L’amore è Dzeko, ma Spalletti ci vede benissimo: tutte le indicazioni tattiche in vista della sosta di ottobre

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La Roma batte l’Inter 2 a 1 e mai come questa volta l’amore è Dzeko (riprendendo una geniale frase della clip di Serie Romanista che consiglio di vedere) ma Spalletti ci vede benissimo. La partita contro i nerazzurri infatti ha chiuso il primo ciclo d’incontri in Serie A, ed ha dimostrato che la Roma ha bisogno del suo centravanti e di numerosi altri elementi che devono essere messi nei ruoli giusti per rendere al massimo. E’ troppo presto per dare giudizi definitivi ma la prima serie d’incontri ha tracciato la nuova strada intrapresa dal mister, già percorsa con decisione fin dalla scorsa estate, seppur con qualche aggiustamento. Indicazioni importanti in vista della difficile partita contro il Napoli al San Paolo, al rientro dei calciatori dalle varie Nazionali.

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Wojciech Szczęsny sarà il portiere titolare questa stagione. Con buona pace degli 8 milioni spesi per Alisson.

PORTA: SZCZESNY SICURO DEL POSTO.
DIFESA: BRUNO PERES E FLORENZI, A SINISTRA ED A DESTRA, SBILANCIANO TROPPO LA SQUADRA. SERVIRANNO MARIO RUI E RUDIGER. 

Szczesny è il titolare della Roma, ormai non sembrano più esserci dubbi, nonostante Allison sia il calciatore sul quale la società ha investito una somma importante (8 milioni). Ma in campo non ci vanno i soldi, bensì la qualità dei giocatori al netto delle polemiche sterili esterne alla Roma su chi debba o meno giocare.

La difesa: i due centrali attualmente sono Manolas, insostituibile, e Fazio, onesto e imponente difensore centrale con il proprio punto di forza nel colpo di testa e che, come tipologia di calciatore, ricorda l’ex Dellas. Da non considerare ancora Vermaelen; il belga è totalmente fuori forma, impacciato, ora alle prese con una pubalgia che non mai certezze sui tempi di recupero. Intanto Rudiger scalpita e sta recuperando dal grave infortunio subito a giugno; pochissimi dubbi sul fatto che il calciatore tedesco sarà l’altro centrale da affiancare al greco.

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Bruno Peres nuovamente a destra, la chiave tattica che può cambiare la difesa (e l’attacco) della Roma.

Il rebus terzini è quello più difficile da sciogliere, Bruno Peres ha dimostrato che non si trova a suo agio nel ruolo di terzino sinistro, sopratutto in una difesa a 4. In fase di ripiego viene saltato troppo facilmente, nei recuperi risulta troppo pigro, di testa anticipa raramente: emblematico il gol di Belotti contro il Torino dove il brasiliano viene attratto in mezzo prima di non eseguire la diagonale sul cross, movimento basilare di ogni fluidificante che si rispetti, nonostante avesse già notato la punta Azzurra in area (da notare anche l’errore di Florenzi in rinvio).

Proprio con i granata, la stagione scorsa, il calciatore era libero di sganciarsi e svariare in attacco, giocando praticamente da ala, grazie alla difesa a tre organizzata da Ventura. Con la Roma il compito si sta dimostrando molto più complesso e l’utilizzo a destra del giocatore, anche per sfruttare le sovrapposizioni ed i cross con il piede migliore (vedi gol di Dzeko contro l’Inter), sembra la scelta più congeniale, con buona pace di Florenzi. Proprio il calciatore italiano si è impegnato con costanza e dedizione nel ruolo di terzino destro in quest’ultimo anno ma è palese che i limiti difensivi e tattici sono troppo evidenti per impiegarlo stabilmente in quel ruolo, sopratutto in partite difficili ed equilibrate. La combo Bruno Peres/Florenzi, a meno di partite abbordabili, verrà scartata visti gli ampi spazi che entrambi lasciano alle proprie spalle in fase difensiva quando giocano entrambi. Il recupero di Mario Rui, terzino classico con tanta corsa, quantità e la giusta dose di cattiveria difensiva, riporterà l’assetto giallorosso nella sua concezione originale a partite dal 2017: Bruno Peres, Rudiger, Manolas, Mario Rui. Tra gli altri Juan Jesus che continuerà a giocare nel ruolo di jolly/tappabuchi preferibilmente da terzino sinistro, terzo centrale a sinistra in un’ipotetica difesa a tre in caso di cambiamenti tattici. Zero chance per Emerson Palmieri che, dopo qualche partita da condita da numerosi errori ed orrori, sembra aver tradito la fiducia dell’allenatore ed è sparito nuovamente dai radar.

