Balzaretti: “Pallotta dà forza ed entusiasmo. E’ malato di Roma, illumina tutto. De Rossi? Ce ne fossero di compagni e giocatori come lui”

Balza

Lunghissima “intervista” di Federico Balzaretti a Roma TV. L’appuntamento è con “Slideshow”, la trasmissione del canale Giallorosso che mette gli intervistati di fronte a delle immagini, da commentare. E’ il turno di Balzaretti, che non si fa mancare dichiarazioni toccanti, sul suo infortunio, la sua famiglia, De Rossi, Garcia e Pallotta.

La Mole Antonelliana.
Torino, dove sono nato e ho vissuto la mia infanzia. Mio papà si è spostato a lavorare lì negli anni ’70, poi siamo nati io e mia sorella. Città con cui ho un grandissimo rapporto, ci ho vissuto fino ai 25 anni. E’ una città alla quale sono legato, dove per motivi sono familiari torno meno, ma è una città bella. Ho ancora tanti amici lì, non sono del centro, mi piace molto la zona dove sono cresciuto. Sono stato fortunato, era adatta ai bambini. Facevamo grandi contro piccoli, c’erano i campi da tennis, era una vita vissuta all’aria aperta. Non c’erano computer, tecnologia, ma si viveva molto bene la strada e si cresceva in modo sano. I miei genitori non mi hanno fatto mancare nulla“.

L’esordio in A.
Era settembre, o la prima o la seconda di campionato. Ero in panchina, ero tornato dai prestiti a Varese e Siena, ci fu un’espulsione di Comotto, giocai laterale di destra. Ricordo bene l’esordio, esordire con l’Inter a San Siro fu come toccare il cielo. Non pensavo alla carriera, vivevo al momento, ero magrissimo. Sul fisico ho lavorato moltissimo, è stata una stagione sfortunata, siamo retrocessi, ma ho fatto una quindicina di partite in Serie A, sarò sempre grato a Camolese, ha avuto fiducia in un ventenne. Vuol dire che ha avuto fiducia in me, lo ringrazio“.

In Champions League a Brema con la Juve. 
E’ stata l’altra squadra di Torino di cui ho indossato la maglia. Passaggio difficile, tormentato. Ho vissuto mesi molto difficili dal punto di vista psicologico, son cresciuto nel Toro, ero tifoso del Toro. Avevamo vinto il campionato col Torino in B, verso la metà del mese di agosto ci fu il fallimento ed eravamo tutti svincolati. Avevo diverse opportunità, cercai di rimanere al Toro, parlai con la cordata precedente a Cairo ma non ci furono i presupposti per rimanere, era una cordata fantasma. Gli incontri non andarono bene, in quell’anno nasceva Lucrezia e avevo deciso di rimanere in città nonostante il passaggio fosse difficile. Ho avuto la forza di ritagliarmi uno spazio importante in una Juve parecchio forte, nella stagione del mondiale con 10 compagni in finale. Le 26 partite con loro mi hanno dato grande forza, il fatto di allenarmi con i campioni bianconeri mi ha fatto crescere. Ho avuto un allenatore come Capello, che si dice sia burbero: con me si è comportato in maniera splendida, mi faceva giocare le partite importanti, mi ha fatto giocare spesso da gennaio in poi. Grande responsabilità e fiducia, lo ringrazio“.

Palermo.
Cinque anni incredibili, con soddisfazioni grandissime. Ho fatto 6 mesi a Firenze con poco spazio, poi decisi di andare lì. Sono stato veramente bene, una città solare, con un bel clima e una bella passione, rispetto al nord mi sento più del sud, nonostante sia vissuto a Torino. A livello calcistico anni fantastici, ogni anno abbiamo battuto tutti i record societari, abbiamo rischiato anche di andare in Champions, ho giocato con gente come Pastore, Cavani, Sirigu e vederli arrivare al PSG e aver condiviso con loro la crescita è stato motivo di grande orgoglio e soddisfazione“.

