Serie A, India e Messico superano il campionato italiano per media spettatori

ROME, ITALY - MARCH 09: A general view of the empty stands of Stadio Olimpico during the Serie A match between SS Lazio and Atalanta BC at Stadio Olimpico on March 9, 2014 in Rome, Italy.  (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

Rassegna Stampa Forza-Roma.com – Il Fatto Quotidiano, T. Rodano – Per vedere lo stadio Olimpico pieno c’é bisogno della palla ovale. Malgrado un’irriducibile tradizione di sconfitte (sabato contro gli All Blacks non ha fatto eccezione), l’Italia del rugby continua a riempire le gradinate. Le stesse che restano praticamente deserte da pi๠di un anno, domenica dopo domenica, quando giocano Roma e Lazio. L’ultimo provvedimento che ha contribuito a svuotare l’Olimpico sono le barriere di vetro che tagliano a metà  la curva Sud e la curva Nord, i settori che una volta si definivano “popolari”, la casa del tifo organizzato. Decisione della questura, con ordinanza del 28 luglio 2015: dividere le curve, per le forze dell’ordine, aiuta a garantire controllo e legalità . Per i gruppi ultras, invece, é l’ennesima provocazione di una lunga serie (iniziata con la “tessera del tifoso” voluta dall’ex ministro dell’Interno Maroni nel 2009), con l’obiettivo (riuscito) di tenerli fuori dagli stadi.

Il risultato é che l’Olimpico é diventato un deserto di ghiaccio, un teatro mastodontico, inospitale e silenzioso. Una cartolina perfetta dell’intero movimento calcistico nazionale. Anche dove non ci sono barriere, infatti, la fuga dalle gradinate é generalizzata. I numeri delle prime 12 giornate di serie A sono sconfortanti. La media spettatori diminuisce ancora: dai 22.221 della passata stagione ai 21.516 dell’attuale (fonte: il Report 2016 della Figc). Non basta la timida crescita delle milanesi. L’Inter, che guida la classifica del pubblico, porta a San Siro una media di 47.989 persone (quasi 2.500 pi๠che nello scorso campionato), il Milan passa da 37.861 a 38.521. Cifre influenzate dal fatto che entrambe le squadre hanno già  affrontato in casa la Juventus, con grandi numeri al botteghino. Roma e Lazio sono disastrose. I giallorossi perdono * quasi 6mila spettatori di media e scendono a 29.011. Una cifra raccapricciante, per la storia del tifo romanista: 15 anni fa, nella stagione dell’ultimo scudetto, l’Olimpico era gremito da 64.271 spettatori a partita. Per quanto riguarda i biancocelesti, invece, il rito domenicale é diventato appuntamento per pochi intimi: 15.850 spettatori (l’anno scorso erano 21.025, quindici anni fa oltre 47mila). Puಠsorprendere il crollo del Napoli: malgrado uno dei pubblici pi๠caldi d’Italia e una squadra ormai stabilmente nell’à©lite del calcio italiano, la gente diserta lo stadio (in polemica con il caro biglietti del presidente De Laurentiis): dai 38.760 spettatori della passata stagione ai 26.049 dell’attuale. Pochi tifosi e stadi enormi: é il sistema Italia. Il load factor é la percentuale di riempimento degli impianti: l’Olimpico rimane vuoto per il 59% quando gioca la Roma e per il 77% quando gioca la Lazio; San Siro per il 41% con l’Inter e per il 52% con il Milan; il Napoli ha lasciato deserti il 57% dei seggiolini del San Paolo.

L’unica isola felice, tra le “grandi”, é la Juventus con il suo stadio di proprietà , che riempie ogni domenica per il 95,6% (la media spettatori é passata dai 38.662 del 2015 ai 39.678 di questa prima parte di campionato). Il load factor complessivo della serie A é del 59,72%: quasi la metà  degli impianti resta vuota. Il confronto con il resto d’Europa é imbarazzante. In Germania gli stadi sono gremitissimi ovunque e la media é di 43.526 spettatori a partita (stagione 2014-2015). In Inghilterra, dove gli impianti sono pi๠piccoli – ma sono gioielli – é di 36.179, in Spagna 26.835 e in Francia 22.251. Persino in Messico (25.557) e in India (25.371), la gente va allo stadio pi๠che in Italia. Questione di soldi La fuga é un fenomeno ormai consolidato da anni. àˆ stata analizzata, spiegata e raccontata molteplici volte e in molteplici maniere. Chi indica gli impianti brutti, vecchi e inadatti, in cui la partita si vede male (ma perchà© allora si é svuotato anche San Siro, la “Scala del calcio”?). Chi i provvedimenti repressivi nei confronti del tifo organizzato (come a Roma) e l’infinita burocrazia dei controlli (tornelli, prefiltraggi, perquisizioni) che rende l’accesso alle tribune una specie di corsa a ostacoli. Chi, al contrario, considera gli stadi troppo pericolosi (ma gli incidenti sono avvenuti regolarmente a qualche chilometro di distanza). Ogni punto di vista racconta un pezzetto di verità . C’é un unico fatto difficilmente contestabile: nessuno lavora per invertire questa tendenza. Non ne hanno interesse le forze dell’ordine: gli stadi vuoti – e privati della componente socialmente pi๠“impegnativa” – si controllano facilmente. Non ne hanno interesse le televisioni, per ovvi motivi: quei trentamila spettatori in meno all’Olimpico rispetto alla Roma dello scudetto, non hanno smesso di vedere la partita: sono passati dalla tribuna al salotto. Il valore economico del giocattolo puಠessere penalizzato dallo spettacolo deprimente delle curve vuote? Forse, infatti Sky e Mediaset non le inquadrano mai. In fondo, non ne hanno interesse nemmeno i club, come spiegano altre cifre illuminanti nel report della Figc. I ricavi da biglietteria delle squadre di serie A sono diminuiti in maniera meno che proporzionale rispetto alla diminuzione dei tifosi: erano 252 milioni di euro nel 1990, 239 milioni nel 2000 e 221 milioni nel 2015. Nel frattempo, perà², sono diventati una parte poco rilevante nei bilanci delle società . Nel 1990 gli stadi producevano da soli oltre un terzo dei ricavi complessivi (253 milioni su 641). Oggi i tifosi sono molto pi๠convenienti quando restano a casa: nel 2015 i diritti radiotelevisivi hanno riempito le casse della serie A con un miliardo e 32 milioni di euro, mentre biglietti e abbonamenti producono un quinto di quel valore. Una partita dal vivo senza tifosi non ha alcun senso. Ma a quanto pare il disturbo é ben retribuito.

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