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Daniele De Rossi, il ruolo di mediano davanti alla difesa sarà ancora suo con un Leandro Paredes ancora acerbo.

IL CENTROCAMPO: MENO TECNICA, PIÙ CORSA E QUANTITÀ. NAINGGOLAN PIÙ DIETRO PER TORNARE NEL VIVO DEL GIOCO.

In questa primissima fase di stagione si sono avvicendate diverse idee tattiche, alcune rilanciate, altre accantonate, che stanno dando forma al nuovo centrocampo della Roma di quest’anno. Partiamo dagli inizi, nel preliminare contro il Porto in trasferta Spalletti aveva esordito con la formazione provata lungo tutto il ritiro estivo: 4-2-3-1 con Dzeko punta centrale, Nainggolan da “trequartista”, Perotti nel ruolo naturale di esterno a sinistra. A farne le spese El Shaarawy. Una vera e propria rivoluzione rispetto al modulo con Perotti “Falso Nueve”, un cambiamento dovuto anche alla mancanza di piedi buoni a centrocampo visto il doppio addio di Miralem Pjanic e Seydou Keita, quest’ultimo estremamente sottovalutato nonostante sia stato titolare 11 volte su 18 partite (le ultime 3 era fuori per infortunio) dall’arrivo di Spalletti. Idealmente, nel nuovo scacchiere tattico di questa stagione, Leandro Paredes avrebbe dovuto prendere il posto del calciatore africano, Strootman quello del calciatore bosniaco, nonostante l’interpretazione totalmente diversa del ruolo di mezzala. Il tassello mancante, l’ultimo posto disponibile, spettava a Borja Valero, l’unico capace di ereditare il ruolo del bosniaco nella testa di Spalletti, non arrivato dopo la mancata qualificazione in Champions League.

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Kevin Strootman, chiamato a sostituire Miralem Pjanic ma solo numericamente in campo. I suoi compiti e le sue qualità sono ben diverse da quelle del bosniaco.

De Rossi si alternerà davanti alla difesa con Paredes anche se il numero 16, al netto di alcuni gravi errori e colpi di testa, ha dimostrato di essere ancora un elemento essenziale sopratutto per il bagaglio d’esperienza che si porta dietro. L’argentino sta risultando troppo compassato, troppo leggero, troppo acerbo e poco smaliziato nel ruolo di mediano davanti alla difesa. Difficile, se non impossibile, l’utilizzo di entrambi in contemporanea (vedi Roma-Porto), troppo statici, per nulla compatibili. Al fianco di De Rossi c’è la certezza Kevin Strootman, praticamente sempre in campo durante questa stagione. L’olandese non ha la qualità di Pjanic ma sa fare tutto mediamente bene, dalla fase d’interdizione fino alla fase di possesso. L’ultimo ruolo del centrocampo spetterà a Radja Nainggolan, proprio il ruolo del calciatore belga è ancora in via di definizione ma difficilmente tornerà a ricoprire il ruolo di trequartista puro. Il Ninja serve nel cuore del centrocampo ed avanzarlo al fianco di Dzeko, praticamente da seconda punta come visto in alcune uscite, sbilancerebbe un reparto meno completo rispetto alla scorsa stagione sopratutto da un punto di vista qualitativo. Il belga non è per niente un omologo di Perrotta, ha capacità d’inserimento ma sopratutto altre qualità più utili per la Roma e potrebbe anche giocare in coppia con Strootman in partite più offensive.