La Nazionale.
Anche quelli quattro anni molto belli, è il sogno di ogni bambino. Mi sembra di esserci arrivato a 29 anni, per un calciatore è un motivo di orgoglio particolare. Questa foto qui appartiene agli Europei, il periodo più bello di quel ciclo, abbiamo sfiorato la vittoria finale perdendo con la Spagna. C’è stato veramente tanto di bello come ricordi, come gruppo. Con Daniele, con Diamanti non si dormiva, quando si vivono queste manifestazioni c’è un clima veramente speciale, si era creato qualche cosa di magico che ci ha permesso di battere la Germania che poi ha vinto il Mondiale. Avevamo sopperito a un divario tecnico contro un grandissimo spirito di gruppo. E’ stato un periodo fantastico, un’estate magica“.

Prandelli.
Ho avuto un po’ di problemi a Firenze, non ci siamo capiti subito nonostante sia stato veramente benissimo col gruppo. Avevo 26 anni e voglia di giocare, il fatto di andare 12-13 volte in tribuna ha influito. Non do mai colpa all’allenatore quando non gioco, un giocatore non deve crearsi alibi, deve mettersi una mano sulla coscienza. Non è stata una sua colpa, lui faceva delle scelte anche giuste, andai via con la Fiorentina seconda e alla fine dell’anno arrivarono in Champions e in semifinale UEFA. Il fatto di non giocare tanto ha influito, quando poi in Nazionale l’ho riavuto ho avuto un buonissimo rapporto, probabilmente ero maturato e anche lui aveva una consapevolezza diversa, mi apprezzava di più come calciatore. Ho giocato con continuità, sono stato chiamato l’ultima volta contro la Danimarca prima dell’infortunio, ha avuto sempre grande considerazione“.

La finale persa contro la Spagna.
Obiettivamente non c’è stato neanche rammarico, era stata talmente superiore che non c’è stato nulla da dire. Non c’è stata mai partita, abbiamo commesso l’errore di affrontarli a viso aperto, consapevoli del grande percorso fatto. Abbiamo detto di giocarcela, dopo aver pareggiato nel girone. In quella partita ci hanno surclassato, il peccato è il fatto di non essertela praticamente giocata, un 4-0 è pesante. Nulla nega la grande esperienza, hanno meritato di vincere. Resta un grande Europeo“.

L’abbraccio con De Rossi.
Daniele è una persona che stimo particolarmente, ci conosciamo dai tempi dell’Under 20. Abbiamo conquistato il Quattro Nazioni insieme, abbiamo avuto delle esperienze assieme. Una stima profonda per questo ragazzo, mi piace tutto di lui come persona, come giocatore è indiscutibile. Non si tira mai indietro, dà sempre tutto per la maglia, per tutti, è un esempio e un leader. Ce ne fossero di compagni e persone come lui, mi è sempre stato vicino nei momenti difficili, non posso che dirgli grazie. Gli voglio particolarmente bene, anche nel periodo degli Europei ho conosciuto i suoi genitori, ha una famiglia splendida, tutto il meglio per lui“.

