La ridda di nomi che puntualmente avvolge e travolge il creato giallorosso, è sintomatica di una tradizione antica; tuttavia, gli effetti che oggi produce sullo stato d’animo del tifoso romanista testimoniano una percezione nuova. Vorrei usare il termine disillusione, ma sarebbe eccessivamente polemico. Creare aspettative serve a mantenere viva l’attenzione sull’intero movimento, nell’interesse di tutti. Ma quando travalichi il confine, generi un inutile caos. Alla fine, ti ritrovi a litigare sulle competenze professionali del sig. Pradè, il quale, ovviamente, non sarà mai un bravo dirigente, semplicemente perché non riuscirà mai a portare a Roma tutti i calciatori che ciclicamente vengono accostati ai nostri colori. Eppure, scrutando nei meandri del polverone, scorgo la quadratura del cerchio, molto più vicina di quanto si possa immaginare: la conferma dei giocatori più bravi; una rivalutazione seria delle risorse interne, fatte di giovani promettenti ed atleti sottovalutati; gli acquisti già perfezionati. Se trattieni gente come Brighi, Mexes e Guberti, se riconsideri la posizione di valide alternative quali Antunes, Rosi ed Okaka, se credi davvero nella bontà dell’ingaggio di Adriano e Simplicio, l’unico ruolo dove verosimilmente puoi ancora intervenire con la convinzione di migliorare, resta l’esterno destro di difesa. Ottimi i nomi di Isla, Behrami ed Ebouè. Non occorrono cessioni propedeutiche, nessun tesoretto da riesumare: ne basta uno… A completare l’opera il riscatto di Burdisso ed uno sfoltimento intelligente. Poi, è chiaro, ognuno ha il suo pallino ed è giusto che sia così; il mio, per esempio, risponde al nome di Valdes… Ma prima di accapigliarci per la ciliegina, occorrerebbe prendere coscienza della torta, senza l’obbligo di regalare encomi, per carità, ma evitando di cedere all’inganno secondo cui un buon mercato passa attraverso un elevato numero di transazioni. Niente frenesie, la notte si deve dormire; vale anche per Pradè…