Parnasi voleva abbandonare l’affare stadio

C’é una sorta di via d’uscita che potrebbe salvare, magari in tempi non necessariamente lunghi, il progetto Stadio. Via d’uscita che, in ogni modo, di incognite ne presenta comunque tante, ed é parzialmente contenuta proprio nell’ordinanza di arresto, in cui il Gip riferisce di una trattativa fra Parnasi e il suo gruppo e uno dei pi๠importanti fondi di gestione del risparmio, la DeA Capital Real Estate.

La DeA Capital é una società  per azioni, fondata nel 2000 da Carlo De Benedetti (editore di Repubblica), con sede a Milano, acquisita nel 2007 dal Gruppo De Agostini che la rinomina in DeA Capital. Secondo il Gip «é emersa la volontà  di Parnasi di vendere il terreno sul quale sorgerà  lo Stadio nonchà© il progetto complessivo, comprensivo di autorizzazioni», fino ad ora conseguite, come «la convenzione urbanistica con il Comune di Roma si legge ancora nell’ordinanza sottoscritta dal soggetto che in quel momento risulterà  proprietario». L’operazione, secondo la DeA – che precisa di non essere coinvolta nell’inchiesta – era solo in una fase preliminare, mentre nelle carte il Giudice per le indagini preliminari scrive che era «(…) in fase conclusiva. Dall’ascolto di alcune comunicazioni emerge che si sta stipulando un accordo non vincolante e nei prossimi mesi é prevista la firma del preliminare».

Parnasi da questa operazione avrebbe guadagnato «200 milioni di euro» a fronte di una spesa per l’acquisto delle aree di «42 milioni, pagamento per altro non ancora ultimato» con un incremento di 5 volte il valore iniziale ovviamente dovuto «alle autorizzazioni amministrative, tra cui primeggia la variante urbanistica». Una soluzione, questa della vendita, che secondo “radio Trigoria” alla Roma sarebbe andata a genio e che, comunque, era considerata assolutamente ovvia visto che Parnasi non aveva la liquidità  economica per affrontare la costruzione di un progetto cosa imponente, anche nella versione ridotta della Raggi.

Nel frattempo sembra chiarirsi lo scenario futuro che potrebbe consentire, certo non in tempi brevissimi, il ripescaggio del progetto. Al momento la Procura non ha ritenuto di compiere il sequestro di nessun atto dell’iter nà© chiedere l’interdizione della società  Eurnova, limitandosi, pur contestando un reato associativo, a procedere alle misure cautelari personali per Luca Parnasi e i suoi pi๠stretti collaboratori. Quindi, il giudice per le indagini preliminari non ha potuto provvedere alla nomina del curatore, mancando l’istanza della Procura. Percià², due appaiono le strade percorribili: la prima, l’assemblea dei soci di Eurnova si riunasce e nomina un nuovo amministratore. Oppure, non riuscendo in questa nomina, l’assemblea si rivolge al giudice civile ordinario per la nomina di un curatore. Nuovo amministratore o curatore che potranno riprendere il progetto di vendita che Parnasi stava concludendo. In questo modo, con il subentro di una nuova società  tutto l’iter si potrebbe rimettere in moto. Anche se il subentro di una nuova società  proponente obbligherebbe il Campidoglio ad effettuare nuovamente controlli preliminari sulla solidità  e probità  del nuovo partner della A.S. Roma. La tempistica, per una soluzione del genere, non sarà  breve: difficile ipotizzare un tempo inferiore ai 6 mesi per far ripartire la macchina.

(Il Tempo, F. Magliaro)

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