La moglie e la figlia.
Una foto che ho anch’io a casa, legata al momento degli Europei che va un po’ oltre. Si parla di amore, di affetti, l’amore che provo per mia moglie va sopra a tutto, è la persona che ha cambiato la mia vita. Da una precedente relazione ho avuto altre due figlie, sono tutte un orgoglio. Ho avuto l’affidamento, ho badato a loro in tutto e per tutto e ne sono orgoglioso. Poi ho conosciuto mia moglie, l’amore della mia vita e la persona con cui condivido un percorso di crescita, familiare. Una persona a cui devo tanto, al di là del grande amore che provo per lei la stimo come donna, è una donna forte, indipendente, passionale. Ha tutte le qualità che una donna deve avere, una grande personalità, è dolce e una mamma splendida. Ringrazio Dio che mi ha dato una persona così. Coltiviamo questo amore giorno dopo giorno, nonostante non aver vissuto sempre nella stessa città. Abbiamo fatto sacrifici e levatacce, per questo il nostro amore è così profondo. Quotidianamente diamo tutto l’uno per l’altro, pensiamo sempre all’amore reciproco. Questa è la cosa che ha fortificato il nostro amore. Di bambini ne ho 4, sono follemente innamorato di loro, sono la mia gioia e il mio orgoglio, la forza. Ci sono infiniti momenti che posso descrivere, io cerco di essere un esempio per loro. Mi auguro che loro riescano a percepire e capire il nostro amore. Quando si hanno bambini l’amore deve essere incondizionato, non si ama per avere qualcosa in cambio. Devi dare quello che hai, sperando che loro ricevano ciò che tu gli dai. Questa foto è particolarmente bella, Giulia aveva 4 mesi ed è venuta con noi insieme a Lucrezia e Ginevra, è stato un bel momento. Riuscivamo a ritagliarci degli spazi assieme, un bellissimo ricordo“.

Il matrimonio con Eleonora Abbagnato.
Sullo sfondo ci sono mia nipote Carlotta e le figlie Ginevra e Lucrezia. Lucrezia aveva 3 anni e doveva portare le fedi, temevamo le facesse cadere. E’ stata l’emozione più forte, vedere entrare mia moglie in chiesa con l’abito da sposa è stato il momento più emozionante, ho quasi avuto un mancamento. E’ stato un giorno fantastico di festa, di comunione, una bellissima cerimonia, intima giacché c’erano 150 persone, non abbiamo esagerato, ma siamo stati tra amici e tra persone a cui si vuole bene in una cornice splendida, la Cappella Palatina a Palermo, poi abbiamo fatto il ricevimento sul mare, abbiamo festeggiato fino alle 6 di mattina. Un ricordo indimenticabile“.

La presentazione con la Roma.
A fianco a una persona, Sabatini, a cui devo tanto e a cui voglio bene. Mi conosce dai tempi di Palermo, conosce tutto il percorso, conosce la persona che sono. Mi è stato vicino, lo stimo tantissimo come persona, è il più bravo DS che c’è. E’ stato molto emozionante, il passaggio alla Roma non è stato complicato, ma sono cocciuto. Volevo venire alla Roma dal giorno in cui il direttore mi aveva fatto una telefonata dicendomi che non mi prometteva nulla, ma che se ci fosse stata la possibilità avrebbe voluto che venissi. Gli ho dato la mia parola nonostante le richieste, la mia volontà era di venire qui perché mi piace un tifo caldo, la gente passionale e le difficoltà, la Roma è una piazza difficile, lo sapevo. Mi piacciono le sfide, solo attraverso sfide difficili si può crescere come esseri umani, le cose facili non mi appartengono. Ho mantenuto la parola, avevo altre possibilità ma sono una persona di parola. Sono stato contentissimo di venire alla Roma“.

Il primo ritiro.
Con Zeman, insieme a Destro e Piris. L’impatto è stato positivo da subito, ero molto contento e sono contento della scelta fatta. Nonostante la prima stagione non brillantissima sono stato contento, la preparazione è stata lunga e difficile, dopo l’Europeo ho avuto meno vacanza e l’ho patita. Mi piace lavorare, qui mi si vede in una delle cose che mi piace fare. Il sacrificio e la sofferenza mi appartengono“.