In ultima analisi proprio la bravura, la capacità di inventare l’ultimo passaggio è stata una mancanza della Roma di questa prima parte di stagione. E’ servito rispolverare Totti nel ruolo di trequartista per avere un calciatore geniale, capace di mandare in porta i compagni. Proprio la mancanza di idee, con un reparto troppo muscolare, sarà sicuramente una delle questioni da risolvere nell’immediato. Lo stesso Florenzi, trequartista dietro a Dzeko nella partita contro l’Inter alla Perrotta, tornerà sicuramente utile nelle rotazioni in questo reparto ed in questo ruolo piuttosto che in difesa. Gerson attualmente rimane un’incognita, per lui vale lo stesso discorso fatto con Alisson. Forse trequartista, forze mezzala, ha tempo per crescere e trovare un ruolo definitivo, il campo però lo vedrà con il contagocce. Si spera possa andare a giocare in prestito.

L’ATTACCO, DZEKO E’ LA CHIAVE

Edin Dzeko sbaglia, ha sbagliato e sbaglierà gol facili, non è un mostro di velocità e non è nemmeno un rapace d’area di rigore. Ma è l’unica risorsa, di alto livello, della Roma capace di svolgere il ruolo di centravanti classico. Contro l’Inter ha aiutato la squadra in lungo ed in largo attaccando tutti i contrasti aerei, vincendone oltre la metà (decisivo quello nell’azione del suo stesso gol, vedi video sotto), aprendo spazi per i compagni ed aiutando la squadra con le sponde. In Serie A, come ripetuto spesso da Spalletti, è imprescindibile avere un calciatore con queste caratteristiche. Chi non lo possiede soffrirà sempre nei momenti in cui non è necessario avere il possesso del pallone. A maggior ragione è la chiave in un sistema dove la mancanza di qualità a centrocampo, già analizzata, spesso costringerà la squadra a rilanci lunghi sul terminale offensivo. Salah insieme al bosniaco è l’altro calciatore ad avere sicuramente il posto fisso in attacco da esterno destro/seconda punta brava ad inserirsi sulle spizzate del gigante e sui lanci lunghi per rapidi contropiedi.

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Perotti e Salah, entrambi completano il tridente con Dzeko potendo sfruttare caratteristiche diverse.

Diego Perotti ormai è tornato a fare l’ala sinistra, uscendo parzialmente dal fulcro del gioco ma mettendosi a disposizione della squadra con la sua capacità di saltare l’uomo e di creare superiorità numerica sulla fascia. Non possiede ne la velocità di Salah, ne la rapidità di El Shaarawy ma tatticamente e tecnicamente è l’uomo d’equilibrio al quale Spalletti difficilmente rinuncerà. Proprio lo spostamento dell’argentino sta tarpando le ali a Stephan El Shaarawy che, più di tutti gli altri, è quello che soffre il cambiamento di modulo. Il Faraone è un esterno sinistro, stop. Non sarà mai una punta, non sa fare l’esterno di centrocampo e, da seconda punta ai tempi alle spalle di Balotelli, veniva risucchiato dai difensori centrali perdendo in rapidità, velocità e brillantezza. Iturbe si limiterà a giocare le partite d’Europa League e quegli incontri dove le difese potranno essere maggiormente attaccate in contropiede, magari a partita in corso. E Totti? Per lui basta il nome e quello che rappresenta, quando verrà chiamato in causa, da titolare o a partita in corso, sarà lui a trovarsi la posizione in campo, come fa da 20 anni a questa parte, ma non come alternativa a Dzeko come si affermava ad inizio anno, bensì come ulteriore supporto.

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La grinta di Spalletti e Manolas al termine di Roma-Inter. Dopo tutti questi discorso tattici la grande verità è questa: per vincere serve prima di tutto unione d’intenti, voglia, determinazione e carattere.

IL FUTURO, QUALE CAMPIONATO ATTENDERSI

Difficile già da ora fare una previsione esatta ma la Roma, sulla carta, è dietro a Juventus e Napoli. Rispetto ai bianconeri per valori ormai inconfutabili, rispetto al Napoli per i tantissimi interpreti e ricambi che hanno i partenopei e che la Roma non possiede non avendo incassato i soldi della Champions League. Proprio la mancanza di quest’ultima, se sarà superata da un punto di vista psicologico in fretta, potrebbe rivelarsi sicuramente un vantaggio, seppur minimo, ma i giallorossi dovranno sistemare assolutamente la fase difensiva per non incappare in alcuni sbandamenti evidenti mostrati in queste prime giornate, sopratutto in trasferta.

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