioco fermo) e di Ledesma (proteste dopo la concessione del rigore del 2-0, per altro il migliore di una squadra irriconoscibile come la sua maglia da gioco che ricordava quella della Pro Patria o dei Queens Park Rangers).
Reja e il presidente Lotito si sono molto lamentati, a fine gara, perché Totti avrebbe provocato gli avversari perdendo tempo nel ritardare ad arte la battuta di calci d’angolo e punizioni. È vero che, dall’ 84’ all’ 89’, praticamente non si è giocato, ma la colpa principale è stata del gesto violento di Radu, che ha fatto perdere almeno due minuti tra rissa ed espulsione.