L’esordio col Catania.
Credo di essere partito bene qui a Roma, nei primi mesi mi sentivo molto bene. Attuavamo un calcio particolarmente offensivo, servivano corsa e sovrapposizione, il modo di giocare che avevamo con Zeman a livello offensivo era un qualcosa che produceva tanti tiri e tanto gioco bello. La fase difensiva veniva curata meno ed era una delle nostre più grosse lacune, eravamo poco equilibrati, potevamo fare e prendere 4-5 gol. Nel calcio vince la squadra che ha più equilibrio. Ricordo due partite in cui vincevamo 2-0 in casa e abbiamo perso 3-2. Alternavamo partite estremamente buone a partite non tanto positive, lo si paga. Ho avuto un paio di infortuni, sono una persona estremamente autocritica, quando gioco bene gioco male e quando gioco così così faccio schifo, cerco di migliorarmi sempre. Quando non riesco a dare il 100% sono uno che ci soffre. Ma non mi abbatto mai, cerco sempre di dare il 200% per migliorare, nonostante l’età il calcio è uno sport in cui si può migliorare e si deve lavorare per rimanere ad alti livelli“.

Il 26 maggio.
La finale di Coppa Italia, a livello sportivo il giorno più doloroso. Il fatto di giocare una finale contro la Lazio a Roma, era la finale di un campionato del mondo. Le pressioni erano quelle, il valore al di là della Coppa Italia era quello, parlando con Francesco e Daniele anche loro dicevano la stessa cosa. Il mese vissuto prima della finale è stato qualcosa di grandissimo, forte e pesante e non siamo riusciti a dare quel che dovevamo. Una delusione incredibile, i tifosi stanno male, noi stiamo peggio. Sono stato una settimana senza aprire bocca, mia moglie mi chiedeva come stessi, è stato un trauma. E’ la vita, ne ho perse tre di finali in tre anni, arrivi sempre in fondo alle competizioni e sono stato sfortunato. Ho perso col Palermo, con la Nazionale e con la Roma. Arrivare in fondo a tutti gli obiettivi è difficile, farsi sfuggire l’obiettivo resta dentro. Questa partita resta particolarmente speciale, dove a livello sportivo è stato il giorno peggiore della mia vita“.

Il gol al derby.
Uno dei momenti più belli a livello professionale. In questo gol c’è tutto quello che sono io, quello che rimane alla gente è quello che uno dà in campo e la persona che sei, è quello che mi piacerebbe che i compagni e la gente si ricordasse di me, che si ricordino chi ero, poi è ovvio che i giudizi sono relativi. Abbiamo trascorso un’estate difficile, era più facile andare via che rimanere, ci siamo messi in discussione e siamo stati più forti di prima, poi io sono abbastanza fatalista, per me è stato un motivo di rivalsa per tutti e per me l’inizio di un altro percorso, l’inizio per tutto. È stato ritrovato entusiasmo, il gol l’ho visto umanamente e collettivamente come qualcosa di importante, le lacrime sono state conseguenza della nostra sofferenza, volevamo uscire da quella finale“.

La festa sotto la Sud dopo il derby.
A Roma si vive un qualcosa di pesante quando c’è un derby, ma a noi calciatori piace avere questo tipo di responsabilità, qua a Roma è una partita speciale, dare gioia alla gente ti fa piacere, condividere gioia insieme è bellissimo. Quest’immagine unisce un po’ tutti, dobbiamo essere sempre uniti per vincere, poi è normale che il tifoso contesti quando le cose non vanno bene, ma se vogliamo toglierci delle soddisfazioni bisogna essere sempre uniti. Con Garcia ho un ottimo rapporto, ci ha risollevato, noi eravamo sfiduciati, quello che ha fatto in pochi mesi è stato un miracolo, ha lavorato sull’aspetto umano soprattutto, questo aspetto è il più importante. Ha stimolato il nostro lato umano e questa è stata la chiave del nostro salto di qualità, ha tirato fuori il meglio di noi e ci ha dato equilibrio tattico, di lui posso parlare solo che bene, mi è stato sempre vicino anche durante l’infortunio, speciale come tecnico e come uomo, ha grandissimo rispetto per me“.

