Roma è di chi la ama, e in fondo in tanti hanno amato Roma come nessun’altra donna. Lettere, poesie, centinaia di fotografie, memorie istantanee, tutto si confonde in un compleanno che non è più Storia, perché semplicemente va oltre. La trascende. La favola di Pasolini e le poesie dialettali di Trilussa, il complicato dopoguerra raccontato da Elsa Morante e le melodie versatili di Ennio Morricone. Roma è Arte, vive e si alimenta con l’eccentricità di uomini e donne che non moriranno mai. Loro sì che sopravviveranno in eterno, ma Roma un po’ meno. Perché quel profumo un po’ antiquato, un po’ tradizionale che si respira tra i marmi e i tufi invecchiati di duemila anni, ormai si perde in un’epoca gretta, superficiale, vagamente snob.
E’ l’indifferenza assunta come mantra religioso.
Vero, oggi Roma festeggia, sì ma cosa? Quella storia d’amore viscerale ed autentica che i romani sperimentarono passionalmente con Roma solamente un secolo scorso, rimane solo un ricordo lontano, sbiadito. Dimenticata da molti, a volte maltrattata, in un vortice di approssimazione tipica del mondo moderno. E accade allora che Chiese e giardini, teatri e dipinti su tela siano imbrattati dall’ignoranza che dilaga come un vanto, mentre l’ideale, l’arte che solamente questa Città sa offrire, venga sepolta sotto un cumulo di polvere, e lì abbandonata.
Come Teatro Marcello, l’ossimoro del teatro romano ammirato da tutti tranne che dai romani. Come lo scempio di Tor Vergata, arresa agli occhi ciechi di chi questa città la governa. E’ tutto un paradosso, pure questo Natale di Roma che dovrebbe voltarsi e guardare il passato, ma che se ne frega e non lo fa.
Roma non è più una città aperta, e Rossellini si deve rassegnare. In pochi lottano per qualcosa di fondato, valido, vero. Qualcosa che rimane qui dentro alla testa, rimuginando fra mille pensieri contrastanti. Ieri era la resistenza partigiana, oggi quel senso d’unione non c’è più, e Roma cade a pezzi. Non c’è più cura, né precisione, tutto si sfascia nel menefreghismo. E d’altronde la Barcaccia non si è sgretolata quando la gentaglia del Nord è scesa in città. No, la Barcaccia si è sgretolata nell’indifferenza di chi ha permesso questo imbarbarimento. E fa male vedere la fortuna di Roma essere così malamente lapidata.
Fatelo. Prendete per mano vostro figlio o vostro nipote, magari proprio oggi, e visitate qualche Chiesetta nascosta tra un angolo e l’altro. Non per la fede o per la religione, ma per quello che ci sta dentro. E quello che ci sta dentro non sono i quadri o colonne corinzie, ma i sorrisi stupiti di chi tenete per mano. Ecco, è questo il reale Natale di Roma: stupirsi ancora della Grande Bellezza che deborda da ogni ansa del Tevere. In fondo la genuinità di un bambino dovrebbe radicarsi anche nelle scorze dure degli adulti, perché un bambino si prenderebbe cura di ciò che ha, di ciò che ama. L’adulto no. E quando Roma potrà gridare al mondo d’essere una città amata, allora l’orgoglio italiano si risveglierà un po’ di più. E Tanti Auguri potranno essere finalmente cantati da tutti noi. Perché Roma è di chi la ama, ma oggi in pochi la amano veramente.