Pallotta.
Mi piace tutto di lui. Mi piace il suo modo di vedere lo sport. Parlo spesso con lui, le conversazioni sono sempre piacevoli: è colto e simpatico. Quando viene a Trigoria illumina tutto. E’ un leader come Sabatini e Totti. Non fa che dare forza e entusiasmo, gli dico sempre che si dovrebbe trasferire a Roma, serve la sua presenza qui. Roma e i suoi tifosi devono essere contenti di avere un presidente come lui, sta investendo tanto ed ha un grande progetto. Si vede che ha passione, è innamorato di Roma e della Roma, non è venuto per fare un investimento. Soffre tantissimo per la Roma, è quasi malato“.

Roma-Sassuolo.
L’ultima partita che ho giocato, avvertivo un dolore incredibile, mai vissuto. Dopo la partita con il Torino, nell’allenamento del martedì, avevo un fastidio al pube ma non ci ho dato peso e ho deciso di giocare. Finita questa partita non riuscivo neanche a camminare e da lì è iniziato un periodo difficile, ma mi sono promesso che non potrà essere la mia ultima partita, avevamo perso due punti all’ultimo secondo“.

La conferenza stampa durante l’infortunio.
Il periodo più difficile per me, ero nel pieno del calvario, avevo subìto tre operazioni, avvertivo sempre tantissimo dolore nel fare le solite cose, nella risonanza magnetica addirittura la situazione era peggiorata e tanti pensavamo che la mia carriera fosse finita. Non hanno fatto i conti con me stesso, con quella che è la mia voglia e dedizione, questa conferenza è stata per me importante, ho parlato a cuore aperto, la situazione era quello e mi ero promesso di dare tutto, volevo dimostrare a tutti che una persona ce la può fare, è diventata quasi una sfida. La Roma non mi ha mai abbandonato, mi sono stati sempre vicino quando potevano non farlo, tornerò a giocare e tutti diranno che ce l’avrò fatto, sarò un esempio per tutti. Oggi sto bene, sono orgoglioso, spero che queste mie sensazioni arrivino a tutti“.

La ripresa degli allenamenti dopo l’infortunio.
Fantastico, ho intrapreso un percorso da solo, ho parlato con Garcia e gli ho chiesto di lasciarmi da solo per ritrovare la mia strada e ho trovato una mia piccola equipe con la quale abbiamo lavorato fortissimo per 3-4 mesi e i risultati si sono visti, mi sento come un ragazzino, ho una voglia pazzesca, più dei bambini. Ritrovare i compagni, la quotidianità è stato fantastico“.

La partita con la Primavera dopo l’infortunio.
Un’emozione paragonabile all’esordio, è stato bello, sono contento di aver vissuto questa cosa con Alberto De Rossi, sta ottenendo risultati fantastici, sono stati carini con me i ragazzi, è andata più che bene“.

L’esultanza dopo la vittoria contro il Napoli.
Abbiamo ottenuto un ottimo risultato, si è visto uno spirito di gruppo che in alcune partite sembrava essersi smarrito, è stato bello anche l’applauso che mi ha riposto l’Olimpico, sono molto sensibile, queste sensazioni le sento. Dobbiamo essere uniti tutti per vincere, serve unità per i nostri obiettivi. La Champions League è importante, la vogliamo fortemente, qualsiasi cosa succeda non dobbiamo intimorirci e ripartire, il progetto Roma andrà avanti per tanto tempo, è un progetto duraturo, dobbiamo essere ottimisti e rimanere uniti. Capisco la rabbia dei tifosi ma abbiamo fortemente bisogno di loro, dobbiamo vivere questo momento tutti insieme. Siamo una famiglia e le cose in famiglia si vedono anche nei momenti difficili, è impensabile che una società giovane come la Roma faccia tutto perfetto. Difendo il mio gruppo alla morte, non finisce il progetto a giugno, dobbiamo rimanere insieme, è questo quello che conta“.

 

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